Scrivere con la luce

A cura di: Redazione

Fotografia significa "scrivere con la luce" e, dopo aver esaminato nella scorsa lezione le tecniche per trovare il giusto tempo di scatto e la giusta risoluzione dell'immagine, completiamo il nostro esame delle tecniche di esposizione, ossia dei sistemi per portare sul sensore la corretta quantità di luce per riprodurre un'immagine fedele di quel che abbiamo di fronte a noi.
L'esposizione è sempre il frutto di due elementi che si combinano nel momento in cui si scatta la foto: il tempo di posa, che influisce sulla quantità di luce che colpisce la pellicola, e l'intensità della luce stessa.
Il tempo, abbiamo visto, viene governato in automatico oppure in manuale agendo su un particolare dispositivo della fotocamera, l'otturatore, che apre e chiude il flusso di luce che colpisce il sensore.
L'intensità luminosa viene invece regolata da un secondo elemento, presente in qualsiasi fotocamera: il diaframma.

Ha la forma che assomiglia all'iride dell'occhio umano e si compone di lamelle sovrapposte che, scorrendo una sull'altra, modificano le dimensioni di un'apertura che si trova solitamente dietro o in mezzo alle lenti dell'obiettivo, visibile a occhio nudo guardando all'interno dell'obiettivo stesso.
Oltre a regolare la quantità di luce che passa, il diaframma influenza anche la messa a fuoco degli elementi presenti nella scena, come vedremo meglio più avanti. Facendo un'analogia con un oggetto a noi familiare, il diaframma lavora come un rubinetto. Maggiore sarà l'apertura, più intenso sarà il flusso d'acqua che scorre.
Mettendo l'apertura in relazione al tempo di posa, vediamo che se noi dovessimo versare cinque litri d'acqua per avere la corretta esposizione (la quantità di luce necessaria per impressionare correttamente il sensore) potremmo aprire il rubinetto per metà e attendere che l'acqua scorra nella misura richiesta, oppure aprirlo per intero e riempire il secchio in metà del tempo. Avremo comunque versato cinque litri d'acqua, ma il risultato, come vedremo, non sarà identico nei due casi.

Quando stiamo per scattare una foto, la macchina misura in automatico la quantità di luce che arriva al sensore e determina la giusta combinazione tra apertura del diaframma e tempo di posa, determinando così l'esposizione della scena. Di norma, sceglie valori intermedi sia di apertura sia di tempo, che talvolta non bastano a produrre una fotografia interessante anzi, in alcune situazioni particolari, il risultato può essere addirittura sbagliato.

Come vedremo meglio più avanti, esistono infatti fattori che possono trarre in inganno l'automatismo di calcolo. Diventa perciò indispensabile, ai fini di ottenere fotografie corrette in tutte le situazioni e per creare anche effetti creativi, conoscere come la fotocamera governa la luce e come possiamo portare i suoi automatismi sotto il nostro pieno controllo.

Apertura del diaframma e luminosità dell'obiettivo
Gli obiettivi fotografici sono costruiti da un insieme di lenti progettate per focalizzare sul sensore la luce ripresa dalla scena. Le lenti che svolgono questa funzione di raccolta e focalizzazione, tendono ad assorbire una parte della luce che le attraversa.
Migliore è la qualità dell'obiettivo, minore sarà l'assorbimento, che in ogni caso non può essere eliminato. Un modo semplice per stabilire la qualità dell'ottica di una certa fotocamera consiste quindi nel conoscere la luminosità massima dell'obiettivo, che viene solitamente espressa con valori del tipo 1:2.8 oppure f2.8 oppure f/2.8.

Tutte e tre le forme indicano esattamente la stessa cosa, vale a dire il rapporto che esiste tra la lunghezza focale dell'obiettivo (la distanza in millimetri tra il centro teorico della lente e il punto in cui si focalizzano i raggi da essa convogliati) e il diametro, sempre in millimetri, della massima apertura del diaframma.
Volendo molto semplificare, il valore di apertura ci dice il rapporto tra la "lunghezza" e la "larghezza" del nostro obiettivo. Un obiettivo più lungo, dove la luce deve attraversare un percorso maggiore, presenta un rapporto intrinsecamente più alto, perciò sarà meno luminoso.

Un obiettivo più corto, tenderà ad avere un rapporto intrinsecamente più basso, perciò lascerà passare più luce e lo definiremo un obiettivo "veloce" perché consentirà, a parità di condizioni esterne, di lavorare con un tempo di posa inferiore rispetto a un altro.
Come abbiamo appena visto, l'esposizione deriva sempre dalla combinazione inversamente proporzionale tra apertura e tempo di posa: raddoppiando l'apertura possiamo dimezzare il tempo di posa, ottenendo sempre la stessa quantità di luce.
Il valore minimo di apertura, dunque la luminosità massima teorica di un obiettivo, corrisponde a 1. È rarissimo trovare obiettivi con tale rapporto ed è anche difficile trovarne con un'apertura massima di 1.4 che corrisponde alla metà della luce convogliata da un obiettivo con f1. Nelle fotocamere digitali, il valore minimo riscontrabile è f2 (cioè un quarto della luminosità teorica massima) e la norma ci porta verso i valori ancora maggiori, cioè 2.8, 4 e 5.6, ciascuno che indica una quantità di luce dimezzata rispetto al precedente, oppure a valori intermedi tra questi.

Completando il discorso sulla luminosità intrinseca degli obiettivi, riscontriamo che gli obiettivi zoom hanno due valori di luminosità massima che corrispondono alle due posizioni estreme della loro lunghezza focale.
Prendendo ad esempio la Nikon Coolpix 5700 che abbiamo scelto come esempio in questo corso, vediamo che di fianco all'obiettivo compare la seguente scritta: 8.9-71.2 mm 1:2.8-4.2.
Ciò significa che, quando lo zoom è alla sua lunghezza minima (8,9 mm) la luminosità massima sarà di f2.8, quando invece si trova alla sua lunghezza massima (71,2 mm) avrà una luminosità di f:4.2 cioè meno di metà della precedente. Il motivo di tale differenza è abbastanza intuitivo: dovendo attraversare un percorso più lungo, la luce fa più fatica a passare.

Lavorare in priorità di diaframma
Il controllo diretto del diaframma è disponibile sulle fotocamere di fascia medio alta e viene identificato dalla lettera "A" (apertura di diaframma) che compare sul display operativo
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