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A cura di:

Viaggio in Iralanda
Alessandro Gandolfi

Una domenica mattina di luglio – il cielo era coperto, prometteva pioggia - sono entrato ad Avoca, contea di Wicklow. Poca gente per strada, il villaggio sembrava deserto. Il pub era affacciato sul fiume e da fuori sembrava piccolo, ovviamente semivuoto. Ma quando ho aperto e ho sbirciato dentro mi si è svelato un inaspettato pezzo d'Irlanda. Gente ovunque, ai tavolini, appoggiati al bancone, giovani e anziani, bambini in spalla alle madri, e poi un vociare continuo che si diffondeva fino in fondo al lungo locale scuro, e ancora birra stout già al mattino, chi leggeva il giornale, chi discuteva animatamente, chi lo stava ad ascoltare.

Nei mesi estivi del 2004 ho viaggiato in lungo e in largo per l'Irlanda, anche alla ricerca di situazioni come questa. Il motivo: raccogliere notizie e informazioni per una guida – Irlanda appunto – che la De Agostini ha appena pubblicato a mia firma nella rinata collana Clup.

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Le celebri scogliere Cliffs of Moher,
nel Burren (Clare)

Essendo fotografo, non ho pensato minimamente a lasciare a casa le macchine e così mi sono portato dietro gran parte della mia attrezzatura: oltre a cavalletto e rullini Provia-Fuji, due macchine Nikon F100, una vecchia FM, il 50mm, il 17-35mm, l'80-400 (tutto Nikon) e la D70 digitale, utilizzata perlopiù da Barbara, la mia ragazza (nonché – in questo viaggio – gentile assistente). La scelta è risultata azzeccata: le foto pubblicate sulla guida – copertina compresa - sono nostre e una sessantina di scatti sono diventati una mostra fotografica, esposta fra giugno e luglio a Milano e a Parma (a settembre sarà a Bologna). Altre foto sono in uscita sul numero di agosto 2005 di Gulliver.

 

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Matrimonio alla chiesetta di Crooke (co Waterford)

A livello fotografico ho cercato banalmente di cogliere le atmosfere e le persone, fissandole in immagini il più possibile spontanee. Per fare questo mi sono sforzato di uscire – quando era possibile - dai percorsi turistici già tracciati. Personalmente mi ha aiutato il molto tempo a disposizione: mi è servito per lavorare alla stesura della guida ma anche per immergermi piano piano nel ritmo del paese, nel suo clima sociale, nel suo ritmo spesso lento, rilassato.

 

 

 

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Belfast, nordirlandesi al pub dell’Hotel Europa

"Il mio luogo preferito – mi ha detto un giorno lo scrittore irlandese Joseph O'Connor, di passaggio a Milano - è il Connemara. Tutta questa regione merita di essere esplorata ma io amo la zona di Cashel, un'area desolata che guarda una stretta baia sull'Atlantico. Non c'è niente a Cashel, solo un paio di hotel, eppure è uno dei luoghi più evocativi e spirituali che io conosca sull'isola".

Quella di O'Connor è la chiave ideale per visitare al meglio l'isola celtica. Perché è nei suoi anfratti silenziosi e nei villaggi addormentati, lungo le vallate del Burren, fra i muretti a secco delle isole Aran, in un piccolo pub fuori Sligo o seduti sui bordi di una scogliera nel Cork che si riesce veramente a cogliere –anche a livello fotografico - l'essenza dell'Irlanda.

 

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Il Cavaliere di Glin, noto storico dell’arte,
nel suo castello di Glin (Limerick)

"Non c'è niente a Cashel" dice O'Connor, premettendo una regola base che chi visita l'isola deve tenere a mente: dietro a quell'apparente "niente" si nasconde l'Irlanda, "evocativa e spirituale", generosa e segreta. I fotografi questo lo sanno bene: dietro a un "non c'è niente" spesso si cela un grande scatto, basta aspettare, avere pazienza.

Ho imparato, nel mio viaggio, che più di altri paesi l'Irlanda non ama – anche se spesso li adotta - i ritmi frenetici del turismo mordi e fuggi. Piuttosto si svela a chi ne adotta il lento cadenzare delle serate al pub, delle domeniche a messa, dei pascoli e dei cimiteri, dei pellegrinaggi religiosi, dei pescatori sulle selvagge isole dell'ovest.

 

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Ragazzi osservano passare una barca lungo un canale nella contea di Roscommon

E di un pigro procedere lungo le vie d'acqua interne, come fecero gli antichi conquistatori dell'isola. "I Vichinghi – ha scritto Stephen Rynne nel suo Irlanda (1965) – senza l'ombra di interesse turistico videro l'Irlanda proprio come dovrebbe essere vista". Ecco dunque svelato un nuovo punto di vista, un mondo fotografico inaspettato che dall'Irlanda più famosa – Dublino, i musei, le scogliere – ci introduce un'isola diversa. Più intima, orgogliosa e pur sempre cordiale, fatta di canali e torbiere, di concorsi ippici e corse di cani, e di personaggi usciti da un turbolento racconto di Brendan Behan.

 

 

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Una via di Cork (città)

Chi è
Alessandro Gandolfi è autore della guida Irlanda pubblicata nella collana Clup-De Agostini. Le sue foto "irlandesi" sono apparse fra l'altro in due recenti mostre, a Milano e a Parma. Nato a Parma nel 1970, Gandolfi è giornalista professionista (dopo la laurea ha frequentato l'IFG-Scuola di giornalismo di Urbino e ha lavorato per Repubblica come cronista) e da cinque anni affian-ca al lavoro di free-lance quello di fotografo, realizzando servizi per varie testate di viaggio. Ha scritto fra l'altro "A est di Hamilton Road. Viaggio nel Kurdistan turco" (Edt; insieme al collega Massimo Maugeri), "New England" (White Star) e "Il buon vivere italiano. L'Emilia Romagna" (EuroEd).

www.alessandrogandolfi.com

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