Intervista

A cura di:

Figura umana
Giorgia Fiorio

In occasione della sua mostra milanese (Galleria Grazia Neri, fino al 9 giugno) "Figura umana", Sguardi ha intervistato Giorgia Fiorio per fare il punto sull'evoluzione della sua ricerca fotografica partendo dalle immagini esposte, figure in bianco e nero di legionari, minatori, pugili, toreri, marinai, pompieri, mistici, estratte dai molti reportage che Giorgia Fiorio ha pubblicato, che esprimono forza fisica, forza mentale, sensibilità, fragilità. "Comunità maschili", come ha scritto Gabriel Bauret presentando la mostra, "a confronto alla luce di uno stesso tema, dove il termine figura ci rimanda in gran parte al concetto di retorica: ossia ad un insieme di dispositivi stilistici, relativi alla configurazione dell'immagine come pure alla natura stessa e al ritmo del messaggio che ne scaturisce. Questo messaggio è una certa visione dell'uomo, dell'umano, dell'umanità e ciascuna di queste varianti terminologiche, come anche ogni lingua, è portatrice di una sfumatura semantica particolare".



07.1995-897-7 13th Half Brigade of the French
Foreign Legion Corporals platoon, Myriam zone,
Djibouti, October 1995.

Cosa attrae, il tuo sguardo, su queste "comunità di uomini"? Qual è la coerenza stilistica e contenutistica della tua mostra? Quale testimonianza e visione dell'umanità esprime?
Dal 1990 al 2000 lavorai sulle "comunità chiuse maschili nella società occidentale": questo primo progetto, intitolato Uomini, raccoglie in uno studio di 10 anni una serie di monografie (i pugili di NY; I minatori di carbone; la Legione Straniera; i Toreros; i pompieri e, gli uomini del mare). Nell'immaginario collettivo occidentale tutte queste comunità maschili, incarnavano l'"ideale" o l'archétipo di un passato recente. Tuttavia negli anni 90 si trattava di universi ancora assolutamente inaccessibili all'esperienza femminile. Al principio dei dieci anni in cui compii il lavoro Uomini, l'attrazione verso il mistero che si celava dietro tanta inaccessibilità fu il movente che diede inizio alla mia ricerca; in realtà m'accorsi presto non fosse il solo e soprattutto non fosse il punto. Non si trattava infatti di uomini o di donne, ma piuttosto di esseri umani che - nel nostro tempo - avevano scelto di vivere in un quotidiano confronto fisico estremo con la morte e con se stessi. M'accorsi improvvisamente quanto fosse essenzialmente questo il legame sotteso che desideravo esplorare e comprendere più profondamente. La mostra Figura umana nacque da un desiderio del Professor Gabriel Bauret di confrontare in uno stesso contesto, due progetti distinti scardinandone i perimetri: il progetto Uomini (1990-2000) e il progetto Il Dono sulla Spiritualità nel mondo (2000-2008 ancora in corso). Quello che emerse da questo confronto é il medesimo sguardo su due lavori - uno di carattere sociale, l'altro umanistico - che seppure diversi nella loro forma di sviluppo, mantengono al fondo la stessa tensione radente intorno all'umano: l'individuo, figura di se stesso, in senso stretto e in senso retorico. Non sta tuttavia a me definire la coerenza della mia mostra, anche se anelerei a sperare ne avesse una. Le fotografie non "dicono" ma evocano; dunque in un certo senso non sono mai delle risposte, ma sempre delle domande alle quali ogni spettatore risponde con la sua propria percezione e sensibilità. La visione dell'umanità che esprime il mio lavoro è senz'altro molto arbitraria quanto personalissima. Costretta a dirne di più: forse uno sguardo sull'Essere contempla la propria tragicità.



01.2001-339-1 Hath yogi Vijay Prakash Mishra, morning exercises,
Sindhiya Gath Kashi, Varanasi (Benares), India, March 2001.

Quale evoluzione rintracci, negli anni, del tuo stile fotografico? Quale definizione ne daresti? Nella composizione di un'inquadratura quali elementi privilegi?
La mia fotografia ha un carattere umanistico e nel contempo riflette l'indagine introspettiva di un percorso personale. Si tratta in qualche misura di un lavoro sulla memoria dell'immaginario nel confronto con la contingenza del reale. Di queste due dimensioni non prevale mai una soltanto e sempre risulta una terza. Come il "non detto" nella poesia, lo spazio bianco tra le parole. Nella composizione tendo a concentrarmi sempre sui valori tonali di luce e ombra e cercare di "controllarli" - sia in ripresa che in stampa - in modo da "condurre" lo sguardo sull'immagine finale. I primi dieci anni nel lavoro degli Uomini tendevo collocarmi in una sorta di contrappunto a confronto diretto con il mio soggetto: ovvero il mio soggetto mi stava innanzi - conscio d'essere guardato - ed io lo guardavo e lo fotografavo. Nel 2000 quando iniziai il Dono presentii un salto nel vuoto dove tutto sarebbe cambiato: oggi nel lavoro sulla Spiritualità, i singoli soggetti, coloro che di fatto fotografo, non sono più loro stessi il soggetto ma, una sorta di tramite che conduce ad esso mediante l'evocazione dell'evidenza visuale. In questo nuovo lavoro, di fatto il mio soggetto "non esiste" concretamente dinanzi al mio obiettivo. In termini fotografici questo è un paradosso e una grande sfida.



37.2001-187-12-13 Yogi exercises, Ganges river's
West side, Maha Kumb Mela, Allahabad, India,
January 2001.

Riconosci qualche maestro, qualche modello di riferimento, nella tua ricerca?
Ho avuto la fortuna d'incontrare e avere lungo il cammino il confronto con alcuni grandi, grandissimi Maestri quali, Jean-Loup Sieff, Don McCullin, Sebastiao Salgano o Nan Goldin; di fatto però non credo poter dire che il mio lavoro s'identifichi particolarmente con il loro, ma forse più ancora con altri fotografi, che pure amo moltissimo, anche se a priori apparirebbero molto meno evidenti come influenze e fonti d'ispirazione al mio, quali ad esempio Mimmo Jodice e Michael Kenna.

Tu fotografi rigorosamente in b/n, perché? Qual è, secondo te, il suo valore?
Il colore è come se fosse la "prosa della fotografia", il bianco e nero invece, è come "fotografare in versi" – si è più rimossi da un reale che non viene dunque "detto né raccontato", ma come dissi sopra, soltanto evocato.

Le figure umane sono al centro delle tue immagini. Che rapporto cerchi di stabilire con chi fotografi?
Credo nel più profondo rispetto per il proprio soggetto come un dovere etico assoluto. Personalmente scelgo di parlare con i miei soggetti e significare loro per quale ragione–scopo io intenda fotografarli. Senza questo scambio molte delle mie fotografie non avrei mai potuto scattarle.

Come nascono le tue scelte, come funziona il tuo lavoro? Un'idea di reportage viene più spesso da te o è stimolata da altri (giornali, editori, agenzie, gallerie)?
Sono un autore e lavoro esclusivamente (non potrei né saprei fare altrimenti) su progetti che nascono da un mio desiderio – non casualmente impiego questa parola, poiché ho sempre considerato che la fotografia nasca essenzialmente da un desiderio. Un po' come nell'innamoramento quando casualmente ci si è sorpresi a guardare qualcuno in un modo speciale e ad esser stati guardati in maniera inequivocabile... Allora si risollevano gli occhi e lo sguardo ricade negli stessi occhi simultaneamente. Lo "sguardo della fotografia" è così, come anche la sua più vibrante tensione: guardare e vedere, vedere e capire, aver capito e volere andare oltre, esser andati oltre e voler mettere in prospettiva... e via di questo passo, sempre spostando il limite dell'orizzonte, sperando che non tramonti il giorno. Abbastanza raramente, poiché tendo a privilegiare il mio lavoro personale che occupa moltissimo del mio tempo, mi capita talvolta di realizzare anche dei lavori istituzionali o di corporate. In realtà accetto soltanto quando ho la garanzia di una piena autonomia e libertà stilistiche e interpretative sul tema da sviluppare.



06.1995-279-10 2nd Régiment of Paratroopers of
the French Foreign Legion, 3rd amphibious
company, Calvi, Corsica, France, May 1995.

Quanto conta, per te, la tecnica? Che tipo di apparecchiature, obiettivi, pellicole utilizzi? Il digitale ti interessa?
La dimensione formale è per me inscindibile e intrinseca al contenuto. La Forma e una perfetta padronanza tecnica sono fondamentali per tradurre e restituire intatta la propria ispirazione fronte ad ogni tipo di contingenza. Lavoro da sempre con delle macchine medio formato. Sino al 2000: Hasselblad SWC obiettivo fisso 38mm e Hasselblad 500 con un 60mm. Dal 2000 lavoro anche con una Linhof Technorama 6x12 con un 70mm fisso. Nel 60% delle riprese circa, mi avvalgo inoltre dell'utilizzo di un flash Metz 45cl (con un diffusore artigianale) - che tengo a mano e dirigo a seconda della situazione. Lavoro da sempre unicamente con Trixpan 320. Sviluppo i miei film personalmente, a seconda delle esposizioni con i seguenti sviluppi: Pirogalolo PMK - Edwal FG7 - e ACUFINE.Non ho mai scattato in digitale, né penso di farlo, né giudico coloro che scelgono di utilizzarlo. Per quel che mi riguarda personalmente, mi è utilissimo per l'archiviazione e per i lay-out di libri e/o editing vari. In assoluto come soluzione finale nella mia fotografia, non mi seduce né interessa particolarmente, poiché credo nell'irriproducibile unicità dell'opera compiuta, credo nella sostanza intrinseca della materia e credo nella necessaria distanza fra il concepimento e l'attuazione della stessa.

C'è qualche progetto di grande dimensione sul quale stai lavorando o stai sviluppando lavori più contenuti?
Dal 2000 sono una volta di più impegnata in un progetto a lungo termine: "il Dono" (2000- 2007). Quale forza trascina le folle di pellegrini attraverso le più alte montagne e la sterminata vastità dei deserti? Che cosa hanno in comune coloro che levano le mani al cielo e coloro che sbattono la fronte al suolo? Chi abita i corpi trafitti dei flagellanti e chi le membra coperte di cenere, chi sotto la pelle tatuata o dipinta d'intricati disegni e chi dietro le maschere, chi dietro al velo? Perché alcuni nudi e altri coperti sino agli occhi, o altri rasati, lustri come mandorle, o invece pelosi, i capelli lunghi avvolti alle barbe, dentro immensi turbanti... L'Estasi, la Trance, la Contemplazione, la Meditazione, conducono ad una percezione ineffabile, o a una realtà fisica dirompente? Attraverso la cruda esperienza diretta, senza intenzioni enciclopediche, da gennaio 2000 perseguo un progetto fotografico lungo un percorso arbitrario, "il Dono": evidenza visuale e insieme cammino di ricerca personale, intorno all'eredità spirituale dell'umanità. Sospese sulla voragine dello spazio-tempo universale e inscritte nel presente storico, le innumerevoli espressioni del credere, compongono un mosaico di percorsi, in dissidio fra l'identità esteriore dell'individuo e il sé profondo. Alle più remote Origini del Credere, prima d'ogni Scisma, nei primi Testi Sacri, come nella primigenia Tradizione Orale pagana, appare una trama d'infinite corrispondenze, rituali, gesti da sempre ripetuti: molteplici voci, civiltà diverse, risonanze di un medesimo fremito dinanzi al mistero dell'esistenza. Nella celebrazione, nella sacralità del rituale, si altera la percezione dell'esperienza sensibile, ogni forma di spiritualità allude ad un'armonia spezzata, ad una frattura insanabile tra la dimensione cosmica e la condizione mortale: le mitologie parlano d'infrazione divina, le religioni di peccato originale, le filosofie di male radicale. La forza incontrollata e incontrollabile del simbolo, irrompe alterando il senso dei valori istituiti: atto sacrificale, iniziazione alla mortificazione, spirituale o corporea, ascesi nella meditazione, contemplazione, sdoppiamento dell'io nello stato di trance, percezione soprasensibile attraverso l'esperienza del dolore, alienazione dal dolore. In ognuno di questi casi, crolla l'impalcatura del pensiero razionale, per ricomporsi nel vincolo vita - morte, in un inesorabile susseguirsi. Anello di congiunzione tra il finito e l'infinito, gli iniziati d'ogni Mistero, disperdono attraverso un'esperienza fisica estrema, di privazione, ascesi, dolore, vertigine o delirio, l'immediata tragicità della sofferenza terrena. La dimensione umana – specificamente carne – in quanto materia e nel contempo - "figura" - quale rappresentazione e paradigma dell'individuo: da codificare nel gesto, disciplinare, reprimere, mortificare, purificare, onorare, adornare, denudare, possedere, liberare, appaiono in realtà, paradossali "portatori" di spiritualità. Forse davvero se l'anima è l'ombra, il corpo è l'ombra dell'ombra, evidenza del Mistero: domande lungo il percorso che conducono ad altre domande. Con un vincolo morale, oggi la mia ricerca continua perseguendo l'originaria identità spirituale delle diverse civiltà, quale inalienabile eredità culturale e umana.



09.1999-404-12 "Tonnarotti" (Tuna fishermen),
Carloforte, San Pietro island (Sardinia), Italy, May 1999.

IL DONO: SOGGETTI DELLA RICERCA SINO A OGGI
2000 Etiopia: Lalibela, le celebrazioni Copte-Ortodosse del Timkat, annuale battesimo collettivo. Polonia: Cracovia, le comunità monastiche e i seminari cattolici; Filippine: San Pedro Cutud, i rituali della Pasqua, la purificazione e mortificazione – Magsasalibatbaat, flagellazione, le crocifissioni; Haiti: Saut d'Eau e Plaine du Nord, i rituali del sincretismo Voodoo-Cristiano.

2001 India: la sorgente del fiume Gange, Gomukh, Garwal Himalayas; la celebrazione del pellegrinaggio annuale Sagar Mela al Delta del Gange, Sagar Island, Golfo delBengala;Benares la città sacra, il culto dei morti e il Kusti, lotta sacra del culto di Hanuman; Allahabad, il Kumbh Mela, il monumentale pellegrinaggio dodecennale Hinduista (70 milioni di pellegrini in un mese per il bagno sacro alla maggiore confluenza del Gange.

2002 Himalayas: Tibet, il - Parikrama - pellegrinaggio del Monte Kailash, venerato dai Buddisti, Hinduisti, Sikh, Bohmpos... e a Darchen la celebrazione del Saga Dawa "Giorno del Budda"; India del Nord Zankar e Ladakh la vita monastica nei monasteri Buddisti Mahayana del "Grande Veicolo".

2003 Indocina: Myanmar (Birmania): - Buddismo Teravada "Piccolo Veicolo" il Silenzio, il Movimento rallentato e pratiche d'alienazione dal corpo, nei centri monastici di meditazione; in Tailandia i monaci "tatuatori" delle Sacre Scritture e i monaci militanti del Triangolo d'oro (confine Laos-Myanmar); in Cambogia, Angkor Wat.

2004 Africa e Oceania: rituali animisti di iniziazione e propiziatori della fecondità: Sud Sudan, Nubah Mountains; Kenya del Nord, Turkana; Sud Etiopia, South Omo river valley e Surma; nel Pacifico del Sud, arcipelago di Vanuatu – l'isola di Pentecoste e l'isola di Ambryon. In Turchia: la celebrazione Sufi dello Sema dei Dervisci Ruotanti Mevlevi. In Giappone: il sacro e il rituale (Scinto) nella lotta del Sumo.

2005 Africa: alla frontiera Etiope con la Somalia, la città sacra di Harar; nord dell'Etiopia: Axum ; l'Abisso di Geech ; i rituali dei tatuaggi sacri delle donne del Tygray; le chiese tagliate nella roccia (rock-hewn) di Chirkos e Wukro in Tigray. Isola di Pasqua: i silenziosi Ahus e il culto dell' "Uomo-Uccello". Thailandia del Sud: Festival Cinese di Purificazione – i partecipanti Maasong (medium) si trafiggono in modo estremo con chiodi e lame per ricevere lo "Spirito" attraverso il dolore. Istiqlal Moschea (principale) di Jakarta: Junma la "Preghiera del Venerdì". Il monumentale santuario Buddista di Borobudur.

2006 Peru: sulle alture Andine, la celebrazione del Chiaraje: ancestrale rituale Inca "battaglia delle pietre" – sacra offerta di sangue alla Pacahamama Madre Terra. Brasile: Salvador, Bahia de todos os Santos, rituali del Candomblé, sincretismo Afro- Brasilano e le celebrazioni annuali del culto di Yemanjà.

Rimango impegnata nello sviluppo di ulteriori ricerche per i prossimi due anni.



15.1999-1129-11 Basic underwater training,
Kampfschwimmerkompanie, Eckernförde, Germany,
November 1999.

Chi è
Giorgia Fiorio (rappresentata in esclusiva per l'Italia da Grazia Neri) nasce a Torino il 23 luglio 1967. Compie inizialmente studi umanistici e tra il 1989 e il 1990 partecipa a un programma di studio all'International Center of Photography di New York.
I suoi primi lavori, come i pugili di New York (1990-91) e l'Esercito Italiano (1992), ispirano "Uomini", un vasto progetto di dieci anni, iniziato nel 1993, sulle comunità chiuse di uomini. Nell'ambito di questa ricerca Giorgia Fiorio ritrae i minatori di carbone dell'Ucraina (1993), l'accademia navale di San Pietroburgo, le prigioni criminali russe e i ballerini classici del Bolshoi e del Kirov (1994), la legione straniera (1995), i Toreros in Spagna (1996), i pompieri negli Stati Uniti (1997), i guerrieri méharisti della Guardia Nazionale del Mali (1998) concludendo con un lavoro su "Gli Uomini del Mare" con reportage in Scozia, Italia, Portogallo, Germania e Russia (1999). Sempre nel 1999 concepisce un nuovo vasto progetto a carattere umanistico sull'Eredità Spirituale dell'Umanità intitolato "Il Dono". Il primo sviluppo tematico di questo lavoro è la Croce, con immagini raccolte in Etiopia, Polonia, Filippine, Haiti (2000). Seguono viaggi fotografici nelle città sacre e nei luoghi spirituali di India (2001), Tailandia, Cambogia (2003), Africa, Giappone (2004), Isola di Pasqua, Jakarta (2005) ed i lavori; "Himalayas" in Tibet (2002) "Indocina", Myanmar (2003), "L'Abisso di Geech", Tygray (2005). Dal 2003, in collaborazione con il professor Gabriel Bauret, dirige a Parigi il workshop fotografico "Réfléxions Masterclass", per la formazione di giovani autori.

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