Portfolio

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Gran Premio Epson Italia

A dicembre si è svolta a Prato "Portfolio 2006", la terza edizione del Gran Premio Epson Italia, organizzato dalla Federazione Italiana Associazioni Fotografiche, in collaborazione con il Club Fotografica di Pieve di Soligo, il Photoclub Eyes di San Felice sul Panaro, il Gruppo Fotografico Massa Marittima, il Circolo Fotocine Garfagnana di Castelnuovo Garfagnana, l'Associazione Fotografica Cultura e Immagine di Savignano sul Rubicone, il Club Fotografico AVIS di Bibbiena e l'Associazione Culturale Fotoleggendo di Roma. Nel corso della selezione conclusiva, riservata ai portfolio che avevano ottenuto riconoscimenti nelle otto manifestazioni di lettura di portfolio, sono stati prima individuati tre portfolio finalisti (che presentiamo di seguito) ed è poi stato assegnato il premio "Portfolio 2006" a Giovanni Marrozzini di Fermo; agli altri due finalisti Robert Marnika e Patrizia Zelano, è stato attribuito ex aequo il "Premio Kiwanis", che prende il nome dal Kiwanis Club di Prato.


Hotel Argentina - © Giovanni Marozzini


Hotel Argentina - © Giovanni Marozzini

"Hotel Argentina" di Giovanni Marrozzini
(testo critico di Cristina Paglionico)
È impossibile rappresentare linearmente l'immenso territorio dell'Argentina, le sue profonde ferite, la moltitudine delle comunità indigene e delle etnie nate a seguito delle colonizzazioni. Ma il mondo è un grande albergo, in cui siamo ospiti del tutto provvisori: questo lavoro è lo schermo delle apparizioni determinate dall'infinita potenza del caso e dalla straordinaria capacità dell'autore di cogliere la promessa dell'avvenimento. Dietro ad ogni porta c'è uno spazio abitato, la cellula di un organismo complesso, un microcosmo di singole storie che procedono per pulsazioni ternarie. Per la percezione il ritmo è tutto: il susseguirsi armonico dei movimenti di spazio e di tempo ci consegna il battere della solitudine del guardiano del faro, della nostalgia di gioventù, delle chiavi del regno dei morti, del pianto sconsolato di un bambino. Ci riconduce poi al levare degli scheletriti paesaggi urbani, dei rifugi e dei segni di un abitare di stenti e di ancore all'ingombrante passato e ad un presente senza storia. Hotel Argentina ha la struttura di una filamentosa molecola di DNA: si avvolge a spirale, ricollega le sue parti saldando impenetrabili spazi trasversali, trasporta le informazioni essenziali della nostra dispersa umanità. È la terra di approdo degli uteri di cemento, della milonga a gettone, degli aerei di vento, dei fari extraterrestri, delle ombre salate e delle bocche buie di miniera. A quest'Hotel chiediamo asilo per intrecciare le nostre storie con quelle dei fratelli passati da qui.


Frammenti di un ricordo - © Robert Marnika


Frammenti di un ricordo - © Robert Marnika

"Frammenti di un ricordo" di Robert Marnika
(testo critico di Giancarlo Torresani)
Il lavoro, realizzato negli anni 1991/92 da Robert Marnika che abitava a Zara vicino al fronte, racconta il conflitto etnico tra croati e serbi ricorrendo, non allo stile crudo e diretto del foto-reportage di guerra, ma ad una scrittura che supera l'esperienza personale. A distanza di 15 anni, i ricordi si materializzano in un portfolio di grande suggestione che con un particolare trattamento chimico, in fase di post-produzione, rende questa memoria ancora più struggente. L'autore, equipaggiato suo malgrado di un fucile per una triste esperienza, preferisce sparare scatti con la sua inseparabile macchina sotto la casacca, per svelare temerariamente verità che alcuni ritenevano scomode. Marnika, superando il personale turbamento, scatta immagini che vanno oltre  la semplice rappresentazione dei fatti e si interroga, con rara pertinenza, sui traumi che quel conflitto genera. I colpi inferti su gente, case, chiese, la rabbia per la perdita dei compagni-nemici sul fronte opposto, lasciano spazio allo sgomento e alla mal sopportata cattiveria dell'umanità. Al di là dell'informazione sui fatti "Frammenti di un ricordo" ci costringe ad interrogarci su una barbarie che ci riporta ad un passato solo apparentemente sepolto, a un'umanità brutale  che non ha imparato niente dalla storia. Marnika non si ferma sull'orlo del baratro, ci scivola dentro, sposta le macerie, scandaglia il fondo: testimone in prima persona, su quanto è accaduto nella sua terra, occhio sensibile e deluso che teme il ripetersi di tanta angoscia.


Inshallah - © Patrizia Zelano

"Inshallah" di Patrizia Zelano
(testo critico di Silvano Bicocchi)
"Inshallah" è la parola che tutti i musulmani pronunciano quando parlano del futuro, per dire… "se Dio vorrà". Nelle fotografie di Patrizia Zelano, scattate tra il 2005 ed il 2006, troviamo segni del presente che promuovono riflessioni sul futuro. Soggetto del portfolio è la popolazione islamica ben integrata nel territorio della Provincia di Rimini e della Romagna. La necessità interiore che ha animato il suo progetto è stato il semplice cercare di conoscere l'identità umana di queste popolazioni. La risposta è giunta superiore alle attese: tante famiglie hanno aperto le porte delle proprie case, consentendole di fotografare scene della loro quotidianità domestica. Sorprendente è questa apertura culturale che ha permesso all'autrice di documentare le realtà abitative di nuclei famigliari appartenenti ai più diversi ceti sociali. Il linguaggio fotografico di Patrizia Zelano dà corpo ad un opera narrativa tematica composta da sette dittici, in cui vengono generati dei significati attraverso l'accostamento dei simboli musulmani e occidentali presenti in queste dimore. Una bimba sorridente, col velo e i jeans, posa a fianco del manifesto di "Novecento", il film di Bernardo Bertolucci, mentre un muro imbiancato è ornato da una "Lode ad Allah". Le lenzuola si gonfiano, nel gesto antico della donna, sul letto povero in una camera pulita e disadorna, mentre sul lavello di una nostra casa contadina è posto con venerazione: "Non c'è divinità al di fuori di Dio". Così facendo, passando dalle condizioni sociali di dignitosa povertà a quelle colte e benestanti, prende forma l'identità complessa di questa comunità che, pur nelle differenze economiche, ha in comune un credo religioso e la curiosità verso il nostro mondo industrializzato. L'opera comunica chiaramente la tensione religiosa nel rapportarsi col futuro di questa gente che sente le influenze della nostra cultura occidentale. Anche per loro tutto è in trasformazione, ma nel senso di "Inshallah".

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