Maestri 2

A cura di:

Racconti mistici
Mario Cravo Neto

La galleria PaciArte contemporary di Brescia ospita fino al 27 settembre la mostra Mystic Tales di Mario Cravo Neto, artista brasiliano di fama internazionale, scultore, fotografo. Un bianco nero raffinato, sospeso, mistico, sensuale, un chiaroscuro dai toni scurissimi e dal bianco candido, che ripercorre gli ultimi venti anni del suo lavoro. «Queste immagini racchiudono metà della mia vita, e pure la vita di altre persone, i miei figli, i mie genitori, vecchi amici e compagni con i quali ho danzato. Credo che d'ora in avanti queste intime fotografie danzeranno da sole». Sguardi propone, di seguito, il testo critico che Giuliana Scimé ha scritto per l'occasione.

© Mario Cravo Neto
© Mario Cravo Neto – SACRIFICE V, 1989

«L'abbandono. È così affannoso, spesso un rifiuto, abbandonarsi a se stessi. Chiudere tutti i circuiti delle logiche connessioni e vivere quella parte, essenziale ed esistenziale, di noi che non conosce altre regole se non quella di guardarsi nel profondo. L'arte, vissuta in libertà di mente e spirito, qualsiasi arte, è il misterioso passaggio all'abbandono. È l'arte di Mario Cravo Neto, che sì è fotografia nella fisicità dell'oggetto, soprattutto è lucidità intellettuale nel saper far emergere l'universo del nostro sentire che ignoriamo, volutamente soffochiamo, e che è in noi. Carne, sangue e muscolo di un'altra natura inconcreta e terribilmente palpitante. Però, Cravo Neto deve compiere dei passaggi di conoscenza per svincolarsi e giungere alla lucidità intellettuale dell'opera compiuta. L'opera è come una lastra di cristallo purissimo che protegge verità ignorate. Si guarda attraverso i segni incisi sulla superficie e avviene la rivelazione. Le esperienze plasmano l'essere, se le sa accogliere e filtrare.

Nato a Bahia, ama dire: «O baiano é uma família à parte do resto do Brasil» (La gente di Bahia è una famiglia a parte dal resto del Brasile). Infatti, Bahia è uno sposalizio felice di credi religiosi e filosofici che, l'artista, cerca di comunicare attraverso le sue immagini. Bahia, la città magica del sincretismo religioso, dove chiunque, a qualsiasi credo appartenga, sente l'influenza del Candomblé, e non si sottrae Mario Cravo Neto, anzi lo 'studia' e trae quegli insegnamenti che lo arricchiscono. Il Candomblé è l'universo di credenze importate dagli schiavi africani. È una struttura religiosa come tutte le altre: liturgia, cerimonie, sacerdoti, santi protettori, gli 'orixas', e un dio supremo. Gli orixas, re e regine del lontanissimo passato, furono i progenitori dell'umanità e divennero semidei. Il loro compito è fondamentale, santi protettori e intermediari fra gli uomini e dio, governano tutte le attività e ogni manifestazione della natura. L'essenza della religione degli orixas è l'armonia fra gli esseri umani e gli elementi della natura.

© Mario Cravo Neto
© Mario Cravo Neto – EDUARDO WITH DAGGER, 1990

E Cravo Neto ricrea nelle sue opere questa armonia – tanto agognata e per la quale, in verità, ci si impegna assai poco – integrando personaggi ed oggetti in pulitissima sintesi di corrispondenze. I suoi personaggi sono semidei, di terrena palpabilità, che popolano il suo Pantheon privato, figure metaforiche che, tuttavia, al di la delle superficiali apparenze, rappresentano ognuno di noi. Inutili i lunghi viaggi per incontrare le immagini. Le immagini sono lì e dentro di noi: si incontrano, quando sappiamo riconoscere la corrispondenza, avviene il miracolo. Cravo Neto lavora con i soggetti e gli oggetti che gli stanno intorno, il vasto patrimonio dei sentimenti e delle esperienze. E proprio da un'esperienza sofferta nasce la sua fotografia, unica e inimitabile che rimarrà nella storia dell'arte del XXI secolo. Vittima di uno spaventoso incidente, è costretto all'immobilità per quasi un anno. Non può scolpire – la sua prima formazione è di scultore come suo padre Mario Cravo, uno degli artisti più celebrati dell'arte contemporanea - né creare quelle installazioni che già lo segnalano fra le giovani promesse.

Durante il periodo di studi trascorso a New York alla fine degli anni '60, aveva condotto qualche ricerca con la fotografia giornalistica (la 'street photography', intraducibile nella nostra lingua, se non si vuole cadere in esilaranti trappole) e le installazioni urbane. Prima dell'incidente, aveva trovato il telone di un autocarro. Era rimasto attratto dalla natura della tela, offesa dall'usura del tempo, affascinato dai segni che l'usura aveva impresso sulla materia. Era visivamente interessante con una particolarità assai tattile. In quegli interminabili mesi costretto all'immobilità, si ricorda del vecchio telone. Il telone è lo sfondo, non neutro ed anonimo come si usa nella fotografia di ritratto anche dei grandi maestri, ma 'vissuto' e 'corrotto' dal tempo/esperienze, in un singolare studio improvvisato ai piedi del letto.
Gli amici e i familiari posano per lui, per sollevarlo dalla noia e restituirgli almeno un poco della sua creatività avvilita.

© Mario Cravo Neto
© Mario Cravo Neto – BLACK TORSO IN WHITE WASH, 1988

Fu davvero il caso? O vi era il misterico disegno che conduce ad una meta precisa, prestabilita dal fato? Una crudele casualità, che il destino ha voluto per scegliere un artista fra tutti che avrebbe intrapreso un cammino nell'arte per significare qualcosa di forte ed inconsueto. Da allora, Cravo Neto, 'mette in scena' i suoi ritratti servendosi di oggetti diversi, per materializzare la profondità dei significati. Non semplici, sia pur bellissimi, ritratti, ma metafore di pensieri ed intimo sentire. Spesso mi chiedo se l'immaginazione è davvero separata dalla realtà. Ci viene insegnato fin dall'infanzia a riconoscere il mondo delle fiabe e dei sogni ad occhi aperti, che, in verità, ci consola dagli inevitabili affanni della vita, e la realtà del quotidiano. Fortunati coloro che riescono a mediare la realtà attraverso l'immaginario,  prerogative degli artisti che si sentono liberi di attraversare l'uno e l'altro limite  nella danza della fantasia. Mario Cravo Neto possiede il dono della coscienza del territorio del reale che lo circonda e di interpretarlo e restituirlo in opera d'arte.

Osservate un'immagine di Mario Cravo  Neto e lasciate che la mente e l'anima si abbandonino in infiniti di quiete, scoprirete il misticismo vibrante che andate cercando. Il silenzio, fondo ed ipnotico che mette in vibrazione sottile le note del nostro sentire. Le eleganti forme di equilibrio ed armonia traducono intense spiritualità e sensualità, come nei capolavori degli artisti italiani del Rinascimento. Parallelo che può sembrare azzardato, ma quegli artisti erano animati anch'essi da una profondo sentimento religioso, malgrado esprimessero  delle forti pulsioni sensuali. Complementari ed opposti elementi della natura umana. È un maestro raro nella sapienza delle luci che conferiscono alle sue opere profondità tridimensionali, ancora, simili ai bassorilievi rinascimentali – che ricordano la sua formazione alla scultura. È la luce che riscatta le figure dal fondo più oscuro della notte. La luce plasma le forme, accarezza le linee, le esalta e ne ammorbidisce la crudezza per compenetrale in morbido, tattile, velluto. E la poesia della bellezza, la naturale sensualità, fluiscono da segni di limpida purezza che penetrano come il canto insinuante della madre di tutti i misteri della vita».

© Mario Cravo Neto
© Mario Cravo Neto – KADI WITH VEIL, SLEEPING, 1993

 

Chi è
Mario Cravo Neto nasce a Salvador, Bahia, nel 1947. Cresciuto in una famiglia di artisti, il padre Mario Cravo Junior è considerato il più importante scultore brasiliano e uno dei preminenti artisti dell'America Latina, il giovane Cravo Neto ha iniziato a interessarsi di scultura e fotografia all'età di 17 anni. Adolescente, viaggia con la famiglia in Europa dove scopre musei e luoghi storici e incontra numerosi artisti. In particolare, Emilio Vedova e Max Jakob dischiudono nuovi orizzonti creativi al giovane Mario Cravo Neto. Rientrato in Brasile nel 1965 termina gli studi e nel 1968 si iscrive al "Art Student League" di New York, diretta da Jack Krueger, uno dei precursori del movimento concettuale. Due anni di studio che sono stati fondamentali per la sua formazione di uomo e di artista. A New York, produce la serie di fotografie a colori 'On the Subway' e fotografie b/n sugli aspetti dell'abbandono e desolazione dell'essere umano in una grande metropoli. Nel suo studio di Soho, sviluppa anche una ricerca tridimensionale sul 'terrarium': la cultura delle piante in uno spazio chiuso. Rientra in Brasile nel 1970, sull'orlo di una crisi nervosa da stress. Espone per la prima volta alla XII Biennale di San Paolo. L'opera è una grande installazione delle 'sculture viventi' create a New York. A questa prima esperienza, seguiranno numerose mostre personali e collettive in Brasile e all'estero. Nel 1975 è vittima di uno spaventoso incidente automobilistico che lo costringe a letto immobilizzato per quasi un anno. In quel periodo di inattività, appunta l'attenzione sulla fotografia 'messa in scena', avvalendosi della collaborazione degli amici che lo vanno a trovare (i soggetti delle sue immagini) e di oggetti di uso comune. Dall'esperienza di allora Mario Cravo Neto si dedica alla fotografia, sviluppando il suo stile inconfondibile che ha raffinato negli anni successivi, fino ai recentissimi lavori. Mario Cravo Neto si dedica anche alla produzione di film a corto metraggio e video. Vive e lavora a Salvador de Bahia.

© Mario Cravo Neto
© Mario Cravo Neto – LUKAS WITH MIRROR, 1997


Metodi di pagamento: