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30.000 anni di arte

Ottoman Basin
Ottoman Basin

Qual è il più antico oggetto d'arte del mondo? Che cosa accadeva in Nigeria mentre Giotto dipingeva la cappella degli Scrovegni a Padova? E in Cina mentre a Parigi gli Impressionisti rivoluzionavano il concetto di pittura? Phaidon pubblica 30.000 anni di arte, un volume di 1072 pagine con 1050 illustrazioni (29,7 x 29,7 cm, 75,00 euro, 5 kg) che racconta gli sviluppi dell'arte mondiale dagli albori della creatività umana al presente. Con oltre mille capolavori il volume - che si apre con l'oggetto d'arte più antico del mondo (una statuetta di uomo-leone ricavata da una zanna di mammut risalente a 30.000 anni fa) - analizza le espressioni artistiche dell'umanità attraverso lo spazio e il tempo: dall'arte dell'uomo preistorico e dell'antica civiltà egizia, mesopotamica e greca, alle culture africane e orientali, al Rinascimento italiano fino all'arte contemporanea americana. Capolavori raccolti, per la prima volta, in ordine cronologico, stravolgendo i tradizionali canoni di suddivisione geografica e stilistica che caratterizzano la storia dell'arte.

L'organizzazione cronologica del volume genera accostamenti particolari: nello stesso anno in cui Piero della Francesca dipingeva la sua Flagellazione, in Armenia Priest Khach'atur miniava uno splendido libro di canti religiosi; mentre Canaletto dipingeva i suoi splendidi paesaggi veneziani, in Cina Gao Quipei realizzava leggeri acquerelli monocromatici. La tela di Goya con la fucilazione del 3 maggio 1808 trova posto accanto a una statuetta lignea tribale del Madagascar, Renoir è affiancato da una scultura della Papua Nuova Guinea e "Les Deimoselles d'Avignon" di Picasso da una contemporanea maschera lignea del Gabon.

Altamira Bison
Altamira Bison
Kajikazawa in Kai Province
Kajikazawa in Kai Province

 


Il Sud-Est di Steve McCurry

Milano celebra il talento fotografico di Steve McCurry con la mostra più estesa e completa mai fatta dal fotografo statunitense, una raccolta di quasi 200 scatti, tra scenari di guerra e leggendari ritratti, rappresentativi di 30 anni di viaggi intrapresi nel Sud e nell'Est del mondo. Sud-Est, appunto, è il titolo della mostra (a Palazzo della Ragione, fino al 31 gennaio) ideata e curata da Tanja Solci, Il titolo è un omaggio allo stretto legame che McCurry ha con questa parte del mondo e con la sua agenzia italiana, SudEst57 di Biba Giacchetti, che lo rappresenta nel campo della comunicazione, del corporate e del Fine Art. Una mostra che è anche un'installazione, perché l'originale allestimento di Peter Bottazzi rompe il tradizionale rapporto frontale fotografia-visitatore proponendo metaforici rami di alberi di una fitta foresta dove tutto è sospeso. Camminando, ci si immerge nel mondo di McCurry fino a quasi a sentire i rumori e gli odori del luoghi rappresentati, sfiorare ragazze afghane, monaci e bambini tibetani. Evocare «l'ampio mosaico dell'esperienza umana e i miei incontri casuali con sagome e ombre, acqua e luce - afferma McCurry - trasmettere al visitatore il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell'essere estraneo si mescola alla gioia della familiarità». Viaggi dove si è trasformato in osservatore per render testimone, di culture e identità altre, chi guarda le sue immagini.

Copyright Steve McCurry
Sharbat Gula, Afghan Girl,
at Nasir Bagh refugee camp near Peshawar, Pakistan, 1984
Copyright Steve McCurry

 


Anni '70, in Sardegna

Copyrights: Anders Petersen
Anders Petersen: Sin título.
De la serie "Café Lehmitz", 1977
Courtesy: Anders Petersen Copyrights: Anders Petersen

Un decennio cruciale, una collaborazione tra musei sardi, una co-produzione internazionale. Fino al 17 gennaio, il Museo d'Arte della Provincia di Nuoro (Man) racconta dieci tra i più fervidi anni del dopoguerra al Museo dell'Arte del Novecento e del Contemporaneo della Provincia di Sassari che ospita - nella storica struttura dell'ex convento carmelitano sassarese - la mostra Anni '70. Fotografia e vita quotidiana. La mostra, figlia di una produzione italo-spagnola che ha unito il polo espositivo sardo a La Fabrica/ PhotoEspaña 2009 e al Centro Andaluz de Arte Contemporaneo di Siviglia, propone uno sguardo retrospettivo su un gruppo di opere (circa 200) e autori (oltre venti). Che restituiscono lembi di vita reale, ci danno testimonianze straordinarie dell'ordinaria quotidianità. In mostra presenti opere di oltre venti artisti, da Anders Petersen a Cindy Sherman, lungo un percorso che prende idealmente inizio dalla serie di Eugene Richards Giorni di Rochester per concludersi con Víctor Burgin e le sue proposte di una vita differente. Al solo David Goldblatt la mostra offre due diverse "isole": nella prima l'artista si misura con il tema dell'apartheid; nella seconda conduce una ricerca sulle mani, come altro viso di una persona. Tutte le immagini raccontano una storia quotidiana: la monotonia dell'uscita degli operai da una fabbrica di Allan Sekula, oppure l'indagine sulle abitudini sociali del nigeriano J.D. Okhai Ojeikere con il rito della pettinatura; o, ancora, la manifestazione dell'indifferenza sociale davanti ai problemi degli altri, come la serie di persone che guardano il sangue che esce sotto la porta di una casa, di Ana Mendieta.

Ana Mendieta
Ana Mendieta: Sin título. De la serie "Personas mirando sangre, Moffitt", 1973.
Senza titolo. Serie “Persone che guardano il sangue”, 1973
Courtesy: The Estate of Ana Mendieta
and Galerie Lelong, NY
Copyrights: J.D. Okhai Ojeikere
J.D. Okhai Ojeikere: Sin título (Peinado),
1968-1975 / Senza titolo (Acconciatura)
courtesy: Fifty One Fine Art Photography
Copyrights: J.D. Okhai Ojeikere

 


La prima foto della conquista del Polo Sud

La prima foto della conquista del Polo Sud

Dopo lunghe ricerche, negli archivi della Biblioteca nazionale australiana, lo storico norvegese Harald Ostgaard Lund ha scoperto l'unica foto conosciuta della spedizione che raggiunse per la prima volta il Polo Sud. Il 19 ottobre del 1911 un piccolo gruppo di quattro esploratori norvegesi, guidati da Roald Amundsen, lasciò il campo base nella Baia delle Balene con quattro slitte e 97 cani della Groenlandia. Il 14 dicembre dello stesso anno riuscì finalmente a piantare la bandiera norvegese sul Polo, battendo in velocità la spedizione britannica Terra Nova di Sir Robert Falcon Scott, che arrivò poche settimane dopo, il 17 gennaio del 1912, trovando la bandiera lasciata da chi aveva vinto la competizione sulla conquista del Polo Sud. Scott, nella marcia di rientro al campo base, perse la vita insieme ai membri della sua spedizione.


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