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Il passo che cerchi
Carlo Pizzati

Il passo che cerchi, Carlo Pizzati

Carlo Pizzati ha un ingegno multiforme. Leggere la sua biografia, in fondo all'articolo, per credere. Giornalista, scrittore, autore e conduttore tv, videomaker, photoeditor, fotografo, sceneggiatore. Qui, in occasione dell'uscita del suo ultimo libro Il passo che cerchi (una raccolta di resoconti letterari brevi, 14 testi accompagnati da 33 fotografie, edita da Edelweiss, pp.72, euro 25), ci parla di fotografi e giornalisti, di famosi scrittori e mitiche agenzie fotografiche, di letteratura e fotografia, di cinema e fotografia, di fotografi grandi ladri e grandi compagni di viaggio.

 


Il rapporto tra testo e fotografie

«Quando avevo 17 anni abitavo, da solo, nella profonda provincia americana, quella con il tasso più basso di quoziente d'intelligenza del paese: il sud. Uno dei miei primi lavori per mantenermi agli studi fu quello di fotografo. Guadagnavo anche come assistente dell'ufficio studentesco con mansioni di telefonista, segretario e cassiere; il giovedì sera ero proiezionista del cineforum universitario, e ogni giorno lavoravo anche come caporedattore sportivo e fotografico di un giornale e, infine, come fotografo. Guadagnavo 6 dollari a fotografia. Avevo completato un corso di foto-giornalismo e mi stampavo le foto rovinandomi la pelle delle dita con le sostanze chimiche delle vaschette nella camera oscura del college che frequentavo a Pensacola, in Florida. Ho sempre scattato fotografie, con diversi apparecchi, la prima fu una Polaroid costruita nel mio stesso anno di nascita, il 1966. Ma ho sempre rifiutato la carriera nell'ambito fotografico, che mi si è spesso riproposta in diverse forme. Quando vivevo a New York, a 21 anni da poco compiuti, mentre aspettavo di essere accettato al Master di Giornalismo alla Columbia University, mi sono messo a cercare lavoro per potermi pagare affitto e vitto. Dopo incontri con professionisti come Enzo Biagi e Furio Colombo che mi consigliavano di rientrare in Italia per cercare lavoro. Fui invece assunto, in nero, dalla redazione di corrispondenza di Repubblica a New York.

Fu un colpo di fortuna. Era appena stato fondato il Venerdì di Repubblica, il supplemento settimanale, e il corrispondente di allora si sentiva oberato dalle richieste di cercare fotografie e fotografi.  Mi chiese allora se volevo farlo io. Dissi di sì, se però questa fosse stata l'opportunità per iniziare a scrivere sul giornale. In quell'ufficio all'epoca lavoravano Lucia Annunziata, Vittorio Zucconi e Enrico Franceschini, che ora è corrispondente a Londra. Dopo tre mesi firmai un articolo di copertina per il Venerdì. Ricordo quella copia del Venerdì stretta tra le mani, quell'attimo di gioia a 23 anni, come uno dei momenti più esaltanti della mia vita. Presto mi ritrovai di nuovo immerso nelle fotografie.

Carlo Pizzati
Seiser Alm (Sud Tirolo)
Il passo che cerchi, Carlo Pizzati

Mi misi a studiare. Da Susan Sontag a Roland Barthes. Intervistai Herb Ritts, Elliott Erwitt, Cornell Capa, e fui poi sopraffatto dalla frequentazione costante di fotografi che volevano riuscire a vendere i loro servizi fotografici al nuovo magazine di Repubblica. Così non solo venivano nel mio ufficio ogni giorno paparazzi con offerte indecenti e non interessanti, ma anche giovani esordienti che rischiavano la vita in giro per il mondo. Ricordo con particolare dolore Gad Schuster, ucciso al confine con il Kurdistan nel nord dell'Iraq. Era l'era dell'agenzia J.B. Pictures di Jocelyn Benzakin, della Contact di Robert Pledge, ma soprattutto della Magnum che in quel periodo era diretta da Bob Dannin. Era stanco di quel lavoro Bob, e lui, assieme alla Magnum, mi offrirono di dirigerla. Avevo 23 anni, due di esperienza come photo-editor per il Venerdì, ed avevo nel frattempo completato il Master in Giornalismo alla Columbia. Avevo già fatto firmare a Sebastiao Salgado un contratto in esclusiva per l'Italia per la sua serie sull'Archeologia dell'Industrialismo, un progetto visionario e indimenticabile, con un bianco e nero che brillava e brilla d'argento. Avevo inviato Steve McCurry a fare un reportage, discusso con James Nachtway del prossimo progetto, incontrato Josef Koudelka. E Susan Meiselas aveva deciso assieme a Dannin che ero il candidato giusto. Ci pensai, valutai, ma decisi che volevo scrivere e non volevo trovarmi a dirimere i litigi di tante prime donne».

Carlo Pizzati
Burano
Il passo che cerchi, Carlo Pizzati


Quella discussione con Moravia

«Quand'era? Estate, credo nel 1989, o forse '90. Conservo una foto di quell'incontro. Eravamo a Capri. Sono giovanissimo, con la barbetta, ma i pantaloni corti e mi mangio anche un'unghia. Alberto Moravia è nella sua seggiola, un bicchiere di vino sul tavolo. Non trovavamo l'accordo su una questione: io sostenevo che la fotografia è più vicina alla letteratura perché presenta una storia da interpretare, compone un racconto che va sviluppato nella fantasia di chi la guarda. Vedevo la fotografia come una narrazione fatta di soggetti fotografati, ma la cui storia, nonostante le didascalie e le spiegazioni, viene affidata all'osservatore. In maniera inversa la letteratura e la poesia attraverso le parole disegnano nell'immaginazione del lettore un'atmosfera, dei colori e la figura dei personaggi. In questo trovavo che la fotografia potesse incontrare una fratellanza più con la letteratura che con il cinema. Moravia invece sosteneva che la fotografia e il cinema sono parte della stessa famiglia. Che il cinema è fatto di fotogrammi in movimento e quindi il cinema è foto in movimento. Non riuscivo a smuoverlo da questa sua interpretazione che io trovavo così meccanicistica e poco aperta mentalmente. E anche un po' antica, incapace di svilupparsi oltre l'era dei fratelli Lumière. Era uno sguardo rudimentale, a mio avviso. Ed è anche per questo che trovo giusto unire le fotografie non i resoconti letterari. Le foto soffiano storie nella nostra immaginazione. I resoconti dipingono immagini nella nostra mente attraverso le loro parole».

Carlo Pizzati
Torino (Salone del Libro)
Il passo che cerchi, Carlo Pizzati


I fotografi, che ladroni!

«Sarà per colpa del lavoro svolto a New York o per chissaquale overdose d'immagini, ma a un certo punto ho sentito che non volevo più vedere una fotografia. Forse è stato appunto l'aver guardato troppi portfolio. Eppure mi piaceva, mi piaceva scoprire in ogni quadernone rilegato in pelle che mi sbattevano sul tavolo al 21esimo piano dell'allora palazzo di Newsweek sulla 49esima e Madison Avenue uno sguardo personale, un'ambizione, una voglia che a volte riusciva a esprimere e a comunicare a volte falliva. Ed era per me subito evidente. I fotografi che incontravo spesso diventavano amici e conoscenti. E nei loro comportamenti rileggevo il loro stile fotografico.

Ricordo ancora con quanto spasso osservai Gianfranco Gorgoni che passeggiava con me per le strade del Village rubare lesto come un ragazzino da strada una pesca da una bancarella e mangiarsela in un lampo, sputare fuori il nocciolo, gettarlo in alto e darli un calcio con il tacco, alla Maradona. Se anche il negoziante commerciante si fosse accorto non avrebbe fatto nemmeno a tempo a fermalo che l'evidenza del misfatto era già stata consumata e spolpata. Ecco, pensai, ecco un fotografo, fulmineo e ladro. Non lo dico per offendere. Ho sempre pensato, forse un po' come un indiano d'America, che queste siano due delle qualità principali del fotografo: rapidità e rapina. La rapidità è scontata, devo spiegarla? Saper cogliere abbastanza in fretta (dopo aver appreso e studiato con calma, pazienza e tempo il proprio soggetto) quell'inquadratura e luce che rappresenta la propria visione. E poi c'è la rapina: saper rubare. Cosa? L'immagine, l'emozione, il momento. Saper sbirciare come Mary Ellen Mark come Nan Goldin come Martin Parr».

Carlo Pizzati
Roma
Il passo che cerchi, Carlo Pizzati


Compagni di viaggio

«Per me i fotografi sono stati anche grandi compagni di viaggio. Ricordo che Vittorio Zucconi veniva un po' preso in giro perché lui voleva solo viaggiare con Guido Cassetta. A Repubblica si ironizzava scioccamente su questo. Un po' lo capivo. È normale che tra giornalista scrivente e giornalista fotografo si possano creare complicità. Io mi sono trovato bene con quasi tutti. Ricordo quanti spunti mi ha saputo dare Gerald Bruneau, quanta lezione di temerarietà, anti-conformismo, il guizzo dell'idea, la costante fame di una storia, da vero giornalista, da vero foto-reporter. Piero Guerrini di Imola, che poi aprì un bed and breakfast ai Caraibi e chi l'ha più sentito, mi portò in una bella avventura in Brasile: grazie a un amico aveva scovato dove si nascondeva Francesco Ciancabilla, l'assassino del famoso omicidio del Dams. Partimmo per Manaus, poi San Paolo, ci trovammo ospiti nella casa dov'era stato anche lui pochi giorni prima, cercammo ci demmo da fare, ma ci era sfuggito. Stavamo per fare il grande scoop, ma lasciammo perdere. Ciancabilla fu arrestato solo molti anni dopo. Penso a Stephen Ferry che già allora covava i semi del progetto di Violentologia: manuale del conflitto colombiano di cui poi si è occupato quando si è trasferito in Colombia. L'elenco continuerebbe, ma ci siamo capiti».

Carlo Pizzati
Tunke
Il passo che cerchi, Carlo Pizzati

 

Cos'è "Il passo che cerchi"?

«È il mio terzo libro, dopo Tecnosciamani - tra spiritualità e tecnologia, viaggio ai confini del mondo per curare un mal di schiena cronico (2010) e il romanzo Criminàl (2011) che raccontando di un ex consigliere comunale leghista coinvolto in una piccola truffa a danni di un'anziana ha, secondo alcuni, anticipato i tempi. Ed ora esce questa raccolta di resoconti letterari, che sono un po' diversi dai racconti. I racconti sono storie nate dalla fantasia. I resoconti sono invece relazioni particolareggiate scritte per un pubblico o per un superiore, questa è proprio la definizione del dizionario Hoepli. Per relazione s'intende una descrizione precisa di ciò che si è osservato. In questo caso il resoconto è letterario, e subentra quindi un'interpretazione che va di là della documentazione giornalistica e s'addentra nello sguardo di chi osserva, s'inerpica oltre quello sguardo al punto da osservare chi osserva. Su quest'inversione di punti di vista si giocano molti degli snodi di questi resoconti.

In alcuni casi, come nel primo testo ambientato in Amazzonia con l'ex cacciatore di giaguari soprannominato "il figlio del delfino", la storia che nasce da un incontro vero è lineare e realistica anche se con finale a sorpresa. In altri, come nel divertissement sul tempo e lo spazio s'entra invece in un gioco di fantasia che richiama il realismo magico di Marquez e Rushdie, allontanandosi dal concetto di resoconto e addentrandosi nell'aggettivo "letterario". Ma in questo caso, il narratore sta resocontando l'immaginazione. Bolaño sostiene che tutto è noir, per me tutto è realtà, soprattutto la letteratura. I temi dei resoconti letterari de Il passo che cerchi sono vari. Una storia descrive come un uomo perde il suo diritto all'eguaglianza e alla libertà, ma guadagna quello della fratellanza. Un'altra parla di come un uomo avido può diventare povero. Un'altra ancora descrive un dialogo tra personaggi vissuti in periodi diversi della storia, un filosofo e un fisico, due ere a confronto, passato antico e presente tecnologico. Altri resoconti descrivono invece lo scambio di identità tra narratore e personaggi, forse a significare l'esilità di quell'idolo umano chiamato "io"».

 

Carlo Pizzati, a sinistra con Alberto Moravia e, a destra, nella foto di Gerald Bruneau

Carlo Pizzati, a sinistra con Alberto Moravia e, a destra, nella foto di Gerald Bruneau

 

Chi è
Carlo Pizzati, scrittore e giornalista, è nato in Svizzera e cresciuto a Valdagno (Vicenza) e negli Stati Uniti. Ha vissuto a Città del Messico, Buenos Aires, Madrid, Roma e Venezia. Ha collaborato per anni con La Repubblica come corrispondente e inviato estero, è stato co-autore di Report (Rai3), autore e conduttore di Omnibus (La7), direttore di Virgilio.it. Nel 2010 ha pubblicato il diario di viaggi Tecnosciamani, nel 2011 il romanzo Criminàl, nel 2012 il volume di racconti e foto Il passo che cerchi. Scrive anche sceneggiature per il cinema e vive tra il villaggio di Paramankeni in Tamil Nadu, India, e gli Stati Uniti.

Per acquistare on-line il libro: http://www.edizioniedelweiss.it/html/passo_cerchi.html

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