3 / Il lontano Ovest

A cura di: Antonio Politano

 

Verso ovest si attraversano velocemente porzioni della grande natura americana - dalla siderale Death Valley di Zabriskie Point, filmata da Michelangelo Antonioni nell’omonimo film del 1970, alle vallate e montagne dello Yosemite, fotografate da Ansel Adams nel secolo scorso - che meriterebbero naturalmente molto, ma molto, più tempo. Infinitamente. E invece un coast-to-coast, con un mese o poco più a disposizione, obbliga a tappe molto, troppo veloci. Per esempio, qualche ora nella Death Valley, una notte ai margini del Yosemite National Park. Si fotografa di passaggio. Con le condizioni - di luce, di situazioni - che si trovano. Il contrario dei precetti di Adams e di ogni buona regola fotografica, ma i principi di questo viaggio sono questi (per approfondire la figura del grande fotografo e ambientalista americano c’è un intenso documentario realizzato nel 2002 nel centenario della nascita). Per fortuna si entra nella Valle della Morte nel tardo pomeriggio, in tempo per arrivare alle dune di una delle scene più memorabili di Zabriskie Point.


Death Valley, le dune di Zabriskie Point © Antonio Politano


 

City Lights Bookstore è un monumento alla letteratura, alla poesia, alla Beat Generation. Fondata sessanta anni fa nel quartiere “italiano” di North Beach a San Francisco dal poeta Lawrence Ferlinghetti, esponente del gruppo di scrittori che comprendeva anche Allen Ginsberg. Il vicolo di fianco alla libreria - la Jack Kerouac Alley - è intitolato all’autore di Sulla Strada; sul selciato c’è una placca con una sua citazione: «L’aria era dolce, le stelle così belle, la promessa di ogni vicolo acciottolato così grande…». Un’altra placca nel vicolo riporta una frase di John Steinbeck: «La mente del singolo individuo che esplora libera è la cosa con più valore al mondo».


San Francisco, musicisti di strada davanti a City Lights Bookstore © Antonio Politano
 

Alcune panchine sul lungomare di Sausalito, di fronte a San Francisco, hanno placche di metallo scuro sul legno rugoso. Dediche, ricordi. A Cynthia, ti amo, tuo Benjamin. In memoria di Alison, le cui ceneri sono state sparse nella baia qualche anno fa, «il sole splendeva nel suo sorriso».


Panchine - con dedica - sul lungomare di Sausalito, di fronte a San Francisco © Antonio Politano
 

Vediamo finalmente un po’ di acqua, il Pacifico. A Monterey c’è uno degli acquari più celebrati d’America. Big Sur è la regione della costa centrale della California, con una strada (California 1) a picco, sospesa tra oceano, foreste e montagne. Nel suo Big Sur e le arance di Hyeronymus Bosch scriveva Henry Miller: «La nostra meta non è mai un luogo, ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose». Qui si stabilì e scrisse alcuni dei suoi libri, qui una libreria gli è consacrata. Scorre il paesaggio, con la sua selvatichezza all’apparenza inviolata (non c’è insediamento urbano per più di 100 chilometri). Quali accorgimenti usare per i paesaggi, chiede Alice: catturarne il respiro, le forme e, se c’è, una luce speciale che può diventare il fattore decisivo. Da un punto panoramico lungo la litoranea 1, usa grandangolo spinto, diaframma chiuso, iso bassi.


Aquarium Bay Monterey, la grande finestra di osservazione della Outer Bay Wing © Antonio Politano


La costa di Big Sur, una delle più spettacolari della California © Alice Politano
 

A Santa Barbara, sotto le palme che orlano la spiaggia, gente in movimento, non solo joggers e bikers, ma anche una seduta d’allenamento della squadra giovanile di football americano e una coppia - Floridia e Dino - che gioca con l’hula-hoop.


Santa Barbara, allenamento di football americano © Antonio Politano


Santa Barbara, hula-hoop © Antonio Politano
 

C’è un inesauribile campionario di rappresentazioni, e di finzioni, negli Stati Uniti. E di rimandi a personaggi immaginari, a miti chimerici, a figure dichiaratamente rifatte. Aspirazioni di proiezione e identificazione, nella società dei numeri giganti, di pezzettini di identità, di mondi fantastici dove infilarsi per un po’, di modelli dichiaratamente falsi con cui stare per qualche attimo. Figurarsi a Hollywood. Non solo dentro la macchina da sogni del grande schermo, ma per esempio sul marciapiede delle stelle, il Walk of Fame, con Biancaneve che posa accanto al Joker di Batman e Marilyn che si libra lieve davanti a una vetrina.


Finzioni a Hollywood: Marilyn sul marciapiede delle stelle © Antonio Politano
 

Già un’altra volta, di passaggio a Los Angeles, avevo provato a rintracciare senza riuscirvi l’«Hotel California» della copertina del disco, tanto amato, degli Eagles di metà anni ’70: il Beverly Hills Hotel. Questa volta mi sono documentato, ho chiesto e verificato, ho superato i primi portieri e sono entrato nella reception. Ho raccontato il mio desiderio, fotografare l’esterno dell’albergo come in Hotel California. Mi hanno suggerito, gentili e un po’ gelidi, di andare nel parco di fronte, dall’altra parte del boulevard. La prospettiva sulle torri spagnoleggianti era simile, sebbene la foto originale fosse stata scattata da un punto di vista più elevato, si vedevano le palme svettare. Ho provato e riprovato a trovare una visuale più fedele, ma la vegetazione del parco era troppo fitta. Va bene così, mi sono (ri)preso un pezzo di quelle atmosfere, di incroci di chitarre e voci. Avvicinato la realtà a quell’innamoramento adolescenziale.


Los Angeles: le torri del Beverly Hills Hotel, l’«Hotel California» della copertina del disco degli Eagles,
svettano tra gli alberi del parco dell’albergo © Antonio Politano


 

Secondo un articolo uscito qualche settimana fa su Classic Rock Magazine, l’intento di Don Henley (cantante e batterista, co-autore di gran parte delle canzoni degli Eagles) era di avere sulla copertina dell’album l’immagine di un albergo di Los Angeles, la città dove il gruppo si formò, che suggerisse un’atmosfera di «gloria sbiadita, perdita di innocenza e decadenza». Henley pensò di affidarsi a un creativo dalla reputazione forte come l’inglese John Kosh (art director, per esempio, della cover dei Beatles Abbey Road nel 1969 e di quella di Who’s Next degli Who nel 1971), stabilitosi qualche mese prima a Los Angeles. Dopo aver incontrato la band e aver ascoltato il pezzo, Kosh si mise al lavoro individuando tre possibili location. Henley scelse infine una foto al crepuscolo del Beverly Hills Hotel. Per realizzarla il fotografo David Alexander e Kosh restarono per ore seduti su una piattaforma sospesa a venti metri di altezza di fronte al 9641 di Sunset Boulevard, fotografando di continuo e catturando l’atmosfera giusta nel momento in cui il sole scomparve dietro l’albergo. Quella copertina è al sesto posto della classifica 100 Best Album Covers of All Time di Rolling Stone. E Hotel California è diventato uno degli album più venduti della storia del rock. Creando qualche malumore nella proprietà del Beverly Hills Hotel, che intentò un’azione legale. Ma facendo allo stesso tempo triplicare le richieste di prenotazione delle sue camere, dall’uscita dell’album nel dicembre del 1976, esattamente trentasette anni fa.


Los Angeles, un magnete Obama-Superman da mettere sul frigorifero © Antonio Politano
 

Il molo di Santa Monica è una specie di terminale. Si protende nel Pacifico, con il suo Luna Park, i suoi ristoranti e commerci vari, uno shop è riservato a gadget e materiali vari sulla Route 66, business obblige. C’è anche un chioschetto, all’inizio del molo, che dà informazioni sulla strada-pellegrinaggio e che mette un timbro su quaderno o documenti di chi si appresta a partire o è appena approdato alla meta finale. In effetti, sembra che il tragitto originario finisse qualche miglio prima, senza raggiungere la costa. Eppure, sul Pier c’è un cartello che indica la sua “fine”, adatto a foto-ricordo e a rassicurare sugli esiti dei grandi spostamenti. Accanto, sul lato nord della spiaggia, ogni domenica per protestare contro ogni guerra un gruppo di veterani allestisce un cimitero simbolico, dove croci cristiane si alternano a mezze lune e croci di David. West Arlington, lo chiamano: il luogo delle sepolture ufficiali delle vittime di azioni militari, creato questa volta a Occidente, per un messaggio di pace. L’orizzonte è aperto, ma questa è la fine (del viaggio).


Los Angeles, sulla spiaggia di Santa Monica ogni domenica un gruppo di veterani allestisce un cimitero simbolico
per protestare contro ogni guerra © Antonio Politano


Molo di Santa Monica, Los Angeles: la fine della strada © Antonio Politano

 

p.s. Un ringraziamento particolare a chi ha organizzato il viaggio (Naar, tour operator specializzato nella destinazione Usa).

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