A 46°C dentro le Grotte di Naica

A cura di: Giovanni Badino e Paolo Forti

FOTOGRAFIE DI: Paolo Petrignani / La Venta – Esplorazioni Geografiche

Un ambiente inospitale che ha richiesto la collaborazione di specialisti e ricercatori: le Grotte di Naica, in Messico, ospitano fra i più grandi cristalli di gesso della Terra. Le macchine Nikon hanno operato in condizioni letali per l'uomo.

 

Naica, un villaggio cresciuto attorno a una delle più importanti miniere d’argento del Messico, si trova nel deserto di Chihuahua. Nel 1910 la miniera divenne famosa in tutto il mondo perché gli scavi incontrarono a 130 metri di profondità una grotta, la Cueva de las Espadas (La Grotta delle Spade), contenente cristalli di gesso di straordinarie dimensioni (lunghi fino a 2 metri). Negli anni questa cavità è stata più volte depredata al fine di esporre i suoi eccezionali cristalli nei più importanti musei mineralogici del mondo.

Nel dopoguerra l’attività mineraria si è spinta nella falda acquifera sottostante. Da molti anni, enormi pompe estraggono dal fondo della miniera oltre un metro cubo al secondo di acqua calda (54°C) per permettere ai minatori di lavorare fino a oltre 800 metri al di sotto della superficie terrestre.


Nel 2000, al livello -290 furono scoperte altre tre grotte, praticamente degli enormi geodi che ospitavano cristalli di gesso di rara bellezza: nella grotta più ampia (La Cueva de los Cristales) vi era una foresta di cristalli di dimensioni gigantesche. Le grotte furono immediatamente chiuse con cancelli da parte della direzione per impedirne la depredazione.

Tra il 2001 e il 2005 sono state effettuate alcune sporadiche visite, ma ci si è subito resi conto che in quel modo non sarebbe stato possibile né esplorarle e documentarle compiutamente, né studiarle dal punto di vista scientifico a causa della loro avversità ambientale. Le Grotte di Naica, e in particolare la Cueva de los Cristales, hanno temperatura elevata (46 °C) abbinata a una umidità relativa vicina al 100%: in queste condizioni il raffreddamento per evaporazione è impossibile, la superficie corporea si riscalda fino al rischio di ustione e in poco tempo si arriva alla morte per colpo di calore (ipertermia).

Si può quantificare l’ostilità ambientale con l’Humidex, un indice di “temperatura percepita” che tiene conto di temperatura e umidità. Il corpo umano, infatti, entra in sofferenza quando questo supera il valore 35, mentre oltre 55 vi è imminente pericolo di morte. Gli ambienti di queste grotte hanno indici Humidex fra 95 e 105 risultando pericolosissimi per l'uomo.

Per condurre ricerche e produrre documentazioni in questi ambienti, nel 2006, la Società Peñoles, proprietaria della miniera, assieme a La Venta - Esplorazioni Geografiche, C/Producciones e Speleoresearch & Films, ha dato vita al Progetto Naica (Proyecto Naica).
La prima preoccupazione è stata quella di predisporre un costante monitoraggio medico degli esploratori e dei ricercatori. Particolare cura è stata poi messa nella progettazione e realizzazione di tute e respiratori speciali che permettessero una permanenza prolungata all’interno della grotta.
Il professor Giovanni Badino, in collaborazione con la ditta Ferrino specializzata in attrezzature outdoor, ha studiato e progettato la tuta “Tolomea”, mentre il tecnico Giuseppe Casagrande, in collaborazione con la Electrolux, ha messo a punto i respiratori Sinusit. Tali attrezzature hanno permesso di prolungare la permanenza all’interno della grotta da pochi minuti a più di un’ora.

Il Proyecto Naica
Il progetto ha aggregato specialisti di molti e differenti ambiti di ricerca: gli scienziati provengono infatti da una ventina di Università ed Enti d’Europa e America. Il coordinamento scientifico è stato affidato al Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali dell’Università di Bologna, nella persona del professor Paolo Forti. Un altro aspetto fondamentale del progetto è stato sicuramente la documentazione di questi ambienti.

Le altissime temperature, unite all’umidità del 100%, hanno messo a dura prova non solo il fisico di chi ha realizzato le immagini, ma anche le macchine e gli obiettivi Nikon utilizzati per fotografare.
Entrando con le attrezzature all’interno della grotta ci siamo subito accorti che producevano un’enorme quantità di condensa dovuta all’escursione termica tra esterno e interno, con la conseguenza di avere lenti appannate e immagini non nitide. Per questo motivo andavano acclimatate. Tutto quello che serviva per fotografare è stato posto all’interno di sacche stagne e lasciate all’interno della grotta per circa tre ore. Questo ci ha permesso poi di non avere più fenomeni di condensa fuori e dentro le attrezzature. Superato il problema, le attrezzature Nikon non hanno mai dato l’impressione di avere il minimo cedimento e hanno resistito perfettamente al calore e all’umidità. Prova superata!
 

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