Norvegia: Isole Lofoten

A cura di: Marco Gesiot , Marco Negri


Due giorni sul mare delle Lofoten.
Quando finalmente il sole torna a baciare le isole.

Appunti in presa diretta di Marco Gesiot

Poche ore di luce nell'avanzato gennaio sono state sufficenti a stregarmi e a farmi amare queste isole norvegesi in veste invernale: impossibile non pianificare un ritorno.
Partire da Milano ed arrivare, infine, a Svolver nel cuore delle isole Lofoten, è un salto molto più grande e nel contempo molto più piccolo di quanto avessi immaginato.
Scendo dalla scaletta dell'aereo che da Bodo, sulla terra ferma norvegese, in una ventina di minuti mi ha accompagnato fino a questo piccolo aeroporto; più piccolo della stazione ferroviaria della mia piccola città... già dai primi istanti mi sento a mio agio in un clima tanto metereologicamente rigido quanto emotivamente caldo e familiare. La spiacevole sorpresa che il mio bagaglio non sia arrivato a destinazione è presto stemperata dalla gentilezza e solerzia con le quali viene affrontato il problema. Probabilmente già domani troverò il mio fido zaino direttamente in paese.
Anche se non è molto tardi il buio già ci avvolge. Un pulmino è pronto a condurci presso i nostri alloggi. Per terra un velo di neve, sembra fresca, sotto uno strato di ghiaccio che copre tutto, anche le strade. Partiamo e ci vuole poco per capire che sia pneumatici che autista sono adatti ed avvezzi a queste condizioni. Parcheggiamo di fronte ad un essicatoio per il merluzzo adiacente alle nostre rorbu .
Le rorbu sono le classiche casette rosse dimora dei pescatori: palafitte che li ospitano durante i mesi della pesca. Ancor oggi molto usate, in alcuni casi sono state ristrutturate e servono per ospitare i fortunati turisti che capitano in zona. Completamente in legno, ben riscaldate, con una zona notte confortevole ed una zona giorno dotata di cucina e salotto vista fiordo sono l'ideale per soggiornare!
Abbiamo pochi minuti per sistemare il bagaglio e recarci a cena, io ovviamente ci metto molto poco. Il ristorante dove ci riuniamo è molto caldo ed accogliente, il legno la fa da padrone e l'atmosfera è rilassante ed aggregante.

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La cena è squisita e i minuti passano piacevolmente fra chiacchiere conoscitive e pianificazione dei giorni che seguiranno. Il ristorante mi ricorda quei locali delle mie zone dove un tempo si poteva mangiare, bere, rifornirsi nello spaccio adiacente. Un tutt'uno che però non è antiquato, anzi coniuga tradizione e comodità.

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Il viaggio è stato lungo, l'idea di riposare nella mia stanza mi conquista e mi lascio vincere dal sonno ristoratore.

La sveglia, suona io sono già praticamente sveglio, eppure non mi alzo, mi cullo ancora un po' godendomi il contrasto fra l'atmosfera buia e fredda che scorgo dalla finestra ed il piacevolissimo intenso calduccio della mia stanza. Provo una strana sensazione: nonostante la grande distanza che mi separa dalle mie zone, nonostante sia la prima volta che mi sveglio in questo posto mi sento perfettamente a mio agio, quasi fossi a casa. Rinfrancato da questo familiare torpore mi alzo e mi preparo. Uno sguardo più attento fuori e mi accorgo che durante la notte sono scesi alcuni centimetri di neve, questo non fa che accrescere il mio entusiasmo per la giornata: sono un inguaribile amante dell'inverno! Insieme ai compagni di viaggio ci ritroviamo per la colazione: una ricca colazione in stile nordico della quale ricordo con piacere un tipico formaggio il Gjetost che mi hanno spiegato si ottiene con il siero di latte di capra bollito e mescolato col latte di mucca o di capra. È un formaggio duro ed ha un gusto insolito, leggermente caramellato: l'ideale a colazione e l'ideale per collezionare un nuovo piacevole sapore dal mondo.

Prima di iniziare il vero e proprio safari alle ricerca delle orche un breve ma intenso seminario ci fornisce utili ed interessanti informazioni su questi affascinanti cetacei e sulle zone che frequentano e che percorreremo nella speranza di un incontro.

Ci chiamano, è ora, saliamo sulla barca con la quale solcheremo il braccio d'oceano che s'insinua fra le isole Lofoten e la Norvegia continentale. La luce debolmente rischiara l'ambiente e finalmente i profili del paesaggio iniziano a concedersi ai miei occhi, l'emozione sale. Mentre ci stacchiamo dal molo, dentro il quadro ci infiliamo nelle tute termiche, una garanzia per non doversi preoccupare del freddo e del vento.
Usciamo da un porto ancora apparentemente assonnato, ma che in realtà già vive col costante apporto della luce elettrica, preziosa compagna nel lungo buio inverno. Ormai però i giorni nei quali il sole negava la sua presenza sono conclusi e fra poco mi aspetto di vedere l'orizzonte colorarsi con le tinte donate dal vitale astro. Nonostante qualche nuvola è proprio così: il paesaggio lievemente inizia ad assumere i delicati toni dell'alba. Noi siamo abituati a vederli molto presto la mattina, per pochi istanti; qui invece, in questo periodo, oltre all'ora ben più tarda, significativamente diverse sono le durate. Crepuscolo alba e tramonto lentamente si danno il cambio ... tralasciando il giorno vero e proprio e cullandoci costantemente con i toni caldi del sole basso sul mare.
La barca punta decisa fra isolotti e scogli verso la zona dove presumibilmente potremmo avvistare le orche. Cammina spedita ed il vento rende ancora più pungente la temperatura; molti sono indecisi se restare dentro o se provare già ad uscire: io non ho né dubbi né titubanze! Mi armo delle mie macchine fotografiche e mi lancio fuori: voglio ubriacarmi completamente di tutto quanto maestosamente mi circonda. Le lamiere esterne sono scivolose e ghiacciate nonostante l'acqua salata che schizza copiosa ovunque. Il vento mi sferza il viso (per il resto sono copertissimo). E' una splendida sensazione soprattutto per uno come me che ama questo clima.

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Ancora non ho iniziato a descrivere quello che ho visto ed il motivo è semplice: sono arrabbiatissimo con me stesso per non sapere, come solo i grandi scrittori riescono, trasmettere l'immensa bellezza ed il travolgente fascino della natura. Sono seduto a prora in apnea, immagino con un sorriso un po' ebete, sensi iperattivi e la mente che si apre allo spettacolo nel quale sono profondamente immerso.
E' incredibile: sono per mare su un'imbarcazione che veloce solca le onde, che rulla e beccheggia... e cosa vedo uscire dai neri flutti? Montagne! Vere montagne, belle, rocciose, fiere e selvagge, ammantate di neve e difese dai ghiacci. Montagne piantate nell'acqua salata, le cui ripide pareti precipitano direttamente nel regno di Nettuno. Montagne che si stanno colorando sotto i miei occhi. Se con una mano nascondo il mare posso vedere rocce, valloni, cime che di sicuro non sfigurerebbero fra le Alpi o nelle mie natie Dolomiti; eppure non basta ingannare la vista. L'odore del mare mi riempie le narici, l'acqua salata mi pizzica sulle labbra, sento i flutti rompersi sullo scafo, il mio equilibrio è scosso dal moto del natante: non c'è da ingannarsi non sono fra le mie montagne, sono dove il mare di Norvegia incontra la costa, dove la piatta pianura è bandita e gli estremi si toccano.

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L'istinto è quello di “piazzare” solidamente il cavalletto, comporre con calma e con una lunga esposizione catturare la mistica fioca luce che concorre a rendere tanto speciale quanto vedo... ma... ancora una volta il mare mi ricorda dove mi trovo! Tutto ondeggia... e pure molto! Benedico il digitale che mi permette di alzare gli iso semplicemente girando una rotellina e quindi di potermi portare a casa delle immagini per rivivere tutto questo. Certo per orizzonti in bolla e scatti perfettamente nitidi non sono le condizioni ideali, ma non potevo non tentare di ritrarre questo spettacolo.
Su un corpo il tele, speranzoso di incrociarsi con le orche e nel frattempo lieto di cogliere qualche particolare, sull'altro il grandangolo per abbracciare l'immenso teatro naturale.

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Le miglia marine si sommano le une alle altre, i fiordi, le montagne scorrono sotto i miei occhi stupiti, ma pinne levarsi dal mare ancora non se ne vedono. Osservo Ghiri, la nostra accompagnatrice, ed il capitano che si consultano sul da farsi: ne segue un nuovo cambio di rotta.Ci infiliamo in un fiordo, la superficie acquea si cheta , sulle rive coloratissime casette rendono ancora più accattivante il colpo d'occhio; ancora una volta le particolari condizioni atmosferiche creano magnifiche tonalità che rimbalzano fra acqua e cielo.

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Ormai le zone raggiungibili dove potevano avvisare le orche sono state battute senza successo, lo sappiamo, un po' mi dispiace, ma definire insoddisfacente o infruttuosa l'esperienza di questa uscita sarebbe veramente ingiusto! Anzi la sto trovando oltremodo appagante!

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Vista la dichiarata assenza di cetacei smonto il super tele e lo sostituisco col 70-200, oltre che ai paesaggi mi dedico un altro po' ai compagni di viaggio, pur sempre evitando di rientrare in cabina. Oramai mi sono adeguato alla temperatura esterna e non so rinunciare a quanto vedo. Non prendo neppure una fumante tazza di brodo bollente che di sicuro mi riscalderebbe, ma che mi farebbe perdere attimi preziosi.

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Mi rilasso, mi siedo, e ancora una volta mi perdo ad osservare...con la coda dell'occhio percepisco qualcosa, mi giro e la vedo: un'aquila di mare sta volteggiando sopra di noi... acc... ho messo via il tele, poco importa mi farò bastare il 70 200, scatto mentre plana maestosa.

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D'un tratto mi rendo conto che si sta lanciando in acqua, sono dalla parte sbagliata della barca, mi lancio pur'io, arrivo di volata sul castello superiore e cerco di cogliere al volo la pescata, ma mentre scatto e cerco di arrestare la mia corsa scivolo sulle lamiere congelate e casco, ottenendo un fotogramma mosso dell'attimo in cui sta per ghermire la sua preda, mi rialzo come una molla, ma non mi resta che ritrarla mentre se ne va, fiera del pranzo conquistato che tiene saldamente fra le zampe artigliate. Non tornerà più ed io sento cocente la delusione che pulsa per lo scatto perso...ah sì, in effetti pulsa anche un po' la botta che ho preso al ginocchio...ma quella mi disturba meno.

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La rotta si inverte, velocemente rientriamo in porto, anch'io mio malgrado, quando stiamo per attraccare, rientro per togliere la tuta termica. Scendo dalla scaletta, la luce sta già sparendo e l'intensità dell'esperienza vissuta mi suggerisce che sia sera... in realtà sono appena le prime ore del pomeriggio ed ancora molte ore, molte esperienze mi separano dal ricongiungimento col piumone nella mia rorbu. Con Marco andiamo allo spaccio dove spero di ritrovare il mio bagaglio, lui ne è certo...io un po' meno invece ecco lì il mio zaino direttamente a domicilio! Me lo carico sulle spalle e mi incammino verso la rorbu, prima del prossimo appuntamento con gli altri abbiamo un paio d'ore libere. Finalmente posso vedere meglio quanto circonda i nostri alloggi ed ancora una volta scarto una preziosa sorpresa! Che luoghi splendidi! Il piacere della doccia nell'accogliente bagno della mia stanza dovrà attendere ancora alcuni minuti, voglio godermi il residuo di luminosità che la giornata concede.

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Il tardo pomeriggio passa piacevolmente fra attimi di condivisione al bar, dietro ad una fumante tazza di caffè, certo non il nostro, ma nel contesto inaspettatamente gradevole, ed una passeggiate fra le case di Svolver. Una passeggiata che ci svela una cittadina presa fra ghiaccio e neve, fra ore di oscurità che però brilla per il calore della sua gente, brilla della luce delle finestre di ogni casa: finestre senza tende, finestre sempre “accese” che come delle vetrine creano un paesaggio vivo anche nel buio.

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Prima di cena ci aspetta ancora una sorpresa. L'aperitivo in un bar molto, molto particolare: il Magic Ice. Costruito all'interno di un enorme magazzino frigorifero (dedicato in origine allo stoccaggio del pesce) è colmo di grandi sculture di ghiaccio che descrivono la storia e i tratti caratteristici della vita delle isole. Il tutto sublimato da giochi di luce, musiche ed una voce narrante. In questa atmosfera glaciale, su un bancone di ghiaccio massiccio, preso da un gelido scaffale di ghiaccio ci viene servito un aperitivo un po' dolce, naturalmente in bicchieri di ghiaccio!

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La cena in un locale caldo ed accogliente passa piacevolmente fra piatti dove modernità e tradizione si fondono in gusti che sorprendono il palato e preparazioni che appagano l'occhio. Questo gusto particolare e questa capacità di unire passato e presente l'ho rivissuto molte volte durante questo viaggio, sia nelle abitudini alimentari sia nell'architettura che nell'arredamento. Tutto è curato con molta attenzione e non scade mai nel kitsch, creando una dimensione trasversale riuscitissima, ancora una volta vedo gli estremi toccarsi senza traumi: una figura che ricorre con importanza in questa esperienza.
Fuori turbina un piccola sfuriata di neve che possiamo piacevolmente osservare dalle finestre, al caldo. L'unico dispiacere è che in questa situazione non sarà visibile la norden light, la magica aurora boreale la cui visione è un sogno che coltivo fin da piccolo.
La burrasca è praticamente finita, quasi stordito dalle mille esperienze della giornata percorro la strada semideserta che mi conduce al riposo, l'aria fredda che respiro unisce le fragranze del mare a “quell'odore da neve” che chi vive in montagna conosce bene; tempo medio nel quale mi addormento? 30 nanosecondi circa ...ed è subito... mattina!
Un'altra ricca colazione, le vestizione con le tute termiche e di nuovo in mare, questa volta su un veloce gommone che lambendo le coste ci porterà a Henningsvar dove visiteremo una fabbrica per la lavorazione del merluzzo. Anche oggi le emozioni mi pervadono, con l'aria che mi sferza e la natura che mi rapisce.

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La giornata è meno nuvolosa e presto il sole colora il paesaggio di toni in sequenza rosati, dorati ed ancora rosati che ci accompagneranno per tutte le ore di luce.

La visita guidata alla fabbrica ci introduce alla storia della pesca del merluzzo e della sua lavorazione, compresi i procedimenti per l'estrazione del noto olio di fegato di merluzzo... e della produzione del più apprezzato stoccafisso, italianizzazione della parola Stokfish. Il freddo in questo caso è graditissimo, attenua di gran lunga gli odori che non essendo abituati sarebbero abbastanza fastidiosi.

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Vista la splendida atmosfera non ci lasciamo sfuggire l'opportunità di una breve uscita su un peschereccio dove il legno, col suo fascino caratteristico, la fa da padrone.

Al rientro ci attende il pranzo, qualcuno mette gli scarponi a riscaldare. Io mi riscaldo col panorama offerto dalle immancabili ampie finestre che innondano col tramonto la sala, con un pasto ancora di gran pregio e con le piacevoli chiacchiere che scambio con il gioviale accompagnatore del luogo e “vecchio” nikonista!

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Il pomeriggio scorre piacevolmente passeggiando in paese e discorrendo con i gestori di alcune attività come la lavorazione del vetro o delle candele anche se poi scopriamo ch il primo fa anche il fotografo ed il secondo gestisce un bar dove gustare un buon caffè italiano.

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Presso un ristorante abbiamo l'opportunità di preparare noi stessi del caviale di merluzzo con gli ingredienti e l'esperienza messici a disposizione dalla simpaticissima gestrice; tutta la preparazione è stata condita con battute ed un po' di cameratismo nascente fra i compagni d'avventura. Fra qualche anno si parlerà con toni mitici di quanto prodotto in quell'ora!

Altro incontro veramente interessante e formativo è quello che abbiamo avuto con una biologa marina che ci ha descritto il suo lavoro di studio sulle orche ed ha approfondito alcuni aspetti della loro vita sociale ed emozionandoci facendoci sentire le loro “voci”.

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Come la prima anche questa giornata ci ha donato emozioni ed esperienze con una generosità dirompente! Esperienze che ancora proseguono con una rischiosa cena. Perchè rischiosa? Perchè il panorama che si apre dalle ampissime finestre di quel locale rapisce talmente tanto l'attenzione che non è difficile sbagliare ed infilarsi la forchetta in un occhio!Anche questa sera nevica.

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Sto preparando lo zaino: domattina si riparte verso casa ed osservo dalla finestra i fiocchi che rinnovano dovunque il bianco strato.

Qualche ora di un profondo sonno ristoratore, un ultimo sguardo all'incredibile vista che si apre dal salotto della rorbu e poi via verso l'areoporto.

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I pochi chilometri che lo separano da Svolver, percorsi alla luce del giorno mi svelano un interno ricchissimo di cime innevate, un vero paradiso per lo sci alpinismo o l'escursionismo con le ciaspole. Poi le solite formalità aeroportuali, pur se in versione più familiare, il bimotore che si stacca dal suolo e il viaggio verso Milano ancora con i sensi sovraccaricati da questi giorni vissuti alle Lofoten fra gente accogliente e luoghi dall'indescrivibile fascino.

Le cose che ho visto, le persone che ho incontrato, tutto quanto ho intuito e posso solo immaginare, la sensazione di essere a casa mia nonostante la lontananza. E' facile, facilissimo capire che tornare in questa terra sarà tanto inevitabile quanto cercato. Se ve ne capitasse l'occasione non lasciatevela sfuggire, queste famose isole in veste invernale vi offriranno veramente molto.

Lo so, non sono stato sintetico, ma per due giorni così intensi non sono riuscito a comprimere di più il mio entusiasmo. Spero di non avervi annoiato e vi lascio alla lettura/visione del mio compagno di viaggio Marco Negri, vi affido a lui come potrebbe fare Roberto Calasso: “Ma com'era cominciato tutto?”.

[Marco Gesiot]

 
 

Marco Gesiot non sbagliava nel commento a tutti gli effetti, si è subito mostrato un viaggio in un paese dai mille riflessi, dove il clima rigido e severo lascia trasparire nelle immagini le condizioni cui spesso gli autoctoni sono soggetti.

L' estate è ancora distante, la luce si concede solo per poche ore al giorno, l' orda di pescatori che tra pochi mesi impegnerà le banchine del porto non è ancora presente, è questo il momento in cui le Isole Lofoten mostrano il meglio di se stesse.

Le aringhe, pasto prelibato dalle Orche, mammiferi predatori che frequentano questi fiordi desolati, in questo periodo si concentrano a banchi e ben presto saranno oggetto di una redditizia pesca da parte della moltitudine di abitanti del luogo.

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Recatomi alle Lofoten per un reportage naturalistico alle Orche, vista la loro momentanea assenza subito mi sono dilettato nella fotografia a me più consona, il reportage! in un ambiente austero e con una luce fredda come il clima che persevera in questi luoghi, scatto qualche istantanea direttamente ai pochi partecipanti che con me condividevano questo bellissimo viaggio.

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Pochi istanti di luce, fievole, tagliente ma ricca di quei colori e sensazioni che da sempre ricerco.

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Una accurata visita nella zona portuale mi introduce nel mondo della pesca e tra le baracche ormai approntate per un nuovo ed intenso anno di lavoro, vedo riprodursi nei vetri di un capanno, il paesaggio freddo, inflessibile ma ricco di forti sensazioni.

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