Sahara e sole, l'unisono energetico per le mie Nikon nella Tunisia da riscoprire

A cura di: Michelangelo Serra

La tecnologia digitale alla base della mia attrezzatura fotografica è in continua evoluzione. Siamo ben distanti dai tempi in cui lavoravo con diapositive e corpi macchina efficienti come le gloriose Nikon FM2, F5 e F100 non particolarmente assetate di energia.

Come spesso mi capita di dire durante i miei Nikon School Travel, nell'era “dell'Homo Digitalis”, l'evoluzione tecnologica ha dato al “fotografo moderno” indubbi vantaggi e supporto per stimolanti idee, ma c'è da pagare un prezzo: la durata delle batterie.
Ultimamente, i sistemi di alimentazione delle reflex (vedi la nuova Nikon D4s con più di
3.000 scatti di autonomia) hanno fatto
passi avanti nella gestione energetica ma può capitare
  che un intenso flusso di lavoro li metta comunque a dura prova. Occorrono quindi le giuste precauzioni per concludere senza intoppi l'incarico. Prendiamo il caso di photo trekker e photorepoter innamorati della natura e di spedizioni fotografiche che definirei “off-energy”. Spesso non hanno accesso anche per diversi giorni alle fonti energetiche necessarie per alimentare le reflex e i vari accessori.

In questi casi, anche programmando tutto, può nascere l'imprevisto, come trovarsi nel cuore del Sahara e andare in panne con le batterie nuove dell'auto e restare bloccati in una tempesta di sabbia ad oltre 65°C.

Queste e altre esperienze mi hanno fatto riflettere a lungo su come anticipare queste evenienze, visto che di elettronica almeno dal punto di visto fotografico oramai ne uso in abbondanza.
E chi viaggia in luoghi come il Sahara con la propria 4x4 conosce bene quel detto dei nomadi riferito al mondo dell'elettronica delle auto: “quello che non c'è non si rompe”.

Ho deciso di ripercorrere quanto Nital aveva documentato nel 2004 attraverso l’esperienza sul K2 di Michele Dalla Palma. In abbinamento a un caricabatterie con ingresso a 12V ho adottato un pannello solare che avevo in casa il quale, con tre porte in uscita di diversa potenza, arriva a erogare ben 13 watt fino a 14/22V per ricaricare reflex, GPS, palmare, satellitare, accumulatore, portatile, etc... Con un peso di circa 720 g posso portarmi dietro una produzione energetica alternativa, idonea a farmi uscire dall'imprevisto.

Ho utilizzato, oltre al caricabatterie universale Kodak UC-200, un caricabatterie Patona 1802, anche questo adattabile a diverse batterie, comprese quelle per le Nikon D800, 7100, 600, etc...

IL CORREDO FOTOGRAFICO PER IL SAHARA
• Reflex:
    Nikon D3
    Nikon D800
• Parco ottiche:
    Nikon AF-S 14-24mm f/2.8G ED
    Nikon AF-S 24-70mm f/2.8G ED
    Nikon AF 60mm micro D f/2.8
    Nikon AF-S 70-200mm f /2.8G ED VR
    Nikon AF-S 500mm f/4G ED VR
    Nikon Teleconverter AF-S TC-20 E II 2 x
    Nikon Teleconverter AF-S TC-17 E II 1.7 x
• 2 flash Nikon SB-800
• Filtro ND e Polarizzatore PRO II MC Variable 77mm e PRO II MC-C-POL 77mm entrambi distribuiti in kit da Nital
• Microfono Rode Mic Stereo Pro distribuito da Nital
• Schede di memoria CompactFlash ed SD Lexar, per complessivi 120 GB
• 3 batterie al litio Nikon EN-EL4 e 3 EN-EL 15
• 20 batterie stilo ricaricabili
• Hard Disk Mindstore 20 GB
• Pannello solare Nomad 13W
• Gitzo GT4542ls
• Macbookpro 15”

 

Il necessario per dare energia alla Nikon D800, cioè i due caricabatterie, il pannello e le tre batterie hanno un peso che non supera 1,5 kg. Direi un ottimo compromesso fra rapporto, peso e prestazioni. Di tutto ciò che era nello zaino, è bene non dichiarare il peso. In troppi potrebbero decidere di non partecipare a uno dei prossimi Nikon School Travel.


IL LUOGO E I TEMPI DI RICARICA

Il test si è svolto in occasione di uno dei Nikon School Travel fatto in Tunisia nel mese di marzo.

Tredici giorni di pura avventura in un percorso ricco di elementi naturalistici e culturali, organizzato in collaborazione con gli amici di RC 4x4 che hanno curato la parte logistica e i rapporti con gli enti locali necessari a ottenere i permessi di accesso ai siti e alle zone desertiche visitate.

Le nostre 4x4 erano attrezzate come al solito di tutto punto, per permetterci di bivaccare in tranquillità e vivere una splendida avventura: inverter da 2000 watt, compressori, doccette, cucina da campo con tanto di tavoli e sedie per dieci persone, tende, satellitari, gps, etc... Ma soprattutto tanta voglia di vivere un viaggio diverso e di farlo riuscire nel migliori dei modi grazie anche a dei formidabili viaggiatori, attenti a immergersi nella   cultura del territorio e nelle sue disarmanti bellezze. Questi ultimi, sono certo, hanno portato con loro un ricordo indelebile di questo luogo dal fascino straordinario.
Le attrezzature erano al top delle prestazioni e dal punto di vista fotografico, affidarsi a un brand come Nikon, in un territorio ostile come il Sahara, significa portare a casa le immagini migliori delle esperienze vissute.

In termini di ricarica delle batterie, ho messo sotto torchio gli accessori e per l'ennesima volta le mie Nikon e soprattutto la D800, proprio per capire quanto fosse affidabile in situazioni estreme con sabbia e caldo.

Il viaggio è iniziato dopo aver recuperato gli amici che ci hanno seguito in aeroporto a Tunisi. Noi avevamo fatto la solita trafila arrivando in 4x4 con l'imbarco a Palermo, all'insegna della bassa pressione per i primi due giorni, con presenza anticipata del Ghibli (il vento caldo del Sahara) che ha portato con sé le classiche tempeste di sabbia per fortuna di entità lieve. Scendendo verso le zone desertiche, il tempo nelle ore diurne è migliorato decisamente, donando quell'intensità luminosa tipica del Sahara con temperature che si sono attestate tra i 28 e i 34°.
Condizione ideale per mettere alla prova il “tutto”. Anche i sacchi a pelo, che nelle notti passate in tenda sono serviti a difenderci dalla escursione termica che si registra tra giorno e notte.

La prima prova è avvenuta durante il trasferimento ai villaggi trogloditi di Matmata, verso sud, dove la macchia mediterranea lascia spazio alla fascia sub Sahariana.

Questi luoghi avevano preso un aspetto molto surreale, complice un fitto muro di sabbia che offuscava la luminosità del sole, rendendo non breve il tempo di ricarica del pannello, che come primo test ha restituito un 15% in circa 8 ore di esposizione.

Al quinto giorno, dopo aver visitato durante i trasferimenti diversi siti di interesse come El Jem, Tozeur, i siti delle dune pietrificate e degli Ksar, ci siamo immersi nei vari mercatini rionali delle Oasi che incontravamo, lasciando da parte e in accordo comune, le classiche medine turistiche.

Una nota di merito è stata la scoperta e la visita di alcuni canyon fortunatamente sconosciuti dal punto di vista turistico. Ci siamo prefissati la scoperta di questi luoghi alternativi per trovare con occhi attenti momenti reali della quotidianità, per poi contemplare la realtà paesaggistica mozzafiato in cui è immersa la moschea dei sette dormienti di Cheninì.
Da lì, tramite le solite piste che attraversano parte del grande Erg, siamo approdati alla porta del deserto “Douz” per poi l'indomani partire verso Kasr-Ghilane, Tembaine, Zafrane, tappe che ci hanno portato per tre giorni a permanere nel pieno Sahara tunisino.

In una prova effettuata in circa 3,5 ore con batteria a meno della metà, circa il 44%, ho riportato la carica al 92%.

In questo caso direi che è stato un buon tempo premettendo che generalmente le mie escursioni mi portano ad allontanarmi dal campo base anche tutta la giornata e che lasciando il pannello appeso alla tenda o sul tetto dell'auto, al mio rientro dovrei avere le batterie completamente cariche.
Pensando a un uso invece in alta quota o durante il mio girovagare per i boschi nostrani, lo si può portare agganciato allo zaino mantenendo e ricaricando le batterie che, si sa, non amano restare per lungo tempo a temperature molto basse.
Come terzo test ho collegato simultaneamente le due batterie a circa il 50% e dopo sei ore avevo tra il 75% e l'82% di carica.
In un quarto test ho messo sotto carica la batteria della D800, iPhone e Storage con 4 stilo da 2,3mAh. In circa due ore il risultato è stato soddisfacente, circa un 12% in più sulla D800, iPhone portato da 55% a 63%. Le batterie non ho avuto modo di misurarle, ma credo che abbiano preso la stessa quantità di carica.

I risultati ottenuti sono soggetti a molte variabili, come l'intensità luminosa, l'assorbimento dei due caricabatterie, lo stato delle batterie e dei pannelli utilizzati.

Il resto del viaggio è stato un susseguirsi di scoperte autentiche e di rinnovata ammirazione di luoghi come il grande Chot el Jarid e le oasi di montagna di Chebica, Tamerza, Medinis.
Direi quindi che il giudizio da dare a questa rinnovata spedizione in Tunisia è positivo. Sono molto felice che la sua attuale linea politica stia seguendo finalmente lo spirito accogliente di questo popolo. Anche questo test, credo si possa definire ben riuscito.

Fornire un'alternativa energetica dal punto di vista ecosostenibile a chi vive “per lavoro o per puro interesse personale” la passione fotografica con l'uso della propria Nikon, non è cosa da poco.

Ancora una volta da elogiare la proverbiale resa qualitativa dell'attrezzatura Nikon. La D800, così come la veterana D3, hanno supportato e sopportato alla grande questa avventura.
Certo le coccole dovute ogni sera con la pulizia di rito erano necessarie ma al quanto limitate.

Per quanto riguarda i due caricatori, il Kodak ha bisogno di più attenzioni per il sistema a molla che va pulito per evitare che il sedimento fine possa bloccarlo, e per l'elastico adeguato a fermare le batterie. Quindi i due caricabatterie, visto l'esiguo peso, sono sicuramente da mettere nello zaino.

Il pannello, l'anello di collegamento tra i vari elementi, ha svolto adeguatamente il suo compito. D'altronde ne ero certo. Va solo assicurata la giusta esposizione sperando che una bella giornata di sole accorci i tempi di ricarica.
 

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