Rassegne

Maravee Eros
 

«Un viaggio entro la sensualità dello sguardo artistico», così la direttrice artistica Sabrina Zannier definisce Maravee Eros, rassegna d’arte contemporanea friulana (con sconfinamento in Slovenia) che per l’edizione di quest’anno mette in relazione fino al 30 dicembre l’arte visiva con altri linguaggi creativi - come teatro, danza, musica, design - attorno a un tema di gran fascino, delicatezza e ambiguità come l’Eros («l’amore, inteso come passione e dedizione, carnale e viscerale, intellettuale e sensoriale, per l’altro da sé, sia esso la persona, la natura o l’arte stessa»).


© Nobuyoshi Araki, Flower Rondeau,1997-2008
Courtesy Galleria Elleni - Bergamo
 

Corpo centrale dell’intera rassegna è l’omaggio rivolto alla figura e all’opera di Tina Modotti, friulana di nascita, nel settantesimo anniversario della scomparsa, fra “passione e riflessione” in fotografie, installazioni, video, film e performance: «stella hollywoodiana del cinema muto, modella di grandi fotografi e pittori, fotografa e rivoluzionaria, che visse e operò tra avventura e sacrificio, sangue e romanticismo, intrigo e morte, acclamata dai giornali dell’epoca come bellezza sensuale ed esotica, distintasi per una recitazione incentrata sull'espressività del volto che, più contenuta rispetto a quella delle divine del muto, confermò quella sua modernità artistica che trovò la massima espressione nell’arte fotografica».


© Tina Modotti, Rose, 1924
Courtesy Archivio Fotografico di Cinemazero, Fondo Tina Modotti
 

Sensi nudi, al Castello di Susans, è una mostra internazionale di fotografie e installazioni che, racconta Sabrina Zannier, «mette in scena l’erotismo sottile, quello che sfocia dalla messa a nudo dei sensi innanzi a corpi carezzevolmente svelati, fra passione e dedizione all’altro da sé. Corpi femminili contemporanei, che dialogano per lo più in bianco e nero con i nudi e i ritratti di Tina Modotti, complessivamente omaggiati, nella loro sensualità femminea, da immagini coloratissime di fiori carnosi e ambigui, spesso tesi fra petali e sesso. Un gioco sottile, di ammiccamenti e rimpalli, tra pelle e fiori, bianco/nero e colore, che si srotola lungo il percorso espositivo in uno stretto dialogo tra opere di autori ed epoche diverse: Beatrice Amrhein, Nobuyoshi Araki, Rosangela Betti, Gaetano Bodanza, Franco Fontana, Antonio Girbes, Robert Gligorov, Renato Grome, Izima Kaoru, David LaChapelle, Hiroyuki Masuyama, Tina Modotti, Carlo Vidoni, Edward Weston.


© Nobuyoshi Araki, Suicide in Tokyo,1994-2007
Courtesy Galleria Elleni - Bergamo
 

A partire dall’intreccio fra Tina Modotti ed Edward Weston, uniti nella ricerca artistica e nella vita, a ridosso di una profonda storia d’amore, vissuta intensamente tra il 1923 e il 1926 a Città del Messico. È in questo periodo che Weston precisa la sua poetica concentrandosi sui rapporti tra forma e oggetto, realismo e astrazione e, fotografando la nudità e il volto di Tina, alla preoccupazione purista e alla sintesi costruttiva affianca l’esaltazione del naturalismo sfociando in un’evidente pulsione erotica. Nutrita di sottile afflato lirico, soprattutto nei ritratti, dove le atmosfere nebbiose di derivazione pittorialista ne accentuano il mistero e l’intensità emotiva, già del resto presenti nella messa in scena recitativa di Modotti-modella. Modella e allieva, perché fu proprio Weston a offrire a Tina i primi spunti di riflessione per la produzione della sua opera fotografica […]
 

© David LaChapelle, Flaccid Passion Flower, 2008-2011
Courtesy Robilant+Voena - Milano
© David LaChapelle, America Flower, 2008-2011
Courtesy Robilant+Voena - Milano


Facendo un balzo temporale nella stretta contemporaneità, in mostra troviamo un’altra significativa riflessione sulla caducità delle cose, nelle quattro opere di David LaChapelle, dalla serie intitolata The Earth Laughs in Flowers. Si tratta di composizioni floreali d’ispirazione fiamminga, in cui la critica alla società contemporanea passa attraverso i fiori, inscenati in set complicatissimi, con dettagli perfettamente a fuoco, ma anche effetti pittorici che ricordano l’ammiccamento al pittorialismo nei ritratti di Weston, ottenuti con luce molto bassa, una lunghissima esposizione e l’aggiunta di fumo nell’aria. Tulipani striati, rose carnose, gigli e calle, già di per sé convettori di memoria pittorica attraverso i secoli, colti tra la loro massima bellezza e la malinconica incombenza del decadere, sembrano dipinti, addirittura sfumati, in immagini opulenti, fastose di colori a tratti vividi, altrove come filtrati, appannati da un affiorante senso di vanitas, in composizioni ricche di oggetti allegorici, citazioni e ammiccamenti al consumismo. Una messa in scena forte e trionfale, quella di LaChapelle, che pur nel risvolto critico-sociale e nella perversione di alcuni dettagli, come la strana vagina che sembra una bocca in The Lovers Flower, appare come un raffinato inno alla sensualità.


© Robert Gligorov, Tutti Frutti n 3, 1997
Courtesy LipanjePuntin artecontemporanea - Trieste
 

Una sensualità che attorno alla figura femminile, ai fiori e a un invasivo senso dell’eros non poteva non chiamare in causa l’opera di Nobuyoshi Araki, sorta anch’essa dalla stretta relazione fra arte e vita, se consideriamo che la prima ad attrarre il suo obiettivo fu la moglie durante il loro viaggio di nozze. A lei seguirono le donne dei quartieri a luci rosse e tutte le altre che offrirono il loro corpo all’arte. Nude o vestite di kimoni tradizionali a fiori, legate con corde secondo l’arte erotica del bondage, le donne di Araki sono sospese fra tradizione e modernità, in immagini in cui la passione per la vita e per tutto ciò che si trasforma nel tempo, come i suoi fiori, sensuali e potenti, crea una tensione emotiva tra bene e male, ironia e mistero, desiderio erotico ed espressione ludica, purezza e malizia. 


© Nobuyoshi Araki, Flower, Yamorinski and Bondaged Woman, 2006-08
 

Tra questi estremi temporali, che Sensi nudi propone affiancando le fotografie di Modotti e Weston a quelle di LaChapelle e Araki, entrano in gioco le opere di altri significativi autori contemporanei, meno dediti al tema dell’erotismo, ma che nella loro produzione annoverano lavori assolutamente adatti al dialogo proposto dalla mostra». Si va dai «fiori di Robert Gligorov Tutti Frutti n°2, dove la successione dei petali della rosa rossa si tramuta nell’incarnato del sesso femminile, e Tutti Frutti n°3, che traspone il rosso interno del fiore bianco in goccia di sangue» alle «due impattanti opere di Renato Grome, dove la presa ravvicinatissima del fiore traspone il principio della seduzione sul duplice fronte dell’altro da sé, in Seduce: Alien, e dell’appagamento, in Seduce: Calm, entrando nella profondità emozionale e sensoriale insita nella potenza dello sguardo».


© Rosangela Betti, Barbara, 1984
Courtesy CRAF - Spilimbergo (PN)
 

Dai «due ritratti di Rosangela Betti, intitolati Isabella Santacroce, che appaiono tesi tra la vita e la morte, la realtà e la finzione, nelle plastiche palpebre chiuse o nello sguardo aperto ma sbarrato dal bianco» alle «grandi fotografie di Izima Kaoru, appartenenti al progetto Landscapes with a corpse, poeticamente inquietanti, cruente e seducenti, interpretate da attrici e modelle sollecitate a mettere in scena, con abiti di marca, in tal caso firmati Vivienne Westwood, le loro fantasie di morte perfetta»; fino agli «inediti nudi maschili fotografati da Franco Fontana negli anni Novanta, accoppiati con la tecnica manuale del collage su fondi naturali o metropolitani, celebrano la bellezza del corpo nella quotidianità, in una tensione tra vero e fiction che toglie ai nudi la vibrazione epidermica e carnale per tradurli in monumenti all’esistenza».


© Izima Kaoru, Kato Ai and Nakashima Mika wear Vivienne Westwood 433
Courtesy Studio La Città - Verona
 

Infine, da citare - oltre alla video-installazione A fior di pelle, pensata ad hoc dal regista spagnolo Bigas Luna, e al video-omaggio di Elisa Serravalli We Love Tina, - la «personale di Gian Paolo Tomasi fondata sul concetto di “messa in scena” tra cinema, teatro e arte contemporanea, nello specifico di quell’espressione fotografica ottenuta dalla realizzazione di scenografie e travestimenti, plurali identità messe in scena da Tomasi fra star del cinema contemporaneo, come Monica Bellucci, e figure tese fra santi, miti e quotidianità attinte dalla pittura antica e dalla cultura contemporanea».


© Gian Paolo Tomasi, Monica Bellucci "San Sebastiano", settembre 2004

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