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Internazionale
Il racconto del mondo


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Se in Italia c'è una rivista che racconta il resto del mondo, questa è Internazionale.
Nato nel 1993, l'Internazionale è oggi una presenza riconoscibilissima nello scarno panorama editoriale italiano che guarda anche a cosa succede fuori dai propri, angusti, confini.

Quel che riproduciamo di seguito è l'editoriale scritto dal suo direttore, Giovanni De Mauro, in occasione dei dieci anni di Internazionale, lo scorso novembre 2003: storia, bilancio e proiezione di una rivista indispensabile per chi vuol saper del mondo.

"Le carte geografiche sono bellissime. E danno molte informazioni anche su chi le ha fatte. Basta entrare nell'aula di una scuola di New York o di Tokyo per scoprire che al centro, sulle carte appese al muro, ci sono l'America o l'Estremo oriente, non l'Europa. In Australia e in Nuova Zelanda, poi, sono sempre più diffuse le carte geografiche con il sud in alto. Ed è proprio in Australia che siamo andati a prendere la carta geografica che regaliamo in questo numero.



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In effetti che il nord sia sopra non è giustificato da alcuna ragione scientifica. È solo una convenzione. E come tutte le convenzioni è importante, perché determina il modo in cui vediamo e immaginiamo il pianeta in cui viviamo.
Ma non c'è bisogno di essere australiani per mettere il sud in alto: perfino Dante, nel De vulgari eloquentia, descriveva un'Italia dove il nord è in basso.
Raccontare il mondo anche a testa in giù, cioè cercare di fornire una visione diversa da quella solita, è proprio quello che abbiamo cercato di fare in questi dieci anni con Internazionale.
All'inizio non è stato facile, non solo per le difficoltà e i rischi di ogni nuova impresa editoriale. Ecco qualche titolo dai quotidiani di sabato 6 novembre 1993, il giorno in cui uscì il nostro primo numero: "Imboscata alla lira"; "Spadolini: non demonizziamo la Lega", "Mazzette d'oro Montedison: Di Pietro recupera 250 miliardi".
Ci guardavano come pazzi, gli editori e gli imprenditori a cui ci rivolgevamo per far partire Internazionale.
Era un'Italia tutta concentrata su se stessa, in piena Tangentopoli, e l'idea di un settimanale che raccontasse il resto del mondo sembrava una follia.



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Con il senno di poi, è stato un bene che nessun grande gruppo editoriale abbia voluto scommettere su quest'impresa: abbiamo attraversato momenti anche difficili, ma abbiamo avuto il privilegio (raro, ieri come oggi) di lavorare nella più assoluta e completa indipendenza giornalistica, politica, economica.
Questo per dire anche che non abbiamo attenuanti: siamo gli unici responsabili di tutte le scelte e quindi pure degli errori che abbiamo fatto. E se oggi Internazionale è una società editrice indipendente e in buona salute lo dobbiamo soprattutto alle nostre lettrici e ai nostri lettori. Il giornale è cambiato ed è cresciuto con loro. Sono loro che hanno deciso il nostro successo, ed è con loro che sentiamo di aver costruito e intrecciato un rapporto di dialogo, di scambio, di reciproco stimolo, spesso di dibattito.
Due vere e proprie rivoluzioni hanno segnato questi dieci anni e ci hanno modificato profondamente.



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La prima è quella di internet. Immaginate di dover fare un giornale come Internazionale senza internet. All'inizio avevamo una piccola rete di corrispondenti che da Hong Kong o da Mosca ci mandavano per fax gli articoli ritagliati dai quotidiani locali. Alcune riviste ci arrivavano per posta, altre in edicola, sempre con tempi lunghi se non lunghissimi. Poi è arrivato il web. Quasi dall'oggi al domani, abbiamo avuto a disposizione in tempo reale un'enorme edicola mondiale a cui attingere. È stato così per noi ma anche per tutti gli altri. Per i giornali italiani, innanzitutto, che sempre più spesso pubblicano articoli dalla stampa straniera o si ispirano a essi. E naturalmente anche per i lettori. Prima, chi era interessato allo Sri Lanka o al Burkina Faso non aveva fonti fresche e facilmente raggiungibili. Oggi basta avere un computer e un collegamento, e si ha accesso a un'enorme quantità di notizie dettagliatissime e di prima mano.



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Selezionare è diventato cruciale, ed è stata questa l'idea che ci ha consentito di crescere grazie all'improvvisa disponibilità di informazioni che si è riversata su tutti noi con internet. Fornendo un quadro generale e soprattutto scegliendo nel grande mare della stampa mondiale quegli articoli, quelle inchieste e quei reportage che possono sfuggire anche al lettore più attento.
L'altra rivoluzione ha il nome di una data. Se negli Stati Uniti l'11 settembre del 2001 è soprattutto il giorno di una ferita profonda, in Europa e in Italia è stato il momento in cui un altro mondo è entrato nelle nostre case senza bussare alla porta, facendo irruzione attraverso la tv. L'11 settembre ha aumentato il bisogno di informarsi, di capire e di ascoltare i punti di vista diversi. E nel suo piccolo lo dimostra anche Internazionale, che da allora ha raddoppiato le copie vendute.
Queste due rivoluzioni, così diverse e lontane, hanno prodotto cambiamenti non reversibili e i loro effetti si faranno sentire ancora a lungo.



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Ogni bilancio che si rispetti deve concludersi raccontando i progetti futuri. Abbiamo deciso di dare vita a una casa editrice. Cercheremo di dar voce ad autori stranieri poco conosciuti e pubblicheremo libri che parlino del mondo contemporaneo, senza distinzioni di generi: saggistica, narrativa e anche fumetti. Se è vero che in Italia ci sono molti editori che fanno già un ottimo lavoro, noi pubblicheremo – sulla base di quello che abbiamo imparato – pochi titoli accuratamente selezionati.
Dal prossimo anno, i libri di Internazionale continueranno in libreria l'approfondimento cominciato sulle pagine del settimanale. Che resta, naturalmente, il nostro impegno di tutti i giorni: per fare di Internazionale un giornale sempre più autorevole e diffuso, per selezionare e pubblicare articoli e immagini che raccontino gli altri modi di vita, le altre abitudini culturali, le nuove ricerche scientifiche e tecnologiche, i nuovi bisogni e le nuove priorità di un mondo a testa in giù".

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