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Gianni Galassi, L'Età del Ferro
Dall'8 maggio la Galleria Arteutopia (www.arteutopia.it) di Milano presenta la personale di Gianni Galassi "L'Età del Ferro" : 35 immagini 60x90 stampate con materiali e tecnologie Epson. Di molte
fabbriche, per buona parte del Novecento luoghi simbolo della storia e dell'economia dei paesi avanzati, sopravvivono manufatti che oggi si rivelano più longevi delle attività che vi erano ospitate. L'architettura industriale del secolo passato, anche quando diventa archeologia, è ricca di valori estetici (quasi sempre involontari) che la presenza della più celebrata monumentalità classica tende a mettere in ombra. Con l'abbandono della manifattura le cosiddette economie avanzate rinunciano all'idea stessa del lavoro, che è da sempre produzione di ricchezza, a vantaggio della finanza, che è soltanto spostamento di ricchezza. E, man mano che il lavoro diventa un disvalore, la fabbrica perde la sua funzione di luogo di aggregazione dell'homo faber.

© Gianni Galassi
Fabbrica - Montalto di Castro 2007


© Gianni Galassi
Fabbrica - Amburgo 2007

© Gianni Galassi
Fabbrica- Kiel Kanal 2007



Sergey Maximishin, L'ultimo Impero

La Galleria Grazia Neri di Milano presenta fino al 18 aprile L'Ultimo Impero, fotografie del fotoreporter russo Sergey Maximishin, un ritratto della Russia oggi, a vent'anni dalle grandi riforme della Perestroika e dagli sconvolgimenti politici mondiali che hanno radicalmente trasformato gli equilibri dell'ex-blocco sovietico. Maximishin, con uno sguardo attento, discreto e sempre ironico, ha indagato problemi e contraddizioni legati alla quotidianità e ad aspetti della vita sociale di un Paese in forte e violenta trasformazione, ma ancora legato alla tradizione.


The State Russian Museum. Saint Petersburg. August 2000
© Sergey Maximishin

"Zov Ilytcha (Lenin's Mating Call) restaurant.
Sain Petersburg - November 2003
© Sergey Maximishin



Thomas Struth, retrospettiva

Fino al 28 aprile retrospettiva di Thomas Struth al Madre di Napoli: dalle prime fotografie in bianco e nero per arrivare a presentare il nucleo più consistente della sua produzione, le immagini in grande formato che ritraggono paesaggi urbani e paesaggi naturali, interni di musei, facciate di chiese e ritratti. Immagini nelle quali il fotografo tedesco sembra ricercare atmosfere in grado di evidenziare il senso della collettività e della quotidianità, attraverso uno stile asciutto, immobile, privo di retorica. L'unione tra l'uomo e i suoi ambienti genera atmosfere rare. Così anche nelle immagini scattate all'interno dei musei, dove l'artista osserva il pubblico che contempla i quadri, ritraendo così la condizione esistenziale dell'uomo confrontato con la propria immagine nell'opera d'arte. Catalogo Electa, 35 euro, pagine 132. www.museomadre.it - www.electaweb.it


 
Louvre Parigi, 1989 Hamburger Kunsthalle, Amburgo
© 2007 Thomas Struth




Luigi Tazzari, Visual Echoes

Dal 28 marzo al 14 aprile l'Urban Center di Ravenna ospita la mostra fotografica Visual Echoes, opere di Luigi Tazzari raccolte nell'omonimo libro edito da Damiani (96 pagine, 45 illustrazioni, www.damianieditore.it). Dopo l'omaggio alla nascita nel 2004 con I primi cinque minuti della mia vita, al mare nel 2005 con "Un'estate al mare" e al porto nel 2006 con "Lat. 44'29', Long. 12'17' Est", il fotografo ravennate torna al suo ambiente balneare con queste opere che si allontanano dal realismo fotografico e vogliono portare in un mondo evanescente e onirico. Opere da miopi, immagini dai contorni solo sfuocati oppure echi di un ricordo visuale rarefatto dai passaggi delle nostra memoria? Le foto in mostra fanno emergere da un'atmosfera trasognata e irreale i colori dimenticati della spiaggia assolata, le forme dei bagnanti sulla battigia, le trame degli ombrelloni riposti dopo la stagione estiva, trasformando i luoghi balneari in luoghi di miraggi fantasmagorici. "Anche le forme mostrate da Tazzari sono fotografie", scrive Massimo Mussini nella presentazione del libro, "dato che sono ottenute direttamente con la fotocamera, senza ulteriori interventi correttivi o trasformativi".





Premio Yann Geffroy

La XIX edizione del premio Yann Geffroy ha visto premiato Alfredo Covino per il servizio fotografico a colori “Repubblica di Moldova, cara Moldova” che documenta la scelta di una famiglia moldava emigrata a Roma per necessità economiche, di ritornare ogni estate nel proprio paese natale, Floresti, ritrovando con piacere ed emozione la vita di sempre, gli affetti familiari, gli amici rimasti. Il fotografo - recita la motivazione - è riuscito, con uno stile diretto e partecipativo, a mostrare il profondo valore culturale e affettivo che il senso di appartenenza alla propria terra e alla propria identità rappresenta per molte famiglie emigrate, soprattutto quelle provenienti dall'est Europeo. La giuria consiglia al fotografo di continuare la sua indagine ritraendo la famiglia anche nella propria quotidianità a Roma. La giuria ha inoltre assegnato una menzione d'onore a Giulio Di Sturco per il servizio a colori “Piduguralla, l'inferno dell'India”, che documenta la vita degli abitanti di un villaggio indiano che lavorano sottoposti a durissime condizioni in una cava di calce. Per aver saputo evidenziare, spiega la motivazione, il positivo apporto delle attività scolastiche e formative organizzate lì per i loro figli dalle ONG Assist e Mani Tese e la capacità delle famiglie stesse di ricreare e mantenere pur in tali condizioni relazioni familiari accettabili.


© Alfredo Covino

© Giulio Di Sturco

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