Intervista a Christian Patrick Ricci

A cura di: Dino del Vescovo


La richiesta crescente di olio di palma, su scala mondiale, è alla base della distruzione di enormi superfici di foresta. Le piantagioni di palma da olio del Sud-est asiatico e dell'America Latina minacciano l'esistenza dei più grandi polmoni verdi del Pianeta e degli ecosistemi che li popolano, esponendo ad alta rischio di estinzione alcune specie animali: su tutti gli orangutan del Borneo. La palma da olio avanza lentamente anche nella foresta pluviale peruviana con inevitabili ripercussioni sull'ambiente e sulla popolazione locale. Il team di I AM EXPEDITION, con il patrocinio di FSC (Forest Stewardship Council) e capeggiato dal fotografo naturalista Christian Patrick Ricci, quindi composto dai fotografi e videografi Mirko Sotgiu, Paolo Petrignani e Manuel Caron, cui si aggiunge il supporto di Mario Zaramella alla comunicazione e al marketing, si appresta a partire per il Perù. Due spedizioni di circa un mese ciascuna – nel momento in cui pubblichiamo mancano 119 giorni alla partenza - faranno il punto della situazione e documenteranno, così come fatto con il Borneo, attraverso immagini e video documentari, lo stato del disboscamento locale.
La Nital di Moncalieri, insieme al marchio Nikon, continua a essere il primo sostenitore di ogni spedizione.

Buongiorno Christian, parliamo un po' di I AM EXPEDITION, un programma anzi una missione. Quando nasce l'idea e quale obiettivo si pone?

Personalmente sono sempre stato sensibile alle tematiche ambientali ma avendo lavorato quasi sempre per gli enti e le organizzazioni turistiche dei paesi in cui ho viaggiato, ho mostrato di questi soprattutto il lato bello, quello più attraente. Nei miei viaggi ho però assistito anche a distruzione e a devastazione. Mi sono così fermato a riflettere e ho realizzato che sarebbe stato interessante definire un progetto che offrisse a chi non ha la possibilità di recarsi in prima persona nei luoghi più bistrattati del pianeta, la possibilità di prendere atto di situazioni anche molto preoccupanti, attraverso le immagini e i video. Ho così radunato, più di un anno fa, i miei più stretti collaboratori – siamo cinque in tutto – e insieme abbiamo dato vita a "I AM EXPEDITION". Tutto ciò con l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle problematiche ambientali ed ecologiche che affliggono alcune aree del nostro Pianeta.

Quindi, per ogni spedizione, partite e tornate in cinque?

Non proprio. Anche se il team è composto da cinque elementi, siamo in quattro a partire. Mario Zaramella si occupa di comunicazione e marketing per cui lavora dietro le quinte.

La prima destinazione è stata il Borneo. Perché ci siete andati due volte?

Due volte perché nella prima spedizione prendi i contatti, ti guardi intorno, rifletti sulla situazione, pianifichi il lavoro. La seconda volta è quella in cui ti concentri sulla fotografia e sul video, su tutto ciò che vorresti mostrare ai destinatari del tuo messaggio.

Quindi la spedizione nella foresta amazzonica del Perù prevede due trasferte?

Sì. Andremo due volte, restando circa 60 giorni in tutto. Non riusciremmo a fare le cose per bene se concentrassimo i nostri sforzi in una sola missione.

Come vi muoverete? Avete già un piano?

Sì, abbiamo già un'idea di quello che faremo. Saremo di base in una foresta certificata FSC e da lì ci sposteremo in aree di foresta dove si abbattono alberi illegalmente per fare spazio alle coltivazioni di palma da olio (Elaeis guineensis, ndg).

Perché si parla tanto di palma da olio? Quali problemi genera a livello ambientale la sua monocoltura intensiva?

Se ne parla per due motivi strettamente legati fra loro: l'uso diffuso dell'olio derivato dai suoi frutti (olio di palma, ndg) nella preparazione degli alimenti che ogni giorno comperiamo al supermercato e la deforestazione incontrollata e indotta dalla sua coltivazione.
La palma da olio infatti ha origini in Africa, in una vasta zona compresa fra il Gambia e l'Angola, quindi non è endemica dei luoghi in chi viene piantata e coltivata oggi, come il Borneo e il Perù. Per sopravvivere ha quindi bisogno di un terreno quanto più simile a quello del suo luogo di origine. Scopo che in Borneo e ovunque questa specie arborea venga coltivata, si raggiunge arricchendo il suolo con additivi chimici e pesticidi. Le aree coltivate a palma da olio non sono quindi riutilizzabili, né si prestano a coltivare altro o a far sorgere nuove foresta. La coltura intensiva della palma da olio non è quindi sostenibile.

E come pensi che si possa rimediare a questa situazione?

Sarebbe opportuno che i consumatori comprendessero l'entità del problema e smettessero di acquistare prodotti contenenti olio di palma. Così facendo, tutte quelle aree di foresta risparmiate dal taglio indiscriminato, potrebbero essere sfruttate in modo razionale, come fa la FSC con le sue foreste certificate, producendo legno da impiegare nell'edilizia e nell'arredamento (parquet, porte, legni per piscine e esterni). Una foresta certificata prevede infatti la ripiantumazione degli alberi in periodi di tempo prestabiliti.

Come si giustificano i produttori industriali che ne fanno uso?

I produttori conoscono bene le problematiche legate all'uso di olio di palma e per aggirare il problema hanno costituito un marchio certificatore che si chiama RSPO il quale attesta la sostenibilità delle colture di palme da olio da cui si approviggionano. Una sorta di scusa semantica che mette loro al riparo dalle accuse ma che di fatto non migliora la situazione. L'ho già detto, la palma da olio, se coltivata in quantità enormi, non è di per sé sostenibile!

Tutti mostrano insensibilità verso il problema? Oppure c'è qualcuno, fra i produttori, che prende provvedimenti?

Direi che qualcosa, per fortuna, sta cambiando. Novi, per esempio, ha smesso di usare olio di palma nella preparazione della sua crema al cioccolato. Ed è notizia recente che Galbusera, nella linea di prodotti Misura, sta eliminando l'olio di palma in favore dell'olio di girasole, anche meno dannoso per la salute. Alla fine siamo noi, con le nostre abitudini e la nostra volontà, a determinare il mercato. Siamo sempre più informati, grazie anche alla Rete, ed è importante perseverare in una buona educazione alimentare.
Non ci sono più scuse: da dicembre 2014 c'è l'obbligo di indicare, sulle etichette, la presenza di olio di palma.

Mancano poco più di 100 giorni alla vostra terza spedizione. Perché il Perù?

Andiamo in Perù perché anche lì si inizia a ragionare in termini di palma da olio su larga scala e quindi di monocolture intensive. L'idea trae inoltre spunto dall'uccisione di Edwin Chota, attivista indigeno ammazzato dai boscaioli impegnati nel taglio illegale del legno.
Vorrei incontrare la delegazione di cui Edwin faceva parte per comprendere la gravità del problema, intervistare qualcuno e fare il punto sulla situazione peruviana.

Quali saranno le condizioni climatiche in cui effettuerete i vari servizi fotografici e video? Quali cautele impongono?

La condizioni climatiche della foresta tropicale non sono facili da tollerare: fa caldo ed è molto umido. Prova a pensare alla sensazione che si prova quando si entra in una serra in cui si coltivano piante tropicali. Ecco, le condizioni di temperatura e umidità sono esattamente quelle. Occorre avere un grande spirito di adattamento, conoscere a priori la situazione incontro alla quale si va e soprattutto avere la giusta predisposizione mentale. Per quanto riguarda la tenuta delle apparecchiature, devo dire che le ammiraglie Nikon, come la reflex D3 e D4, se la cavano molto bene. I modelli al di sotto dei top di gamma, a volte mostrano qualche limite sui contatti elettrici fra obiettivo e corpo macchina, ma alla fine se la cavano lo stesso. Di notte poi, tutto viene conservato nelle casse Explorer con i sali necessari ad assorbire le particelle d'acqua contenute nell'aria.

Usi entrambe le reflex per fotografare e filmare?

Assolutamente sì.
Al rientro, in post-produzione, si prende ciò che serve dalle varie schede di memoria. Devo dirti inoltre che in foresta si ottengono time-lapse bellissimi.

Time-lapse? Realizzati su quali soggetti?

I più spettacolari riguardano le formiche che in fila indiana si susseguono a milioni occupando sempre le stesse posizioni. Al secondo posto ci sono le nebbie che in foresta evolvono in modo davvero spettacolare.

Dove soggiornerete durante la permanenza in foresta? E come si fa a trovare l'energia elettrica necessaria a ricaricare le batterie?

Per quanto riguarda la prima missione, andremo a Tambopata dove esiste un avanposto per ricercatori, anche se abbastanza spartano. Avremo un tetto sopra la testa e dormiremo in amaca. Altrove dormiremo sempre in amaca ma a cielo aperto, protetti solo da un telo e dalle zanzariere. Per quanto riguarda le fonti di energia, abbiamo a disposizione degli inverter che colleghiamo ai generatori presenti nei vari mezzi di trasporto. Considera che in media si è a centinaia e centinaia di chilometri dal primo centro abituato.

Un servizio così approfondito non rischia di essere scomodo per qualcuno? Come gestite questo aspetto della missione?

Vedi, nelle prime due missioni non abbiamo avuto alcun problema. Siamo stati accolti sempre con rispetto anche da chi operava sul filo della legalità. Certo, l'aspetto sicurezza è da tenere in considerazione ma noi ci sentiamo abbastanza tranquilli. Per me è una mission e quindi accetto tutto quello che viene.

Con quale corpo macchina lavorerai e con quali obiettivi?

Porterò con me le mie Nikon D4 e D3, in attesa che esca la D5 (sorride, ndg). Avremo a disposizione anche una D800 e una D700. Come ottiche metterò in zaino l'AF-S Nikkor 14-24mm f/2.8G ED, l'AF-S Nikkor 24-70mm f/2.8G ED, l'AF-S Micro-Nikkor 105mm f/2.8G IF-ED, l'AF-S Nikkor 200-400mm f/4G ED VR II e infine l'AF-S Nikkor 70-200mm f/4G ED VR.

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