Alessandro Vasari

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Destino d'arte


"Quando un raggio di sole, da un cielo coperto, cade su un vicolo squallido è indifferente che cosa tocchi: il coccio di bottiglia per terra, il manifesto lacerato su di un muro o il lino biondo della testa di un bambino.
Esso porta luce, porta incanto, trasforma e trasfigura". Queste parole di Hermann Hesse rendono bene l'idea di cosa mi muove quando sono dietro un obiettivo.

Probabilmente era destino. Nasco a Roma figlio d'arte con origini toscane d'Arezzo da dove il mio bisnonno paterno Alessandro si trasferì con lo zio Cesare per andare a fotografare la Città Eterna e la sua arte.
I due si trovano così bene che decidono di mettere radici, tanto solide che scatto dopo scatto "i Vasari", dal 1870, ad oggi vivono di fotografia senza soluzione di continuità.

Con mio padre Giorgio e i miei fratelli Andrea e Francesco realizziamo fotografia d'arte, di architettura, industriale, pubblicitaria e di ritratto e siamo presenti negli archivi d'arte di mezzo mondo, dal Museo della Fotografia George Eastman House di Rochester all'Università di Melbourne.

Sono cresciuto passando per le "oscure camere" tenuto per mano da mio nonno e da mio padre, ai quali devo la tecnica. Non è stato facile essere figlio d'arte, perché mi sentivo in una gabbia già bella e pronta e ho lottato a lungo con me stesso per accettarla.
Il bisogno di movimento che ha sempre segnato le mie ore non mi ha permesso di apprezzare nella giusta misura il magico lavoro di camera oscura, che ho sempre preferito affidare ai laboratori specializzati.

La scintilla della passione è scoccata con la prima macchina fotografica, un corredo Leicaflex SL con ottiche 35-21-135 mm (tutto perso per mano di ignobili ladri). Giornate intere passate a provare e riprovare, giocando sulle potenzialità e profondità di campo delle diverse focali: con ciascuna fermavo un attimo di mondo in modo diverso esplorando nuovi e sconosciuti spazi che prima non avevo considerato.


Così ho iniziato a vedere ogni cosa in modo diverso e soprattutto fotografico.
Da allora cerco un atto intimo e solipsistico con l'attrezzo fotografico, dando un'espressione fotografica al mio andare per la vita, trasformando la realtà circostante in icona fotografica, che mi dia possibilità di memoria: una sensazione visiva accompagna le mie peregrinazioni alla ricerca del giusto punto di vista che per me rappresenta un punto nodale, appassionante ed esaustivo, dell'esercizio fotografico.

Mi considero un Giano bifronte: con una faccia lavorativa tecnica e canonica con poco spazio per la fantasia e un'altra "ricreativa" che sublima l'atto fotografico attraverso la realizzazione di fotografie astratte e informali che compongono il mio percorso "altro".

Questa "ricreazione" mi conduce a momenti di totale anarchia onirica in cui nego ogni convinzione tecnica portando agli estremi le possibilità di automatismo delle attrezzature, che cerco di usare sperimentandone i limiti.
Puntando l'obiettivo verso sensazioni di libero piacere estetico, scelgo soggetti tra i più disparati: dal paesaggio al particolare inanimato di un vecchio muro. Tutti, però, devono avere il potere di attivare il mio sguardo e il fatidico "scatto".


Sono stato molto condizionato dalle occasioni che il lavoro di fotografo mi ha dato: i luoghi (musei, chiese, gallerie d'arte, teatri, industrie, centrali termoeletriche), le persone (artisti, studiosi, operai), hanno formato e affinato la mia sensibilità nella ricerca di una fotografia che sintetizzasse la realtà in forma d'arte.
Attraverso il mio obiettivo passano frammenti di spazio inquadrati e riprodotti come interpretazione di una realtà "ulteriore" che nasce dalla mia fantasia.

Dove normalmente si "guarda senza vedere" io cerco di captare il momento e comporre il mio fotogramma di materia vibrante, di andare con l'occhio nel mirino vado oltre la cognizione comune delle cose, scoprendo un'anima nascosta al di là del visibile immediato. La fantasia, sollecitata dalle architetture intime della materia scavata dalla luce e trasfigurata dalle ombre, innesca un occhio acuto.

Sono dominato dal bisogno di riprodurre sull'emulsione la sensazione di bellezza che provo in un momento apparentemente insignificante ma invece pieno di cromatismi e di chiaroscuri insostituibili.
Allora il "click" diventa il rumore più affascinante, che scandisce lo sguardo fotografico e lo fissa in uno spazio di tempo scelto come unico e irripetibile, grazie alla luce che disegna il fotogramma. La luce attraversando l'obiettivo vive nel fotogramma, essa è l'incantesimo in cui ogni fotografo si deve perdere ogni volta che può. La fotografia come possibile forma d'arte è un mio pensiero fisso non risolto.
Sono convinto che siano necessari anni di sedimentazione e stratificazione di esperienze per arrivare ad apprezzare la bellezza della propria arte. Per questo registro e archivio, mostrando molto poco della mia fotografia "altra".

Oltre alle fotocamere a corpi mobili (banchi ottici) e di medio formato che con l'ausilio di illuminatori in luce continua o flash uso abitualmente nel mio lavoro, da anni mi accompagnano, molto spesso maltrattati, i corpi Nikon (F, FM, FM2, F3,F5, F301,F801, F90x, F100) con lenti Nikon da 20, 35, 50, 105 micro e 80-200: acqua, sabbia, polvere, cadute senza mai lasciarmi al buio. Uso pellicole Kodak e Fuji.


I fotografi Vasari
Dal 1870 l'attività dei fotografi Vasari costituisce un prezioso contributo alla documentazione della vicenda artistica italiana e in generale per la memoria iconografica della nostra storia.

I momenti fondamentali delle trasformazioni del paesaggio urbano di Roma, possono essere percorsi attraverso le registrazioni puntuali dell'attività professionale di cinque generazioni di fotografi.
Sono note le vedute della "Roma Capitale", di Via Nazionale e Piazza dell'Esedra, le fotografie dei cantieri del ventennio, fino ad arrivare alla ricostruzione del dopoguerra, alla pensilina della stazione Termini, alle opere per le Olimpiadi del 1960, così come è ritratta l'opera dei principali artisti e architetti e l'evoluzione di chiese e musei nel corso degli ultimi cento anni di storia dell'area romana. Questo consistente patrimonio documentario è attualmente diviso in tre fondi distinti.

Gran parte dell'archivio storico dei Vasari (5.000 lastre in vetro 21x27 cm. ed altre 13x18 cm.) è attualmente consultabile presso la Calcografia-Istituto Nazionale per la Grafica (Via della Stamperia 6 00187 Roma, tel. 06-699801/69921454, fax 06-69980229).

La produzione "conto terzi" dal 1910 circa all'immediato dopoguerra (350.000 tra lastre e negativi BN e Colore) fu acquistata dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell'Università di Parma (Piazzale Pace 7/a 43100 Parma, tel. 0521-270847/270798, fax 0521-207125).
Un'ultima porzione più eterogenea consiste nell'archivio privato dei Vasari (attualmente circa 40.000 tra pellicole di vari formati positive e negative BN e Colore); questo fondo, in continua espansione, comprende la produzione fotografica dei Vasari dagli anni ‘50 ad oggi.

Per saperne di più:
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e-mail: info@alessandrovasari.com

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