Boxe: nobile arte della difesa

A cura di: Giorgio Salvadori

di Giorgio Salvadori
 

Così era definito il pugilato nei primi anni del ‘700 quando a Londra nasceva la prima scuola di boxe.
Un viaggio nel mondo delle palestre e degli atleti che si affrontano in uno sport violento ma leale. I colpi si susseguono senza mai violare le regole, con l'obiettivo di vincere, di atterrare l'avversario.
L'obiettivo coglie immagini degli ambienti e dei protagonisti, impegnati allo spasimo in allenamento o in un incontro. Novizi o esperti, tutti portano i segni della lotta, della fatica e dell'esperienza acquisita in queste ore di passione per il proprio sport.

Il pugilato è l'arte di tirare pugni, rispettando regole come quella di non colpire l'avversario sotto la cintura o tirare ginocchiate e calci.

Uno sport, la boxe, dove si devono “usare le braccia come pistole ed il corpo come munizioni”.
Ho iniziato a praticare e ad apprezzare la boxe sin da ragazzo e non solo per la parte relativa al combattimento ma anche per quella riguardante la preparazione: i guantoni, la corda, i sacchi appesi al muro, il ring e persino l'odore di vecchio che si respira nella palestra.

La mia passione per questo sport non è mutata; oggi la vivo da spettatore, ma ancor più da appassionato fotografo.
Da diversi anni non incontravo il mio amico e compagno di palestra Costantino, Tano per gli amici. Grazie a lui, ora maestro di boxe, riassaporo l'aria che si respira all'interno di questo ambiente.
Ritrovarmi tra i pugili, anche se in veste di fotografo, è un'emozione fortissima: la palestra vuota, i sacchi appesi immobili, che sembra parlino tra loro di vecchi ricordi, di vecchi pugili…
…di un passato molto vicino nel ricordo.

Scendo gli scalini che mi portano tra loro, non con scarpette di cuoio, tantomeno con guantoni e paradenti, ma con la mia Nikon tra le mani.
Devo usarla come “un diretto”, con angolazioni diverse come un gancio o un montante ed impietoso come un ko!
La palestra adesso si anima e l'orologio a parete suona l'inizio ripresa.

Mi muovo tra loro con fare deciso, con continui scambi di guardia anche se il dito con cui scatto è sempre quello della mano destra. I primi scatti sono di studio, proprio come la prima ripresa di un incontro dove si prendono le misure. Scatto e subito dopo mi allontano un po' come fa sul ring un boxeur agile e ballerino.

Il mio obbiettivo passa da un pugile all'altro, da un lato per prevenire ogni singolo pugno, movimento ed espressione; dall'altro perchè nessuno si senta veramente fotografato.

Tutti, indistintamente, sono in movimento; c'è chi salta la corda, chi colpisce il sacco, chi fa il “vuoto” davanti allo specchio.

Lo specchio è il silenzioso protagonista e osservatore del movimento, un po' come la mia Nikon che, in più, registra e trasforma in immagini le scene davanti a me. Immagini che danno l'impressione di far parte di un film, sembra di averne in mano la pellicola e di ritagliarne tanti piccoli pezzetti.
Tra il pallone elastico ed i sacchi scorgo sia i novizi che i pugili esperti: i primi, riconoscibili dai movimenti lenti e la postura impacciata mentre i secondi appaiono tra gli attrezzi quali combattenti spavaldi e diversi anche nel viso.

Sul quadrato salgono due combattenti compagni d'allenamento e al suonare del gong fanno iniziare la prima ripresa di “guanti”, come si dice in gergo.
Salgo a bordo ring con la mia Nikon che deve esser rapida come un diretto e precisa come un arbitro.
Un combattente sferra un gancio sinistro colpendo il compagno avversario, al volto.

Qui mi ritornano in mente le parole di un mio caro maestro che diceva: "un match è come una guerra: devi immaginare l'avversario forte, ma nello stesso tempo debole; lasci stare la sua forza e fai leva sulla sua debolezza; studi come si è comportato in passato per cercare di prevedere come si comporterà in futuro, devi sempre rispettarlo”.

Anche un semplice allenamento lascia sul viso segni di fatica, lotta e sofferenza.

La sofferenza ancor di più la trovo a bordo ring di una riunione pugilistica.
Sono arrivato al palazzetto dello sport quando ancora gli organizzatori stavano ultimando i preparativi e trovo subito la postazione migliore per la mia Nikon: il bordo ring!
Da qui posso cogliere tutti i momenti più significativi e anche i più tragici, da qui riesco a sentire i secondi, così si chiamano gli allenatori all'angolo, incitare i propri atleti. Da qui la mia Nikon registra un match vero!
Per fare buoni scatti che documentino il match devo prevedere quello che succederà; mi rendo conto che l'aver praticato questo sport in passato mi aiuta: infatti solo occhi attenti ed esperti riescono ad intuire il colpo che il pugile intende sferrare.

So che tutti e due i pugili vogliono atterrare l'avversario con colpi veloci, quasi invisibili; so che le combinazioni di colpi saranno così veloci da non dare neanche a me il tempo di pensare, ma solo di scattare.
Gli incontri si susseguono per tutta la serata e anche qui, sia dilettanti che professionisti, trovano il loro attimo di gloria o di sconfitta.
Il momento della sconfitta è quello in cui sconforto e disperazione prendono il sopravvento sulle ferite riportate durante l'incontro: i segni della lotta sono evidenti sia sul viso del vincente che del perdente.

Raggiungere gli spogliatoi non mi è difficile, lo è molto di più colpire con una fotografia l'atleta sconfitto.
Il palazzetto si svuota, i pugili tornano alle loro palestre con un'esperienza in più da raccontare: questa è la boxe… questa è la vita.

Ringrazio la palestra Tano's Boxe di Genova e l'organizzazione di Rosanna
Conti Cavini che mi hanno permesso di accedere alle loro palestre e manifestazioni.

www.giorgiosalvadori.com

Giorgio Salvadori
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