Fotografare i grandi Parchi Italiani

A cura di: Saul Ripamonti & Simone Stanislai, Agenzia Pixcube - www.pixcube.it

Fotografie di Saul Ripamonti, Simone Stanislai e Lorenzo Shoubridge.


Esercizi Estetici, Tecniche Fotografiche e principi etici.

Fotografare i grandi parchi italiani, rispettandone regole e principi etici, è sicuramente un'esperienza unica nel suo genere ed appagante per qualsiasi fotografo. Un team di fotografi professionisti selezionati e coordinati dall'agenzia pixcube.it, in collaborazione con Nikon Italia, lavora quotidianamente per offrire esperienze di primo livello, garantendo ai partecipanti un'educazione fotografica multiforme, basata su un approccio consapevole, uno sguardo sensibile e una serie di esercizi tecnici volti a costruire una solida base su cui innestare la propria creatività e il proprio gusto. Questi esercizi sono studiati e pensati ogni volta sulla base delle caratteristiche dell’area protetta in cui si andrà ad operare e del momento dell'anno in cui si svolge il workshop.

Il fotografo che si approccia con metodo ed educazione all'ambiente, diventa per noi a tutti gli effetti un "ambasciatore" della sua bellezza e della sua biodiversità. La qualità del suo lavoro non prescinde mai dalla cura e dalla consapevolezza di ciò che incontra e per questa ragione acquista ancora più valore. Nel suo operato è ben accolto dai residenti perchè le sue immagini nascono dal rispetto di valori fondamentali condivisi, valori che sono parte integrante del territorio stesso. È una relazione diretta e sincera. La terra infatti restituisce sempre, in forme e luci diverse, l'impegno e la dedizione spesi nel proteggerla e nell'ascoltarla. Abbiamo un solo Pianeta e di questo siamo coscienti.

Oggi milioni di foto vengono scattate e condivise tra le persone. Lo sviluppo delle tecnologie e delle connessioni, ha comportato una rivoluzione nel mondo della fotografia e della comunicazione: si sono modificati i nostri comportamenti ed il nostro modo di rapportarci con il mondo. In quella che può essere definita una vera e propria "bulimia di immagini" che vengono scattate e consumate ad una velocità incredibile, trova ancora un senso il piacere di scattare per cogliere e preservare l'incredibile varietà di dettagli del mondo che ci circonda e tramandarlo alle generazioni a venire. In questa repentina accelerazione che ha avuto la fotografia nell'ultimo decennio, noi crediamo ancora che valga la pena rallentare e affinare lo sguardo, affinchè resti sempre profondo e mai superficiale.

Inoltre, sfogliando riviste e soprattutto navigando tra siti internet, social media e news, ci rendiamo conto dell'importanza che riveste la qualità e la veridicità delle immagini e dei contenuti che vengono proposti. La superficialità della visione fa sì che spesso abbiano più appeal e riscuotano più successo contenuti che strizzano l'occhio alla moda del momento, fatta di filtri e inquadrature che si ripetono uguali a se stessi. Ma cosa resterà di tutte queste immagini? Diventeranno storia e memoria oppure svaniranno alla stessa velocità con cui aggiorniamo il nostro feed di instagram? E’ giusto allora chiedersi anche cosa possiamo fare con le nostre fotografie e cosa le fotografie possono fare per gli altri.

Come possiamo sviluppare un nostro gusto personale che sia in armonia con la realtà che osserviamo e che non ne restituisca un simulacro posticcio? Come possiamo muoverci in questi ambienti naturali e protetti senza contaminarli? Quali principi etici è giusto osservare e rispettare? Quali sono le fotografie che sfideranno il tempo e magari verranno stampate? Come documentare il territorio ed i paesaggi cercando di fornire una visione originale e non standardizzata? E quali tecniche fotografiche sono consigliate a tal fine e quale riflessione deve compiere il fotografo che si approccia a questo genere di immagini?

In questa edizione ci poniamo come obiettivo quello di sviluppare concetti ed idee che possano fare da trait d'union tra queste nostre domande. Consideriamo sempre un valore aggiunto e un aiuto per noi il poter ascoltare i pensieri raccontati da chi vive il territorio, che divengono il sottofondo su cui impostiamo una serie di esercizi tecnico-fotografici, il tutto con lo scopo di coniugare sempre la parte esperienziale della fotografia di viaggi e documentaria alla tecnica vera e propria. Per formare persone in grado di camminare con passi attenti nel territorio di oggi e per tramandare questo insegnamento alle generazioni che verranno.

Portiamo con noi tre concetti che sono diventati quasi un mantra, un credo a cui ci atteniamo sempre. Perché chi si approccia con metodo ed educazione a questo genere fotografico è innanzitutto un ambasciatore, capace di infondere nel suo lavoro qualità e unicità, ben accetto dagli abitanti del territorio e in grado di muoversi in sintonia con l'ambiente naturale. Ecco i nostri tre principi cardine:

1. “Che le tue immagini siano lo specchio del tuo cuore”. La vita si svolge sotto i nostri occhi e noi ne siamo parte integrante. Nella frenesia che caratterizza la società odierna, l'unico vero modo per essere “originali” è fermarci ad ascoltare e mettere in comunicazione il mondo esterno con la nostra interiorità. Quindi, prima ancora di scegliere il mezzo da utilizzare per fare le vostre foto, che sia una reflex, una mirrorless o un telefono, per diventare un buon fotografo è fondamentale imparare ad ascoltare ed ascoltarsi, cercando di vedere il mondo con amore e apprezzando le piccole grandi cose della vita. Solo con il cuore ben predisposto avrai la possibilità di sperimentare quella speciale connessione che metterà “sulla stessa linea mente, occhi e cuore” per dirla alla Cartier-Bresson. In caso contrario le tue immagini, seppur tecnicamente perfette, risulteranno fredde e impersonali. Sviluppare un proprio gusto personale, documentandosi per produrre qualità ed autenticità è un lavoro che col tempo diventa naturale, ma spesso non è il vero punto di partenza. Non importa quale sia lo stile in cui ti cimenti, l'ottica preferita, il soggetto prescelto. Quando segui il cuore, la tua produzione è unica. Il cuore ti porta a cogliere il tuo desiderio più profondo e la bellezza che viene prodotta arriva direttamente dalla parte che ama. Non scatti più per essere amato, ma lo fai per te stesso. Essere fotografo significa anche non cedere alla vanità. Non è un caso, infatti, che molti dei grandi fotografi del secolo scorso abbiano vissuto vite modeste ma piene di emozioni e di storie da raccontare.

2. “Che le tue immagini siano lo specchio del tuo cuore”. senza mai dimenticare che non è corretto manipolare soggetti, fauna e habitat per il gusto di scattare e di “catturare” un istante memorabile. In altre parole, la Terra viene prima di tutto il resto. Anche di un'immagine sensazionale ma che è stata realizzata senza rispetto. Possiamo avvicinarci e favorire il nostro punto di ripresa, ma bisogna farlo limitando al minimo l’impatto ambientale. È consigliabile documentarsi sulle norme che regolano la fruizione al pubblico delle aree protette, anche richiedendo copie del regolamento all’ente che gestisce il Parco. Conoscere comportamenti ed abitudini della fauna del territorio è un grande punto di partenza per ottenere immagini migliori e più naturali..

3. “Nella Post produzione, prediligiamo modifiche che non alterano la rappresentazione della scena”. Sono quindi consigliate tecniche di Digital Darkroom non invasive, da modulare nel rispetto dei parametri di luminosità, contrasto, color balance, con l'intento di valorizzare ed esaltare le caratteristiche intrinseche della scena. Spesso infatti, concentrandosi su risultato finale d'effetto, si tende a perdere l'onestà di uno sviluppo che restituisca l'equilibrio generato dall’interazione tra gli elementi naturali del paesaggio, non solo quelli manifesti, ma anche e soprattutto quelli più nascosti, come il linguaggio delle forme, l’ora del giorno, la posizione del fotografo rispetto alla luce. Tutti questi elementi naturali sono per noi i principali convogliatori di emozioni e sentimento e dobbiamo tenerne di conto sia quando rivolgiamo la nostra attenzione verso soggetti animati che quando ci confrontiamo con il paesaggio. Ogni piccolo elemento e dettaglio merita di esser considerato, dal momento che è unico, irripetibile e quasi sempre è la forza su cui bisogna lavorare.

FOTOGRAFARE LE AREE PROTETTE. Valorizzare e Raccontare un Territorio

Esercizi di Stile: 1A Equilibrio formale e 1B Composizione

Tecniche: Inquadrature (che non modificano la realtà) e Sfocature (che alterano la realtà, sviluppandone la percezione, senza perdere l’equilibrio).
Per facilità di comprensione questa sezione sarà accompagnata da immagini di un solo parco naturale, quello del Delta del Po Emilia Romagna.


Ogni grande fotografia è composta da quattro elementi chiave: il soggetto, la composizione, l’illuminazione e ovviamente, l’attimo in cui viene scattata. Prima di parlare della composizione fotografica e di mostrarvi alcune immagini, è fondamentale in questo contesto sottolineare che quando si parla di equilibrio non si deve unicamente pensare a quello che cerchiamo di ottenere con la composizione fotografica, ma anche a quello altrettanto necessario tra uomo e natura, tra fotografo e soggetto ritratto.

Tutto è diventato fotografabile, “la gente non guarda più” scriveva Luigi Ghirri, il tempo del vedere è diventato quello che si limita a scorrere sulla superficie delle cose e nonostante tutto sia mostrato, replicato, ostentato e abusato in pochi sono capaci di scendere in profondità.

Fotografare le Aree Protette ci permette il lusso di voltare le spalle ai rumori delle città e a questo “consumismo” delle immagini, alimentando quel sano desiderio di scoprire, camminare, esplorare, meravigliarci che è innato in tutti. Fotografando si può tornare alla Terra, recuperando quell'antico modo di vedere il mondo che ci induce a passi lenti intorno alle cose, per meglio conoscerle. Solo così si può approfondire la nostra visione, renderla personale, unica e svelare i dettagli nascosti che rendono certi luoghi o certi momenti speciali.
Fotografare i Parchi ci permette di praticare ed esercitare una fotografia che vuole relazionarsi con gli spazi senza cercare sensazionalismi o tecnicismi esasperati, in un ritorno al silenzio e alla concentrazione, in una ricerca quasi mistica di qualcosa che non c’è più o che semplicemente abbiamo perso di vista e disimparato a conoscere.

La luce spesso è la nostra guida, che indica o nasconde: noi, percorrendo i sentieri, ci impegnamo con tutti i sensi nel riconoscere quel “genius loci”, quello spirito del luogo, che rende un paesaggio riconoscibile da chi lo abita e che lo fissa nella memoria di chi lo percorre per la prima volta. Il genius loci si manifesta come collocazione, configurazione spaziale, e articolazione caratteristica e questi aspetti sono sia gli oggetti dell’orientamento e dell’identificazione umana che quelli della composizione fotografica.

Ogni elemento in un’immagine ha una certa quantità di valore rispetto a tutti gli altri elementi. Ogni tono, massa, forma, albero, figura, edificio, linea o ombra contribuisce a una certa quantità di peso che deve essere sistemata correttamente nella composizione per dare l’impressione di equilibrio. Il posizionamento del soggetto all’interno dell’area dell’immagine è un fattore che deve essere attentamente considerato. La composizione lavora proprio su questo, attraverso diverse regole o strumenti.

Uno degli strumenti pratici più utilizzati dai fotografi è la cosiddetta “Regola dei Terzi”. Consiste nell’immaginare che l’inquadratura sia divisa in nove sezioni uguali, grazie a due linee verticali e due orizzontali, per disporre il punto focale dell’immagine in uno dei punti di intersezione di queste linee immaginarie.
Se vi sono altri elementi di interesse, anche questi vanno posti secondo la regola dei terzi e, allo stesso modo, è consigliabile allineare l’orizzonte alla linea orizzontale più bassa o più alta. Seguendo questa regola è possibile dare alle immagini un equilibrio efficace, rendendole allo stesso tempo piacevoli allo sguardo.
Gran parte delle fotocamere offrono la possibilità di visualizzare una griglia dei terzi in sovraimpressione nel mirino o sullo schermo lcd prima di poter scattare.

Se si considera invece il solo asse centrale dell'inquadratura, si parla di Equilibrio Simmetrico o Formale, condizione in cui gli elementi posti su entrambi i lati dell’immagine rispetto al fulcro hanno peso equivalente.

Chiaramente, ci sono molti altri fattori da considerare parlando di composizione e sarebbe impossibile esaurirli tutti in questo spazio. Non a caso esistono numerosi manuali fotografici che si occupano anche solo esclusivamente di questo importante aspetto. Io vi posso dire che l'esperienza sul campo e l'esercizio della consapevolezza fotografica ci allena a riconoscerli e organizzarli quasi istintivamente quando inquadriamo. Qui di seguito ne menzionerò alcuni:

  • Un oggetto lontano dal centro dell’immagine sembra avere più peso di uno vicino al centro.
  • Gli oggetti nella parte superiore di un’immagine sembrano più pesanti di oggetti della stessa dimensione nella parte inferiore di un’immagine.
  • L’isolamento sembra aumentare il peso di un oggetto.
  • Gli oggetti molto interessanti sembrano avere più peso compositivo.
  • Le forme regolari sembrano avere più peso rispetto alle forme irregolari.
  • Gli elementi sul lato destro di un’immagine asimmetrica sembrano avere più peso rispetto agli elementi della stessa dimensione sul lato sinistro dell’immagine.
  • Le direzioni in cui figure, linee e forme sembrano muoversi all’interno dell’area dell’immagine sono importanti per bilanciare la composizione e dare dinamismo all'inquadratura; per esempio, una strada conduce lo sguardo verso una direzione, un soggetto può muoversi verso una direzione, la forma di qualche elemento può creare la sensazione di movimento in una certa direzione. Quando la sensazione di direzione è presente all’interno di una scena, questa tende a sovvertire l’equilibrio dei soli soggetti.
  • Colori diversi hanno pesi diversi ed è per questo che si è soliti parlare di “equilibrio tonale”. Solitamente i colori più luminosi sono più pesanti dei colori neutri, motivo per cui un tocco di colore all’interno di una fotografia può facilmente bilanciare una scena che altrimenti sarebbe troppo sbilanciata su un lato.

Vediamo alcuni esempi concreti:

Esercizio 1A – Equilibrio Formale Statico
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
20mm f/1.8G ED; diaframma 8; tempo: 1/30; iso 250

Un classico esempio di Equilibrio Simmetrico, dai rimandi Ghirriani. E' l'alba, la strada percorre l'asse mediano dell'inquadratura perdendosi all'infinito. Una serie di diagonali costituite dalla linee dei campi, dalle porzioni erbose, dalle strisce sull'asfalto fanno convergere lo sguardo nella medesima direzione. Secondo la regola dei terzi, la linea dell'orizzonte si posiziona sul terzo inferiore. Tutto è disteso, placido, in una calma surreale dove si attende che qualcosa accada. Sullo sfondo si intravedono alcuni casolari tipici del paesaggio Emiliano. Il cielo aggiunge leggerezza e respiro, è volutamente poco carico, tenue e delicato e si apre proprio in corrispondenza della parte alta del fotogramma. Le crepe sull'asfalto, oltre ad essere parti integranti della composizione, “crepano” per così dire anche il fotogramma mettendoci in comunicazione con un sottofondo invisibile su cui si poggia l'intera immagine.

Esercizio 1A: Equilibrio Formale Dinamico
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
24-70 mm f/2.8G ED a 35mm; diaframma 8; tempo: 1/1600; iso 640

Dall'Equilibrio Simmetrico della foto precedente, ci inoltriamo nei meandri dell'Equilibrio Dinamico. La fotografia sembra apparentemente simmetrica, ma innanzitutto, le sponde degli argini non sono identiche, la situazione di luce che le colpisce è diversa e soprattutto, i soggetti che si muovono sulla linea dell'orizzonte sono in numero dispari. Due fotografi si muovono da sinistra a destra, seguendo la direzione dello sguardo in auge nel mondo occidentale, quella tipica della lettura. Sulla sinistra, un terzo fotografo, fermo, guarda verso di loro. L'Equilibrio in questo caso è dato dal compensarsi di questi movimenti e dall'esatta posizione in cui sono stati “congelati” i soggetti: un metro in più o un metro in meno avrebbero fatto venire meno questa speciale condizione. La linea dell'orizzonte è sul terzo superiore. Lo specchio d'acqua diventa uno spazio negativo che valorizza e da sapore alle porzioni terrestri. C'è un senso di sospensione che è lo stesso che si percepisce quando ci si affaccia sul territorio del Delta del Po.

Esercizio 1A: Equilibrio Formale Dinamico
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
24-70 mm f/2.8G ED a 24mm; diaframma 8; tempo: 1/250; iso 200

Rispetto alle immagini precedenti, qui sicuramente c'è più dinamismo. Le due sponde del canale in primo piano hanno innanzitutto vegetazione diversa: a sinistra, con fronde che salgono verso l'alto, a destra, con estremità secche adagiate verso il basso. I toni di colore creano contrasti che bipartiscono ulteriormente il fotogramma ma che allo stesso tempo si amalgamano e costituiscono una palette di colori coerente. Il canale percorre il fotogramma dal vertice in basso a sx fino alla porzione in alto a destra, dove si bipartisce ulteriormente in due movimenti nei quali confluiscono le aree laterali. Elemento cardine della composizione, fulcro ed equilibrio, il trave di legno che connette destra e sinistra, dando un senso di solidità alla parte bassa dell'inquadratura. Da quel punto procedendo verso l'alto invece, si fa strada un movimento sinuoso che invita al respiro e allo sciogliersi di tutte le tensioni tra gli elementi.

Esercizio 1B: Composizione
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
70-200mm f/2.8G a 100 mm; diaframma 2.8; tempo: 1/250; iso 100

La composizione di questa immagine è studiata per valorizzare il gesto: le mani del pescatore che sistemano la rete da pesca, legandola con una corda. Volutamente si è scelto di escludere il volto del soggetto, per dare ancor di più risalto al dettaglio. Non c'è niente che si conclude in questa inquadratura: la rete prosegue oltre il bordo inferiore, le braccia e il corpo oltre quello superiore, creando una situazione aperta, dinamica pur nella sua connotazione di “attimo fermato” e salvato dall'eterno fluire del tempo. Le macchie sulla felpa di pile parlano del lavoro del pescatore, pur con delicatezza. La focale scelta, il 70-200, permette allo stesso di isolare il soggetto, grazie all'utilizzo di un diaframma aperto (f/2.8) ma anche di compattare i piani, trasformando lo specchio d'acqua sullo sfondo in uno spazio negativo neutro che contestualizza l'azione. Un dettaglio che parla per l'insieme e che accostato ad altre immagini può raccontare un territorio, comunicando anche profumi, odori, sensazioni tattili, atmosfere, temperature.

Esercizio 1B: Composizione
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
Nikon d750 + AF-S Nikkor 24-70mm f/2.8G ED a 70 mm; diaframma 4; tempo: 10”; iso 100

L'equilibrio può essere costituito anche da pochi elementi, togliendo tutto ciò che non è necessario e tenendo solo l'essenziale, come in questa fotografia. Qui si racconta un'attività: quella della pesca con i “bilancioni”, tipici capanni da pesca con rete a bilancia, utilizzati dai pescatori presso le zone di cattura fluviali, vallive, lagunari o costiere dell'Emilia-Romagna. Il soggetto, la rete da pesca con il suo sistema di tiranti e contrappesi, entra nell'inquadratura da destra e resta sospesa, senza toccare l'acqua. Il tempo di scatto lungo, di 10”, ha permesso di “lisciarne” la superficie e di aggiungere un'intenzionale sovraesposizione che annulla il confine tra cielo e terra. Il copertone, di forma circolare, lascia intuire il suo peso specifico e diventa l'elemento in grado di bilanciare la forza compositiva dei bracci e della rete, in quest'immagine minimale che si fa apprezzare anche per la sua apparente semplicità. Il trattamento in bianco e nero elimina ulteriori informazioni costringendo l'osservatore a concentrarsi sul “poco che c'è”.

Esercizio 1B: Composizione
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
24-70mm f/2.8 a 35 mm; diaframma 100; tempo: 10”; iso 100

Rispetto al “vuoto” dell'immagine precedente, qui si vanno ad occupare i limiti sinistro e destro dell'inquadratura, ai quali si ancorano le due strutture dei bilancioni. Nel centro, a raccordare destra e sinistra, nello spazio negativo di cielo e terra fusi assieme dalla lunga esposizione e dalla conversione in bianco e nero che esclude ogni traccia di colore, i fili ed i paletti. Lo Sguardo si muove naturalmente da sinistra a destra, passando sul terrazzo vuoto e seguendo idealmente i fili che scendono dall'angolo in alto a sinistra fino al bilancione con la rete da pesca “protagonista” del precedente scatto. Come si può vedere, di fronte al medesimo soggetto, focali diverse, con escursioni diverse, permettono soluzioni stilistiche e concettuali del tutto differenti. Qui, rispetto all'altra inquadratura, tutto è più stabile, piantato a terra come la struttura palafitticola che sorregge queste costruzioni. A dare respiro e ad alleggerire tutto quanto, lo spazio centrale e la conversione in bianco e nero che mira all'essenziale.

Esercizio 1B: Composizione
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
24-70mm f/2.8 a 24 mm; diaframma 8; tempo: 1/250; iso 200

Torna il soggetto umano e il racconto di un'attività tipica del Delta del Po, quella della Pesca delle Anguille. Si predilige il colore e non è un caso, data la presenza del rosso e del blu, colori primari opposti. I secchi che contengono il pesce diventano, in questa inquadratura rasoterra, ottenuta tenendo la fotocamera in mano e sfruttando lo schermo con il live view, le quinte entro le quali si svolge l'azione. Il pescatore in primo piano solleva la rete, guardando verso il basso, mentre il pescatore in secondo piano ne bilancia il peso, guardando nella direzione del primo e tenendo in mano il bastone che qualche attimo prima aveva utilizzato per manovrare la rete nella chiusa. Il diaframma chiuso genera leggibilità dal primo piano allo sfondo. L'equilibrio sembra raggiunto e l'immagine “parla” all'osservatore, quasi rendendolo partecipe dell'azione.

Esercizio 1B: Composizione
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
24-70mm f/2.8 a 24 mm; diaframma 8; tempo: 1/250; iso 200

Al pescatore sullo sfondo si sostituisce, nella costruzione dell'equilibrio, la coda di un'anguilla che si divincola nel catino.

Esercizio 1B: Composizione
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
24-70mm f/2.8 a 24 mm; diaframma 8; tempo: 1/250; iso 200

Si cerca la dinamica, il coinvolgimento, la partecipazione dell'osservatore, grazie ad un maggiore dinamismo. L'equilibrio è dinamico, persistono le quinte, l'inquadratura dal basso. Il passo con lo stivale gocciolante di fango che irrompe nella scena, trova la sua evoluzione e conclusione nel pescatore in secondo piano che si dirige verso lo sfondo, permettendo allo sguardo di addentrarsi un poco anche verso quella misera porzione di infinito, sufficiente a non soffocare l'inquadratura.

Esercizio 1B: Composizione
Luogo: Parco Delta Po Emilia Romagna
24-70mm f/2.8 a 35 mm; diaframma 2.8; tempo: 1/80; iso 1600

Siamo nella penombra di un “Casone” da pesca, tipica costruzione che costituiva la dimora dei pescatori di Anguille del Delta. All’interno, l'essenziale: qualche letto, un tavolo e soprattutto il terreno un focolare per cucinare e riscaldarsi durante le umide e fredde notti d'inverno. Sulle pareti oramai erose dal tempo, sta appea una rete da pesca. L'intonaco scrostato sembra quasi il paesaggio lagunare fatto di lingue di terra strappate all'acqua. La rete comanda la composizione e il movimento dello sguardo dell'osservatore. Si mostra l'essenziale, si lascia fuori tutto il resto, lasciando a chi guarda il gusto di immaginare, invogliandolo a documentarsi e magari a visitare questo speciale territorio. I colori si amalgamano, restituendo un sapore di melma, d'argilla e di tempi che furono.

GLI ELEMENTI DISTINTIVI DEL PAESAGGIO DELLE AREE PROTETTE

Due esercizi di Stile: 2A Perché è importante riconoscere e valorizzare le forme naturali e l’anima di ogni parco. (Prospettive e modifica della realtà con i Filtri Nd) 2B : Con la Fauna del Parco raccontiamo il paesaggio naturale: (Alcune tecniche di ripresa e suggerimenti per la Post Produzione)

“Il paesaggio deriva da una somma di relazioni, non ultima quella fra umani e natura. Il paesaggio è fatto da ciò che si vede e da ciò che non si vede. Le immagini di paesaggio evocano in chi le guarda sensazioni ed emozioni, ed anche queste diventano parte del paesaggio. I suoi elementi entrano nel profondo della coscienza umana e da questo nascono identità e amore per i luoghi. Guardando i paesaggi delle nostre aree protette ad esempio molti artisti, scrittori e scienziati hanno dato contributi importanti allo sviluppo della cultura. Dalla relazione fra natura, arte ed esseri umani nasce l’esperienza. Non saremmo quello che siamo senza aver frequentato e fotografato i paesaggi che ci hanno ospitato nella vita”.

Oggi quindi sapere riconoscere e rappresentare gli elementi tipici e naturali di ogni area protetta è un esercizio educativo essenziale per ogni buon fotografo e video maker che si approccia alla fotografia naturalistica e documentaria dei paesaggi.

Documentarsi ed esercitare l’occhio ad “ascoltare" consapevolmente il territorio è un’operazione intima di pensiero prima di tutto. Un raffronto tra un'iconografia pre-costituita ed il desiderio giustamente personale di interpretazione attraverso il proprio gusto personale.

Il primo passo per una fotografia educata è quello di sviluppare la composizione: osservare ciò che c’è intorno a noi, scegliere come organizzarlo nell’inquadratura, aspettare le condizioni favorevoli, entrare in empatia con l’ambiente. Guardando ed ascoltando senza pensare ad altro, i nostri occhi e le nostre orecchie sperimentano un mondo sempre nuovo e noi stessi sentiamo di essere nuovi ogni giorno.

Oggi l’immagine di paesaggio è diventata ‘fotografia dei luoghi’, anche se la sua matrice naturale continua a rappresentare uno dei principali ‘topoi’ o luogo comune. Allo stesso tempo la ricerca continua ed orientata alla drammaticità nella fotografia paesaggistica, non può e non deve allontanarsi dal suo rigore formale. Ricercare il “Pathos”, inteso come la capacità di suscitare un’emozione intensa o una partecipazione sul piano estetico e formale, oggi è una condizione comune a molti fotografi e video makers. Dobbiamo tuttavia confrontarci con quelli che sono i confini naturali del territorio e saperne rappresentare la forma, ma allo stesso tempo la sua anima.

Se da un lato sono consigliate e preferite delle tecniche fotografiche razionali che rispettano le regole della prospettiva e della composizione, dall’altro non possiamo considerare meno influenti e oggi, quasi necessarie, per essere riconosciuti, delle tecniche più avanzate ma che necessitano una buona conoscenza dello strumento di ripresa, ed un miglior controllo, tra cui il controllo esatto dell’esposizione, la modifica consapevole degli spazi e delle forme con le lunghe esposizioni, la capacità di lavorare con lo sfuocato ed il volume delle forme, realizzare doppie esposizioni in camera, in location, al fine di raccontare e ricreare una propria visione personale del territorio.

La prospettiva, ossia la variazione della dimensione degli elementi naturali di un territorio, in base a diverse distanze e posizioni dell’osservatore deve essere riconosciuta e sempre rispettata, quantomeno nelle rappresentazioni di maggior impatto e nello location più iconiche di ogni territorio.

Oggi la facilità di raggiungere posizione diverse, grazie alla comodità e leggerezza di macchine digitali e lenti di ultima generazione, dovrebbe sempre quantomeno porci il quesito di quale impatto sul risultato finale possa essere ottenuto raggiungendo una posizione più vantaggiosa. Pensiamo anche ai droni che aggiungono nuove opportunità ed incrementano le capacità di raccontare il territorio in maniera rapida ed accessibile.

Questo perché la variazione prospettica dipende sempre dalla nostra posizione rispetto alla scena che si intende riprendere, oltre che alla lunghezza focale dell’ottica utilizzata e dal piano del sensore che insieme generano un angolo di visione.

Quindi ogni elemento che contraddistingue un parco naturale oppure un area protetta può assumere un peso, una forza e un’importanza diversa in base a tutti questi fattori. Un giusto equilibrio prospettico, senza comunque sacrificare il desiderio di interpretazione e di unicità deve essere perseguito.

Ecco che allora ogni buon fotografo di paesaggio dovrebbe saper produrre e possedere un portfolio “consapevole” di immagini che siano più vivacemente “dinamiche”, spesso prodotte attraverso ottiche grandangolari o da posizioni basse e ravvicinate, ma anche di immagini più “statiche” o ferme, spesso prodotte in condizioni perfette e/o con ottiche dalle focali più lunghe. Indipendentemente dai gusti e dalle possibili produzioni digitali è però consigliato inserire nel proprio portfolio anche contenuti frutto di un comportamento “normale”, ove le immagini del territorio siano comunque riconducibili ad aspetti e forme coerenti con la realtà.

La grande copertura della nitidezza dell’autofocus delle recenti mirrorless Z, assieme alla incredibile capacità di lettura esposimetrica anche in condizioni di bassa luminosità, sono oggi elementi essenziali che permettono ai più di lavorare su nuovi punti di vista, inconsueti fino ad ora, oggi il manifesto della nuova fotografia di paesaggio e landscape.

Tuttavia quando si vuole ritrarre ad esempio, un particolare dell’area marina protetta, nel Parco Nazionale delle 5 Terre, un’iconica location come le 3 Cime di Lavaredo, un elemento tra terra e cielo nel Parco del Delta del Po, la prima cosa su cui devo concentrarmi è appunto il punto di ripresa. Grazie alla maneggevolezza delle nuove mirrorless, è oggi più facile raggiungere sentieri anche in condizioni di poca luminosità , ampliando così le enormi possibilità di ripresa, fornendo a tutti noi nuove visioni e prospettive meno consuete.

Quello tra occhio e l'orecchio è il più incantevole sposalizio che ci è dato vivere. Guardare significa sentire, così come sentire significa guardare .

Una serie di strumenti che utilizziamo spesso, con la scelta consapevole di "interpretazione" delle forme del paesaggio sono i filtri ND (neutral density) e GND (graduale neutral density), cruciali nella fotografia di paesaggio, per la loro immediata incisività. Vengono sempre utilizzati con l'intento di poter perfezionare l'esposizione della composizione direttamente in camera. Posizionare in Lightroom un immagine con un istogramma già composto, significa potersi dedicare ai ritocchi finali.

La scelta tra piccoli, medi e big stopper, spetta al fotografo, che potrà decidere a priori quanti e quali elementi del territorio subiranno le maggiori trasformazioni. Apprezzare un paesaggio o un elemento distintivo di un area protetta è un esperienza estetica, saperne controllare le forme, le tonalità, la saturazione di particolari elementi ed intervenire intenzionalmente per dare maggiore enfasi a piccoli particolari, è un atto consapevole, nel cui risultato ne apprezzeremo tutto il nostro sapere. Un esempio su tutti, come nelle immagini a sostegno della tesi, l'eliminazione delle nuvole tempestose in arrivo, che di fatto hanno stressato le forme dei confini del territorio nel parco di Fanes Sennes Braies. L'utilizzo di filtri a densità neutra che come primo risultato riducono la quantità di luce che arriva al sensore, è notoriamente più complicata. Maggiore è il blocco della luce e maggiore sarà la possibilità di introdurre delle dominanti colore nel risultato finale. Fino quasi ad apparire elettriche. Questa mancanza di controllo spesso ci obbliga a scattare di più, ma in questa necessaria attività non dobbiamo mai scordarci di soffermarci su ogni dettaglio, perché ogni elemento naturale del territorio potrebbe vedere le sue peculiarità e consistenze alterate.

Questo pensiero consapevole a nostro avviso può e deve accompagnare il fotografo ed il video maker di domani. Perché come già abbiamo descritto sopra, l'esperienza è si soggettiva, ma l'impatto del nostro lavoro è globale. Da semplici osservatori diveniamo entità, con un nostro punto di vista, che super concettuale , interagisce sempre con un pezzo di natura.

Qui la percezione, il punto di vista, l'educazione, la scelta di cosa escludere sono assolutamente cruciali.

Fotografare la fauna


Osservare e comporre posizionando il soggetto all’interno dello spazio e del territorio protetto è un esercizio che può sembrare semplice ma è importante ai fini di questa trattazione considerare alcuni concetti propri della fotografia naturalistica. L’approccio per questa tipologia di fotografia è molto difforme a seconda delle tecniche utilizzate ma sopratutto delle finalità che ogni fotografo si pone.

Quindi dal punto di vista del linguaggio espressivo e sempre nel contesto di un immagine che possa non solo raccontare la fauna ma anche essere ricondotta ad un territorio specifico, suggeriamo sempre di suddividere la fotografia e le riprese documentarie in 4 categorie, ognuna delle quali dotata delle proprie caratteristiche e forze intrinseche che la contraddistinguono. Ritratto, comportamento, ritratto ambientato, e territorio dominante come ci piace definirla.

Sebbene luci, stagionalità, posizione del soggetto, sono spesso elementi essenziali nell’efficacia dell’immagine che si vuole realizzare, lo storytelling dovrebbe sempre ricadere in una di queste quattro categorie. Nel ritratto viene sempre preferito il riempimento del fotogramma. Il soggetto, spesso esaltato dalla sua posizione dominante e dalla staticità della scena, deve risultare in tutta la sua forza e dominanza. L’elemento del paesaggio in questa categoria, può essere spesso limitato ad alcuni dettagli spesso impercettibili ma comunque essenziali e riconoscibili come una texture, uno sfuocato, o la sola presenza dello stesso soggetto in una determinata condizione meteo, possibile solo in determinati territori. Sono piccole differenze ma che rendono un’immagine diversa e ricca di valore aggiunto. Nel comportamento è spesso suggerito di concentrarsi su poche azioni, su un messaggio che possa essere percepito immediatamente da colui che osserva, senza mai lasciare in secondo piano il contesto, piccoli elementi scenici specifici o particolari condizioni ambientali che possano indirettamente ampliare il concetto del comportamento e contestualizzare al meglio il risultato finale.

Nella terza e quarta categoria, la forza dominante del territorio e del contesto entra decisamente in gioco, con una forza documentaria sempre più presente che deve essere assolutamente percepita ed anzi essere parte dominante del risultato finale.

Nella terza categoria quindi, parliamo di ritratto ambientato. La prepotenza dell’ambiente deve risultare decisiva nella produzione del fotografo e documentarista. L’ambiente specifico, il parco in cui si trova il soggetto deve assolutamente essere in qualche forma riconoscibile. Il risultato finale, deve colpire due volte: per il soggetto e per l’ambiente stesso. Questa è la caratteristica essenziale della categoria in questione, la scelta dei pesi delle forze in campo. Il posizionamento del soggetto è in questo caso, una scelta personale che si acquisisce con l’esperienza e con l’interesse specifico di ognuno di noi.

L’ambiente naturale infatti comprende tutte le cose viventi e non viventi presenti in ogni territorio ma che si verificano in forma naturale, quindi non artificiale. Sapere leggere i tratti distintivi di ogni parco e la loro interazione spesso è una condizione decisiva per un grande risultato. Tra questo suggeriamo l’interazione delle specie viventi, le luci che ne definiscono il tempo ed il clima, i particolari che evidenziano i cicli vitali, la vegetazione, il suolo, l’atmosfera ed i fenomeni naturali che si verificano, meglio sempre quando riconducibili a condizioni tipiche del territorio in questione.

Spesso l’ultima categoria, da noi individuata come “territorio dominante” è quella che più lascia al documentarista di oggi, spazio alla soggettività ed alla forza creativa, oltre che alla conoscenza ed all’utilizzo della tecnica. E’ infatti qui che possiamo utilizzare tutto il nostro bagaglio tecnico ed attrezzatura in nostro possesso per creare dei contenuti che siano freschi, innovativi, eccellenti, per un risultato sempre riconoscibile.

È concessa una più vasta libertà interpretativa e creativa, come ad esempio l’utilizzo di tecniche di sfocature, panning, posizionamenti estremi, per citare i più utilizzati. Lavorare su un più grande sistema naturale per sviluppare al meglio i tratti distintivi del territorio di ogni parco. Sfruttare gli elementi naturali per contraddistinguerne stagionalità, biodiversità e tipicità del luogo. Per allargare la riflessione anche alle condizioni spesso difficile per la fauna di ogni Parco .

Un genere fotografico, a metà tra la fotografia documentaria e quella naturalistica, dove l’esigenza di concentrarsi sulla fauna e sulla natura e sugli elementi propriamente tipici di ogni area protetta, non deve e non può esimersi dal raccontare e documentare anche il suo delicato equilibrio e la necessità di proteggere tale equilibrio per le generazioni future. Il diretto legame con i principi etici che guidano l’operato di ogni buon fotografo, dovrebbero altresì convincere colui che racconta con le proprie immagini ed i propri video questo ecosistema a rispettare quindi non solo gli equilibri preesistenti ma anche ad utilizzare la post produzione con sensibilità, quantomeno come un’esigenza di fondo che possa raccontare la veridicità dei soggetti in senso stretto , ma anche del territorio in senso più ampio, gestendo con particolare attenzione il controllo sui grigi, della saturazione e dei micro contrasti, oggi molto utilizzati per esaltare i tratti distintivi della fauna nel suo ambiente naturale.

Come esercizi tecnici suggeriti per fotografare la fauna nelle aree protette , suggeriamo una tecnica di ripresa ed un comportamento nella post produzione che possa accompagnare meglio quanto sopra trattato. La tecnica individuata che meglio accompagna il nostro discorso la definiamo “Natural Wide Angles” perché presuppone sempre la scelta di un approccio ampio alla scena , senza sacrificare potenziali elementi in primo piano, ma sempre per raccontare il territorio per lasciare nel pensiero di colui che osserva un’idea che possa ricondurre la scena in un determinato parco.

Spesso il fotografo o video maker all’avanguardia, dovrebbe avere già chiaro la sequenza , composta eventualmente da più riprese. Sono preferite e suggerite anche posizioni di forte impatto come una netta separazione tra il soggetto e lo sfondo, spesso realizzate con lenti fisse e grandi aperture di diaframma per lasciare solo intravedere e percepire il limite del territorio, per raccontare senza mostrare, per ampliare i piani del racconto, per lasciare spazio alla narrazione personale, ma anche all’interpretazione di colui che osserva.

Le immagini che accompagnano, sono state realizzate anche con mirrorless Z7 e Z6, la cui leggerezza e portabilità hanno permesso al fotografo di avvicinarsi con estrema sicurezza e decisione al punto scelto per la ripresa, senza mai condizionare negativamente la scena. Due immagini realizzare nello stesso giorno con una Z7 e 200-500 e contestualmente con una Z6 ed un 24-70 f4, di cui abbiamo particolarmente apprezzato la grande resa cromatica oltre all’incisione dei dettagli.

Spesso abbiamo realizzato immagini con lenti fisse ed una messa a fuoco manuale. Un comportamento ed un approccio alla fotografia meno consumistico. Che obbliga il fotografo a trovare il suo punto di ripresa preferito, che richiede maggior tempo nella scelta di cosa includere, cosa togliere ed in base alla scelta creativa del diaframma di disegnare con più o meno forza, il territorio circostante. Sacrificare solo potenzialmente un’immagine perfetta per ricercare invece un posizionamento ideale, una relazione univoca tra fauna e territorio.

La post produzione, nella fotografia naturalistica deve invece essere realizzata con la massima precisione. In linea di principio sono menu influenti lato etica del paesaggio, il crop se e quando realizzato per meglio dare forza scenica e dinamismo al soggetto; la riduzione dei disturbi se e quando realizzata con l’intento di rendere più piacevole un’immagine; il controllo dell’esposizione con interventi qualificati e migliorativi per la scena nella sua complessità; sono inoltre sempre considerati eticamente accettate, elaborazioni anche localizzate come dodging & burning, sharpening, rimozione delle aberrazioni cromatiche, focus stacking, multi esposizioni in camera, se realizzate nella stessa location e nello stesso tempo, e se non sono realizzate con il fine di alterare la realtà.

Sono sempre e comunque considerate non accettabili i comportamenti di aggiungere, rimuovere o spostare oggetti, parti di animali, vegetazione o persone dalla scena. Anche la rimozione o il rafforzamento di elementi digitali ed artefatti naturali come riflessi, sporco, sfuocati nei soggetti fotografati sono comportamenti che non rispettano una buona etica nel fotografo e videomaker di oggi.

Per finire, massima attenzione deve essere riposta nella color correction nella post produzione della fotografia naturalistica. Infatti indipendentemente dalle condizioni di luce, i nostri occhi hanno una particolare capacità di leggere ed interpretare i bianchi e di sapere riconoscere i colori primari. Spesso così non accade per la tecnologia anche la più avanzata, la quale comunque sempre deve passare attraverso un processo elettronico di valutazione della luce e di bilanciamento. Può capitare che l’elettronica produca dei “color cast” o delle dominanti non volute, che spesso si spingono nelle tonalità gialle, blu, verdi o magenta.

È qui che interviene l’esperienza e la correttezza di ognuno di noi. Infatti i momenti più spettacolari della natura sono spesso fugaci. E poiché durano pochi istanti il suggerimento non è quello di soffermarsi troppo in fase di ripresa nel trovare il giusto compromesso nel bilanciamento. Piuttosto quello di sapere osservare ogni elemento del territorio che rientrerà nel prodotto finale e cercare di salvare nella propria mente un’ “immagine” di fondo della temperatura del colore e dell’equilibrio cromatico della scena cosi da essere meglio predisposto a giudicare in fase di elaborazione, l’immagine finale. Per finire altri due piccoli consigli che sempre seguiamo. Prendersi piccole pause durante la produzione e post produzione e documentarsi sempre a fondo sugli elementi e dettagli fisici dei soggetti così da assicurarsi di non eccedere mai oltre le soglie accettabili nel controllo della saturazione, dei contrasti e della tonalità. Infatti i soggetti fotografati presentano caratteristiche comuni, ma anche sottili differenze e peculiarità che non si vogliono alterare.

“C'è un piacere nei boschi senza sentieri / C’è un'estasi sulla spiaggia desolata / C’è vita, laddove nessuno s’intromette / Accanto al mare profondo / e alla musica del suo sciabordare:
Non è ch'io ami di meno l’uomo / ma la Natura di più.

George Gordon Byron

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