Documentario in Iraq: viaggio attraverso le devastazioni dell’Isis

A cura di: Francesco Sangalli

Ho avuto modo di viaggiare in Iraq nel gennaio del 2022 per girare un documentario. Partito da Baghdad, ho esplorato il Sud della nazione, passando per Babilonia, Ur, Nassiriya, Basra e le Paludi della Mesopotamia, dove ho avuto la fortuna di trascorrere del tempo con gli arabi delle paludi. Sono stato fortunato a immortalare quei luoghi famosi e allo stesso tempo sconosciuti ai più con la mia Nikon Z 6II, utilizzandola sia per scattare foto che per girare il documentario.
Nella seconda parte del viaggio sono risalito verso Nord, esplorando nuovamente Baghdad e le splendide rovine di Hatra, per poi arrivare a Mosul, meta finale della spedizione. Per chi non lo sapesse, questa città venne occupata ed eletta a capitale dello Stato Islamico dal 2014 al 2017.
Dell’antica Ninive non rimane molto, solo alcuni terrapieni lungo il fiume Tigri, un corso d’acqua leggendario. Anche della moderna città di Mosul, purtroppo, rimane in piedi ben poco.

Iraq - Foto: Francesco Sangalli
Iraq - Foto: Francesco Sangalli

Dalla distruzione della moschea di al-Nuri alla scoperta del santuario

Quando ho visitato la moschea di al-Nuri, dove il Califfo dell’autoproclamato Stato Islamico Al-Baghdadi teneva i suoi discorsi in pubblico, sono rimasto senza parole: avevo di fronte a me solo un mucchio di pietre.
A dimostrazione che la religione c’entrava poco o nulla con l’ideologia dell’Isis, furono proprio i suoi combattenti a radere al suolo lo storico edificio quasi millenario: all’avvicinarsi delle milizie irachene, i terroristi minacciarono di distruggere il luogo sacro, se queste non si fossero arrestate. I governativi, ovviamente, non cedettero al ricatto, decretando però la fine della moschea.
Non rimanevano in piedi che poche colonne e la cupola centrale, anche se ridotta talmente male da essere interamente puntellata per poter restare in piedi. Il minareto, che sorgeva poco distante e famoso in tutto il mondo per la sua bellezza e per essere pendente come la nostra torre di Pisa, subì la stessa sorte.
Curiosamente, proprio questo atto distruttivo da parte di persone senza dio, ha permesso una scoperta archeologica che sarebbe stata altresì impossibile: durante i lavori di restauro dell’UNESCO, finanziati anche dall’Italia - sempre in prima linea quando si parla di cultura e archeologia nel mondo - sono stati scoperti, proprio sotto la moschea, i resti di un santuario ancora più antico, che sarebbero altrimenti rimasti nascosti per chissà quanti altri anni. Niente può fermare il desiderio di conoscenza dell’essere umano, nemmeno la sua stessa stupidità.

Emozioni, desolazione e diario di viaggio

Lasciata la moschea, mi incamminai per le vie di Mosul, dove ho intervistato un abitante con un dito mozzato. Mi ha raccontato della sua vita prima dell’Isis e sotto di essa: le macchine parcheggiate per strada venivano scelte a caso e bruciate, per infastidire col fumo dei roghi i droni che sorvolavano l’area. Gli uomini che fuggivano per non avere a che fare con lo Stato Islamico venivano costretti a tornare, pena la morte delle loro famiglie.
Quell’uomo soffriva talmente tanto nel raccontare tutto questo che chiese di non entrare nei dettagli. Finita l’intervista, mi sono diretto verso il quartiere antico della città. Lo spettacolo che mi si presentò di fronte fu talmente forte che sentii il bisogno di mettere per iscritto tutte le sensazioni provate in quei momenti.
Queste sono dunque le parole del diario di viaggio di quella giornata: “Qui è dove l’Isis ha tenuto l’ultima resistenza durante la battaglia per il controllo di Mosul, asserragliandosi in questo antico quartiere per due motivi: il primo perché, essendo antico, aveva vie strette e facilmente difendibili. Il secondo perché era densamente abitato, e i combattenti speravano di usare questa grande presenza umana come scudo umano dai bombardamenti.

Iraq - Foto: Francesco Sangalli
Iraq - Foto: Francesco Sangalli

Ci addentriamo tra le rovine: la scena che si presenta ai nostri occhi è post apocalittica. Pensavo che questo tipo di immagini potessero esistere soltanto nei film. Rimango senza parole: edifici distrutti, a volte quasi irriconoscibili, da cui escono ancora i tondini di metallo del cemento armato. Tra le macerie si possono vedere oggetti abbandonati durante gli ultimi attimi di disperazione, oltre a poltrone, televisori, sedie. Su alcune pareti sono ancora appese delle foto di famiglia.
Non so neanche quante persone vennero sepolte vive attorno a me durante esplosioni e bombardamenti. Sento le lacrime salire ai miei occhi: provo una rabbia talmente forte che mi viene da piangere. Come è possibile? Come diavolo è possibile che l’essere umano sia capace di cose tanto belle e tanto crudeli allo stesso tempo?
Guardo l’orologio, su cui è registrato anche il mio battito cardiaco: mi accorgo che è aumentato. È quasi ai livelli di quando vado in bici. Sta correndo all’impazzata.

Iraq - Foto: Francesco Sangalli
Iraq - Foto: Francesco Sangalli
Iraq - Foto: Francesco Sangalli

Più mi sforzo e meno trovo le parole per descrivere la devastazione che mi circonda. E forse è meglio così: tanta sofferenza merita solo un rispettoso silenzio.
Come ad Hatra, provo a immaginare cosa abbia potuto significare trovarsi improvvisamente davanti alla morte: una bomba dal cielo, un proiettile vagante, un coltello puntato alla gola.
La sola colpa? Essere nati nel posto sbagliato o esservisi trovati nel momento sbagliato.
Quante urla, quanto sangue, quanto dolore inutile.
Su una parete c’è un graffito realizzato da poco: una bambina ritratta di spalle tiene un orsacchiotto per un braccio, mentre ai suoi lati cadono bombe dal cielo.
Quanti bambini sono morti nell’edificio che ho di fronte? E in quello alle mie spalle? Chissà invece quanti innocenti hanno emesso l’ultimo respiro in quello in fondo alla strada.
Le mine e le bombe inesplose sono ancora tante, quindi si può camminare soltanto seguendo i percorsi segnalati, già bonificati dagli artificieri.
Vedo i rottami di un’auto andata in fiamme: sul telaio è appoggiata la testa di una bambolina Barbie.
Devo respirare. Salgo su una collina: alla mia destra una palazzina a due piani è sventrata da un’esplosione, posso vederne gli interni. Alla mia sinistra un cratere di cinque o sei metri di diametro indica il punto in cui è caduto qualche missile, creando un enorme vuoto. Il sole splende pacificamente sulla distruzione, ma è gennaio: fa freddo.”

Iraq - Foto: Francesco Sangalli
Iraq - Foto: Francesco Sangalli

Di lì a poche ore ho preso l’aereo che mi avrebbe riportato in Italia. Avevo mille cose da fare: scaricare il materiale video, organizzarlo in cartelle, scrivere le note tecniche per il montatore, ma non feci nulla di tutto questo. Per giorni non riuscii a togliermi dalla testa quelle immagini, che ancora oggi, a volte, tornano prepotenti degli angoli più reconditi in cui avevo provato a cacciarle. “Il sole splende pacificamente sulla distruzione, ma è gennaio: fa freddo.”

Cosa c'è nella Borsa di Francesco Sangalli

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