L’isola dell’assoluto

A cura di: Andrea Lehotksa

Se Buddha ricordasse a memoria i numeri che l’hanno colpito durante le sue numerose reincarnazioni, tra questi figurerebbero indubbiamente il 6, il 9, il 98 e il 17, ovvero le coordinate geografiche di una delle isole più sperdute della Thailandia. No, non si tratta del classico e quasi banale paradiso terrestre, ma bensì di una terra paradisiaca.

Portatrice sana del nome , l'isola di Ko Phra Thong concede alle poche anime sensibili, che invece di trovare preferiscono cercare, tutta la sua selvaggia forza, palpabile magia e fragile serenità. Si fa desiderare. Non è semplice da raggiungere, non offre nessuna comodità, corrente elettrica, bancomat o chaises longues in riva al mare delle Andamane.
In cambio, ha il primato di essere riuscita a concentrare nei suoi 80 km quadri, fauna e flora insolite e un’apparenza unica che la distingue nettamente dal resto della natura thailandese e asiatica: inspiegabilmente, qui l’estesa natura è quella della savana tropicale, con infinite pianure verdi, fiumi dolci, cervi selvaggi, qualche coccodrillo scappato dalle fattorie di allevamento, tronchi secchi di maestosi alberi secolari sopravvissuti a ciò a cui l’essere umano non è stato immune: lo tsunami.

Anni fa, l’isola ospitava qualche centinaio di persone, prevalentemente i Moken - una rara tribù di zingari del mare - che attingevano alle sue ricchezze solo per sopravvivenza.

Paradossalmente, la stessa isola li ha esposti a un pericolo fatale che ha devastato tutto ciò che ha trovato lungo il suo percorso, ovvero l’isola stessa: lo tsunami del 2004.

I danni sono stati maggiori rispetto alle altre località colpite proprio per via delle pianure dell’isola. La Thailandia ha prontamente recuperato i danni materiali e in pochissimo tempo costruito semplici ma funzionali alloggi per le poche famiglie sopravvissute e decise a non abbandonare l’isola.
Ma come questa terra, anche i suoi abitanti sono molto particolari: non accettano la coesistenza del cemento con la giungla e su quaranta case ammassate l'una sull’altra nella parte più “sicura” dell’isola, solo una è stata abitata.

In cambio, hanno preferito disperdersi nella giungla e senza alcuna rassegnazione ricominciato a crearsi nuove capanne sperdute. Giustamente, chi sceglie di vivere in uno dei posti più lontani dalla (in)civiltà, non può assistere al suo stravolgimento.

Le priorità dei cento abitanti dell’isola non sono mai state corrotte dal turismo, dalla visione del guadagno facile e comodo, come invece è successo alle altre sorelle dell’isola, ormai molto frequentate per le loro acque cristalline: Koh Surin e Koh Similan. Le due isole della Thailandia più distanti dalla costa detengono anche il record mondiale della visibilità dell’acqua a occhio nudo, ben 30 metri.

Tutto questo lo imparo da Uan, un fedele nativo a cui non sfugge nessun dettaglio, animale, fiore o lieve cambiamento nella umidità nell’aria. A occhi chiusi riconosce foglie nutritive da quelle velenose, indica le barriere coralline. Il suo udito è così sviluppato da riuscire a identificare il ramo sul quale sta strusciando un serpente, confermando la sua totale simbiosi con ciò che lo circonda.

Dopo 40 minuti di motorino sullo sterrato, attraverso la giungla, laddove ognuno si aspetta che finisca l’isola, il mondo o almeno la benzina. Lì regna fiera la sua capanna, mimetizzata con la natura e costruita esclusivamente con le riserve della giungla. Dopo un’altra quarantina di minuti a piedi, la attraverso a colpi di machete e incontro paludi e mangrovie.

Gli occhi che ormai si sono abituati al buio della foresta, vengono abbagliati dall’assoluto: assoluto blu, assoluta esposizione, nitidezza, saturazione, assoluta luminosità, ma anche assoluto contrasto, punti di luce e ombre, assoluta temperatura. Insomma, uno scatto bello pronto, con il valore aggiuntivo dell’odore e del rumore.

L’assoluto offre in lontananza un timido contorno delle isole parenti, un accenno di Birmania e una ventina di sfumature di blu. Per scoprire le sfumature di verde, basta girarsi di 180 gradi e la visione cambia completamente: file chilometriche di palme da cocco costeggiano le deserte spiagge sabbiose e baie pittoresche con altarini buddisti, collegando gli unici due punti abitati dell’isola: il villaggio Thapayoi con una piccola scuola a est, e Thung Dap a sud.

In mezzo, orchidee selvatiche uniche in Thailandia, uccelli in estinzione, famiglie di buceri e nidi di tartarughe, sono ancora autentici e a disposizione di curiosi amanti della natura.

Al nord dell’assoluto si espande una lunga e montagnosa isola, Koh Ra, coperta di foresta tropicale, rendendo così il terreno poco ospitale agli umani ma proprio per questo motivo molto adatto a una larga scala di specie animali. A sud dell’isola, la sua sorella siamese di nome Koh Kho Khao gode di condizioni identiche, se non fosse che una punta dell’isola è già stata contaminata dal turismo proveniente da Khao Lak.

Sembra che il cerchio intorno all’isola del Buddha d’oro si stia stringendo, e fra non molto, l’isola dove centinaia di anni fa è stata seppellita un’antica e costosa immagine di Buddha, verrà calpestata dai turisti, e non più da viaggiatori.

Verrà toccata, ma non ammirata.
Finirà sulle cartoline, ma non nelle anime. Avrà ancora tanto da dare, ma poco da ricevere.
Perciò, andate a viverla ora, finché siete in tempo, la trovate nella provincia di...
No, dovrete cercarla!

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