Milele Kenya, ovvero “Kenya per sempre”

A cura di: Riccardo Camusso, Massimiliano Ribelli

Al concetto di "Milele Kenya" si ispira un progetto - fotografico, ma non solo - che include uno dei migliori Camp in savana (TsavoBuffaloCamp), i safari fotografici "a-modo-nostro", gli incontri con i nativi, il fascino dell'Oceano Indiano e un grande libro dove illustriamo la bellezza e lo sviluppo del Kenya, oggi.

In lingua swaili, “Milele Kenya” significa letteralmente “Kenya per sempre”. Per noi, tuttavia, il motto sta a testimoniare il connubio fra tradizione ed evoluzione in questo grande paese africano.
La bellezza incredibile del paese, i colori, i profumi, l'oceano, gli animali selvatici, la luna appoggiata sul proprio dorso, il clima, la magia, la natura. E la gente. La gente più bella che abbiamo incontrato e che ha in sé una dignità assoluta e assolutamente naturale, anche in condizioni di vita così diverse dalla nostre. Il Kenya sono loro, ma se non si va nel loro paese, non si può neppure immaginare come sono. Da molto tempo giriamo per il Kenya, ma ogni volta è come la prima volta, fra suggestioni consolidate e altre mai provate prima.
Il Kenya del terzo millennio è cambiato, ma i suoi valori sono rimasti immutati nel tempo. Più volte, in passato, abbiamo scritto che il Kenya è troppo vecchio per morire: può apparire un paradosso, ma, fin dal lontano passato (e tuttora) il paese ha avuto periodi gloriosi e altri più bui; oggi, però, sta vivendo uno straordinario sviluppo, anche interno e non solo turistico.

In Nikon Life vogliamo illustrare e raccontare, brevemente, alcune fra le mille testimonianze di questa convivenza fra tradizione e progresso. Pochi lo hanno fatto, finora. “Milele Kenya” non è sinonimo soltanto di leoni e big-five, ma anche dell'evoluzione che convive con l'immutata magia di un posto unico al mondo.

Il “mal d'Africa” non è un'invenzione letteraria: esiste, esiste davvero.

 

In chiave fotografica: lunghe focali e digiscoping in safari; lunghe focali e digiscoping in safari; versatili zoom nelle altre occasioni.
Fondamentale un buon sensore/corpo macchina (negli ultimi viaggi, insieme alla Nikon D4, abbiamo usato con ottimi risultati la Nikon D7100) e bassi ISO, vista la grande luminosità. Va bene anche una buona compatta COOLPIX, ma la reflex si dimostra, comunque, più versatile e adatta alle varie situazioni.

L'OCEANO INDIANO
Il paese offre 537 km di spiagge bianche che, ogni sei ore, vengono lambite dal mare in alta marea e scoperte durante la bassa marea.
Mancano le grandi onde atlantiche o le rocce mediterranee e ci si trova di fronte a un mare meno balneabile, almeno rispetto ad altre zone del mondo.
Basta, però, salire su una barca per cogliere la forza e la bellezza dell'oceano: si veleggia nelle acque calme all'interno del reef; si assiste al volo delle aquile urlatrici e di migliaia di altri uccelli; si oltrepassa la grande onda della barriera corallina e ci si trova in un immenso mare blu cobalto, attraversato dalle calde correnti in cui nuotano i grandi pesci pelagici che popolano queste acque.

Il sogno del big-game. Le occasioni fotografiche - diaframmi chiusi, bassi ISO e alti tempi d'esposizione - non mancano.

LA SAVANA
Uno scenario unico al mondo. Quando, dalla costa ci si inoltra nell'interno, il paesaggio naturale del Kenya offre un graduale cambiamento: dalle lunghe spiagge bianche, si passa all'impenetrabile bush per arrivare alla savana vera e propria. La vegetazione si fa più rada, più bassa: i grandi baobab del bush cedono il passo alle centinaia specie di acacie della savana.

Per noi fotografi, la savana è l'icona dei grandi mammiferi africani, ma qui non si fotografano soltanto leoni, elefanti, leopardi, ghepardi e ippopotami.

Ci sono anche migliaia di specie di uccelli, i piccoli selvatici, il variegato mondo delle gazzelle, le grandi giraffe, i coccodrilli e tanti altri spunti fotografici.

La savana non è tutta uguale. Basta spostarsi fra i vari parchi e/o nell'ambito di quelli più grandi, per apprezzare colori e atmosfere assai diversificate sia per la vegetazione sia per il manto degli animali. Il più evidente segno dell'evoluzione riguarda Tembo, l'Elefante. Non ha predatori naturali ed è dotato di grande intelligenza e spirito gregario.

Secondo la leggenda, un elefante con la proboscide alzata verso il cielo “porta fortuna” a chi lo fotografa. La crescente densità di elefanti (in rapporto alla loto grande “fame” di vegetazione) è testimoniata da attendibili censimenti aerei: oggi, in Kenya, vivono oltre 34.000 elefanti; 12.500 soltanto nello Tsavo. Un elefante (vita media 60 anni) divora circa 300/400 chili di “erba” al giorno: ciò significa che, soltanto nello Tsavo, circa 4.000 tonnellate di vegetazione vengono quotidianamente rase al suolo dagli elefanti, senza contare le nascite e gli altri erbivori. Ogni giorno, chilometri di savana diventano deserto e s'impone un controllo del fenomeno.

Recentemente, poi, nel bush sono apparsi grandi pali elettrici – bianchi nel verde – che portano la luce dove vivono gli uomini. A noi pare un “inquinamento ambientale”, ma i locali non la pensano così. In particolare, l'energia elettrica arriva anche in savana grazie ai giapponesi, scambiata con concessioni di pesca in Oceano.
L'impatto sul paesaggio, è forte, specialmente per chi

 

frequenta la savana da molti anni, ma anche gli animali l'hanno accettato di buon grado.
Dal punto di vista fotografico, è importante avere schede di memoria molto capaci e “lavorare” in Raw/Nef: poiché non è mai facile tradurre in immagini i colori della savana kenyana, tanto vale scattare in neutro e ottimizzare al PC, con Nikon ViewNX2.

 

I SAFARI E IL CAMP
Il Kenya rappresenta – oggi ancor più di ieri – lo scenario ideale per vivere le emozioni e lo spettacolo naturale che la savana mette in scena, per noi e per tutti, in ogni giorno dell'anno.

La prima cosa che ci stupisce, specialmente in Tsavo, è il colore dell'inconfondibile terra rossa, chiamata murrum.

La stessa usata sui i campi da tennis: pesante, compatta, non fa polvere e fornisce un'esclusiva cromia al paesaggio e agli animali.

Gli incontri con i big-five e con gli altri selvatici africani si susseguono senza sosta e preferiamo lasciare la parola alle fotografie.
Fondamentali in ogni safari sono la professionalità degli organizzatori e dei mezzi, l'esperienza delle guide e tutte quelle cose che sono negate ai safari di poche ore. Soltanto i professionisti hanno i giusti fuoristrada per la savana e, soprattutto, sono aggiornati sui periodici spostamenti degli animali selvatici, anche quando ciò avvenga fuori dai Parchi Nazionali e/o nelle zone limitrofe.

Nel programma “Milele Kenya” non c'è nulla in contrario nei confronti dei pulmini stipati di turisti che, fra nuvole di polvere, vogliono pestare la coda del leone sdraiato a terra e fotografarlo con il tablet(!); preferiamo, però, assolutamente, i potenti fuoristrada Land Cruiser Toyota, attrezzati, gli autisti che conoscono ogni angolo della savana e lavorano in perfetta sinergia con i fotografi, le guide Masai che sanno dove/quando/come avvicinare gli animali e questo tipo di approccio ai big-five, etc. Rifiutiamo i polverosi caroselli dei pulmini che assediano i ghepardi; preferiamo, ad esempio, seguire, con rispetto, un gruppo di animali, o un singolo, anche per ore. Per esigenze fotografiche, ma non solo.

Dicono – ed è vero – che non si conosce davvero l'Africa se non si trascorre almeno un paio di giorni (e notti) in savana. Ecco perché non organizziamo safari di un giorno solo.

Allo TsavoBuffaloCamp è già vero safari, anche in questo senso. Il Camp sorge in una spettacolare curva del fiume, dove i locali dicono che “si concentrino tutte le energie della savana”. La realtà rispetta la leggenda: elefanti e leoni hanno, da secoli, scelto questo punto per attraversare il fiume; non è raro vederli e fotografarli dalle verande, sorseggiando il classico tè delle cinque, come vuole l'usanza.

In sponda opposta, poi, due coppie di Aquile Urlatrici hanno scelto l'albero più alto per costruirvi il nido: il fiume è largo e la distanza considerevole, ma ciò non rappresenta un ostacolo per i teleobiettivi e/o per il digiscoping.

Per svolgere al meglio i programmi “Milele Kenya”, abbiamo dato al Camp una precisa impostazione fotografica, come per i fuoristrada. Teste fisse nelle verande. Punti panoramici e altane sul fiume. Brevi escursioni fotografiche a piedi, con la guida Masai. Drive notturni con il faro. Computer per la post-produzione. E tutto quanto serva per ritornare a casa con splendide fotografie africane.

A chi ci chiede quale sia la lente migliore per un vero safari, rispondiamo, semplificando: per la caccia fotografica itinerante, specialmente a bordo dei fuoristrada, il favoloso Nikkor 200-400mm f/4 è il più versatile; idem per il Nikkor 300mm f/2.8, anche con duplicatore; o, ancora, un buon tele zoom che non superi i 400mm di lunghezza focale. Quando, invece, ci si può fermare in punti precisi, o si fotografa dal Camp, tutto porta dritto al Digiscoping con reflex. La nostra specialità, esclusiva, in Kenya.

Poter stare comodamente “fuori scena”, annullando anche le grandi distanze, è un vantaggio rispetto agli impegnativi e pesanti super-tele luminosi. Occorre curare stabilità e MF (manuale) e scattare con autoscatto remoto o in wireless, ma il divario fra telescopio e supertele si è – oggi – assai assottigliato.
Abbiamo attrezzato un fuoristrada per fotografare, considerando anche il divieto, nei parchi, di percorrere piste secondarie e di scendere dall'auto; i risultati sono apprezzabili,

 

specialmente nelle zone (fuori dai parchi) dove c'è ampia libertà di sosta e movimento. Un assist per il Digiscoping africano è il collegamento wireless fra le ultime reflex Nikon e un tablet (o Smartphone): scattare in questo modo, evitando il rischio del mosso, è scenografico ed efficace: sul tablet vediamo - live e a tutto monitor - la scena, anche a grande distanza. Anche il safari, quindi, non chiude al progresso e alla tecnologia: dai mezzi ai pannelli solari del Camp; dai cellulari alle prestazioni delle moderne fotocamere digitali Nikon.

MALINDI, LA GENTE E IL LIBRO
Malindi è il “Campo Base”, sulla costa, del programma Milele Kenya. Affacciata sull'Oceano Indiano, è la cittadina keniana della costa che, più di altre, ha “aperto” le porte al turismo.
Questa vocazione turistica oggi si rivolge in particolar modo agli italiani, ma Malindi non è una “colonia” italiana.

Numerosi sono i connazionali, è vero, che frequentano il Kenya; molti vi lavorano e gran parte dei villaggi turistici sono a gestione italiana; ma la storia secolare dimostra che Malindi è in continua evoluzione, fin dai tempi del Sultano di Zanzibar, che definì “magico” questo posto. Ora, le autorità e i nativi hanno ben capito che il turismo rende molto di più della pesca o delle coltivazioni di caucciù.

Anche a Malindi è arrivato il progresso. In passato circolavano solo biciclette e poche auto (inglesi); oggi il traffico è caotico: auto e fuoristrada giapponesi, affiancati da numeroso moto. La vera icona sono i “Tuc-Tuc”, i noti tre-ruote Piaggio/Mahindra: impossibile sapere quanti ne circolino a Malindi, ma in ogni ora del giorno o della notte, ce n'è sempre uno pronto a trasportarci dove vogliamo.
I kenyani sono gente semplice, dignitosa, ma sono divisi in decine di etnie che condizionano l'intero tessuto sociale del Kenya.

Qui, il tribalismo, è fenomeno devastante, che non coinvolge soltanto differenze somatiche, ma anche (e soprattutto) usanze, numeri, comportamenti, caratteri e religione. Se il paese, ricco di risorse naturali, non soffrisse di tribalismo, potrebbe crescere maggiormente...

Assai interessante, comunque, girare per Malindi e i villaggi locali e fotografare (dopo averlo chiesto con rispetto) i colori sgargianti dei vestiti, i mercati, la gente e la bellezza dei bambini. Qui non conta la tecnica fotografica, ma solo l'istinto e la capacità del fotografo di cogliere i momenti più significativi.

Nel nostro grande libro, fresco di stampa – intitolato, ovviamente, “Milele KENYA” – abbiamo puntato su questi elementi. La nostra ricerca, corredata da fotografie di forte impatto emotivo, è stata quella di non fare il classico libro sugli animali africani, ma di descrivere con immagini il Kenya, oggi.

Luci e ombre di questo paese che amiamo. La savana non ha l'esclusiva, ma abbiamo inserito anche l'oceano, i safari, la gente, Malindi, la costa e tutto ciò che parla del Kenya nel terzo millennio.

Nel testimoniare, dal vivo, l'articolato mosaico e i mutamenti che il Kenya offre, oggi, al viaggiatore in cerca di stimoli e conoscenza, abbiamo, però, avuto un problema: selezionare il meglio fra le migliaia di foto, tutte da noi ritenute irrinunciabili.
Ancora una volta abbiamo scelto la via delle emozioni: ogni foto vuole trasmettere al lettore suggestioni forti. Pur se la complessità di questo paese non può essere confinata in un libro, ci auguriamo che chi vedrà le fotografie che corrono nelle pagine, provi le stesse emozioni che abbiamo provato noi mentre le scattavamo.

PER INFO: riccardo.camusso@alice.itribelli.massimiliano@gmail.com

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