Profumo di donna

A cura di: Sergio Pivetta

 
   
Vai alla galleria immagini Un vecchio, bellissimo, film di Dino Risi (poi rifatto in un remake dagli americani in "Scent of a woman") raccontava di un cieco che, della donna, poteva solo gustarne il profumo, non potendone ammirare la bellezza.

A volte, purtroppo, pur avendo il dono della vista, ci è comunque impedito di poter vedere.
Una maschera nasconde ciò che non si vuole venga visto oppure una maschera per mostrarsi più belli o diversi.
Una maschera, da cinico donnaiolo, era anche quella che si era creato il protagonista del film di Risi (impersonato magistralmente da Gassman) per nascondersi dal proprio dolore per aver perso la vista.

Cosa centra, direte voi, tutto questo con la fotografia?
Centra, centra perché la fotografia è ricordo.
Ricordare significa ri-consegnare al cuore e tutto ciò ha a che fare con la memoria.

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La memoria, la memoria è femmina, nasce in un corpo di donna e la dea che nell'Olimpo greco la impersonava, era Mnemosine, figlia del Cielo e della Terra.
Ed è a lei che Zeuss si unisce per generare le Muse.

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Le Muse, gli dei, la Grecia.
La Grecia, luogo dell'Arte.

Non vi può essere Arte senza i ricordi, ed il nostro saper raccontare è influenzato dalla nostra capacità di saper vedere.
Quindi, di vedere le maschere che si frappongono fra il soggetto e noi, di saperle riconoscere per poterle togliere e raccontare il nostro soggetto con la forma di espressione che abbiamo scelto.
Nel nostro caso la Fotografia.

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Guardare il soggetto, scavare fino a capirne la vera essenza che, a volte, è migliore dell'aspetto che ci viene voluto mostrare.
Prendersi la libertà di scoprirlo, evidenziarlo e giocarci con mille sfaccettature, mille immagini.
La nostra, personale, visione.
Un sesto senso di chi fa questo mestiere (ritrattista) da anni?
Un colpo di fulmine per chi è eternamente innamorato della bellezza?
Una debolezza al fascino femminile?

Tutto, qualcosa, o niente.
Oppure, forse, mi piace far vedere agli altri quello che piace, o come piace a me, perché condividano qualcosa di bello.

Ritratto.
Il termine ritratto deriva dal latino re-traho che, letteralmente, significa "portare fuori".
Cioè far emergere l'immagine più intima del soggetto ritratto e, penso io, farne uscire anche la mia personale interpretazione (che, ovviamente, se non fosse realmente presente, almeno in parte, non sarebbe possibile dare).
E, d'altronde, fin dai tempi dell'antica Roma, il ritratto ha sempre oscillato fra i due estremi somiglianza e idealizzazione.

Idealizzazione.
Ecco, allora, che nelle immagini cercano di trasparire nuovi e intriganti atmosfere e, nel nostro viaggio, incontriamo situazioni ammalianti, simili alle insidie delle Sirene che cercavano di distrarre Ulisse.

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Il fare questo, guardare dentro il soggetto, volerne scoprire lati nuovi o diversi, è una sfida, una specie di duello.
I duellanti, il soggetto ed io, si sfidano nascondendosi, mostrandosi, frugando nella fantasia, nei ricordi, nelle sensazioni, nei desideri.

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Ecco, ora che la nostra idea è raccontata con l'immagine, questa visione, è già un ricordo.

L'immagine è un ricordo.


Da sempre, fin dai tempi della preistoria, l'uomo ha cercato di ricordare con l'aiuto dell'immagine.
Il segno, nei secoli, si è fatto sempre più preciso e raffinato.
Dai primi graffiti nelle grotte si arriva alle figure di Giotto, ai dipinti dei vari Tiziano, Leonardo, Rembrant, Velazquez, Ingres ...
La precisione nel segno diventa superba e la perfetta somiglianza alla realtà fa si che ci si avvicini di molto ad essa.
Ma poi nasce la Fotografia, con la sua precisione che disorienta il mondo intero dell'Arte.

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L'uomo però non si spaventa, né si arrende, ed il segno si converte, si trasforma.
Ora la strada è quella delle emozioni, dell'impressione che il segno può dare, non più la realtà freddamente riprodotta.
E gli impressionisti aprono nuove strade.

Alla fotografia sembra restare il compito di riprodurre fedelmente la realtà.
Ma è poi così vero che ci riesce?

Già, perché la fotografia, nella sua precisione, fotografa ciò che i nostri occhi vedono o, in qualche caso, ciò che il soggetto vuole farci vedere.
Quindi, un falso.

Il caldo, emozionante, ricordo del vero, porta a reinterpretare l'uso della fotografia, sterzando dal binario della fredda sterile rappresentazione della realtà.
Quando mi trovo di fronte all'obiettivo un soggetto che mi trasmette sensazioni ed emozioni diverse da quello che l'aspetto esteriore mostra, mi pongo una domanda: "quale versione, interpretazione, è giusto restituire, portare sulla foto?"

Ritrarre,
ritrarre significa raccontare una persona, ed il racconto passa per i ricordi, le emozioni, le sensazioni.
Lo scatto quindi, deve poterne restituire l'essenza ed i soli mezzi a disposizione sono quelli della fotografia.

" ...hai visto nevica, è bello passeggiare sotto la neve con quel silenzio particolare..."

Quindi niente suoni, con la dolcezza o asprezza della voce, una dolce musicalità del nome, una frase che ti colpisce, un muovere sensuale dei fianchi, niente odori, niente profumi, niente tepore della pelle, niente simpatia, odio, amore…
Il soggetto però è fatto anche di queste caratteristiche, di queste particolarità.

E, tutto, dovrebbe entrare in un click.

Eppure, dalla ritrosia all'obiettivo, dal timore di se stessi, dalle paure di ognuno, dalle naturali timidezze,

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l'immagine si trasforma e riesce a parlare, a raccontare.
E' quasi il pensiero dell'autore che diventa immagine.
L'importante è che l'immagine esca dalla sua limitante bidimensionalità, per poter comunicare ciò che noi vogliamo.

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Il soggetto fotografato ritorna allora a rivestirsi delle emozioni trasmesse, qualcosa si intravede, qualcosa inizia a trasparire.

Ecco, ora se ne sente, finalmente, il profumo.

E' come intraprendere un viaggio alla scoperta di un mondo nuovo, affascinante, invitante, a volte mutevole.
E' la mia visione che diventa immagine visibile, a chiunque.
E' possibile allora riviverne l'esistenza, riviverne le emozioni ed il piacere che diventano, ora, palpabili guardando le immagini.

Ecco allora che, parte del soggetto, è come diventasse un po' mia.
E, quella mia idea, prima nascosta, ora visibile, diventa rivivibile in qualunque momento, da chiunque.
Ma, a questo punto, nasce un altro sentimento, la nostalgia.
Ma questa è un'altra, lunga, storia.

     

 

 

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