Route 66, una strada e un mito

A cura di: Carlo Pinasco

4.800 km di workshop, fotografando le attrazioni senza tempo che soltanto la Route 66, antica strada che collega le due grandi coste americane, sa regalare alla vista e all’obiettivo del viaggiatore.


Anche se posso dire di conoscerla a fondo avendola percorsa già sei volte anche quest’anno, il tempo speso per pianificare con cura le tappe, le varie soste fotografiche e fare in modo che il gruppo arrivi nel posto giusto al momento giusto non è stato poco. So per esperienza, però, che è stato tempo ben speso.
Siamo in sei più due master, Fabio Blanco e io. Alcuni di noi partono da Milano, altri da Roma. Ci incontreremo tutti ad Amsterdam da dove proseguiremo insieme per Chicago, punto di partenza del nostro lungo workshop fotografico on the road.

Dedichiamo due notti a Chicago, sia per smaltire il volo, sia per visitare e fotografare questa bellissima città. Abbiamo due comodi van da 7 posti ciascuno e li usiamo per esplorare la parte urbana della Route 66 che parte proprio di fronte al The Art Institute of Chicago, a due passi dal Millenium Park e dalla Willis Tower che fotografiamo con calma sfruttando un’ottima luce. La sera siamo sulla riva del lago a fotografare lo splendido skyline notturno della città.

Al mattino dopo partiamo per la lunga cavalcata di oltre 4.000 km che ci porterà a Los Angeles, dall’altra parte dell’America. La percorreremo alla ricerca dei reperti storici e dei personaggi che abitano la provincia americana, dormiremo nei tipici motel, ci fermeremo nelle stazioni di servizio per fotografare quelle storiche e fare rifornimento in quelle moderne.
Viaggiamo con tutta tranquillità sulla vecchia strada evitando le veloci e anonime autostrade e ci fermiamo ogni volta che il paesaggio ce ne fornisce l’occasione. Conosco con precisione i punti più interessanti, ma la luce cambia di continuo ed è sempre possibile trovare nuovo occasioni fotografiche.

In media, in una giornata tipica dedichiamo almeno tre, quattro ore alla fotografia, il resto alla guida. La Route 66, che molti pensano sia una strada scomparsa, è viva e vitale come non mai. Lungo di essa sono innumerevoli i segni di un’epoca storica, le vecchie stazioni di servizio, gli alberghi, i paesi, le attrazioni che negli anni fra le due guerre e fino ai mitici anni 60 hanno creato il mito del sogno americano.

Nelle prime due giornate attraversiamo una zona ancora fortemente urbanizzata. Non mancano le stazioni di servizio abbandonate e i magnifici murales che troveremo lungo tutta la strada, ma è più interessante attraversare vecchie cittadine che, scavalcate dalle nuove autostrade, hanno perso il traffico di una volta per tornare a una tranquilla vita provinciale.
Sul Mississipi attraversiamo il vecchio ponte ormai dismesso e tutte le volte mi domando come potesse una ponte così stretto e con una curva nel mezzo essere a due sensi di marcia. Ora è chiuso al traffico e aperto ai soli pedoni. Ottimo per noi fotografi!

Il terzo giorno arriviamo a Tulsa, in Oklahoma. Siamo nella famosa Tornado Valley dove durante il pomeriggio abbiamo visto e fotografato magnifiche formazioni nuvolose, oltre a vecchi Trading Post, moderni e coloratissimi camion, stazioni di servizio abbandonate e visitato un enorme concessionario Harley Davidson, la moto della Route 66. Siamo ormai nella grande pianura americana. Le distanze fra le varie cittadine, sempre più piccole, si fanno importanti. È qui che ci si rende conto di quanto poco urbanizzati siano gli Usa.

Ad Amarillo, in New Mexico, fotografiamo il famoso Cadillac Ranch, la sua parodia, il Buggy Ranch, e mangiamo nell’altrettanto famoso Big Texan Steak Ranch dove puoi sfidare la sorte e provare a mangiare in un ora un’enorme bistecca da 72 oz (2 kg). Se ci riesci la bistecca è gratis e finisci iscritto nella Hall of Fame del locale.
A 80 km da Amarillo arriviamo al Mid-Point Caffè, esattamente a metà strada fra Chicago e Los Angeles. Una sosta è obbligatoria, sia per fotografare le vecchie automobili parcheggiate di fronte al caffè, i suoi interni old-style, le moto dei tanti biker, sia per assaggiare una fantastica torta di mele. Proseguiamo il nostro viaggio e prendiamo la deviazione della Route 66 che ci porta fino a Santa Fe, ma prima una lunga visita al museo dell’auto ci permette di vedere e fotografare mezzi che in Europa non potrebbero mai e poi mai ottenere il permesso di circolare.
Santa Fe e poi Albuquerque ci portano nella cultura messicana, cambiano le città, le architetture, il cibo e il paesaggio. Ogni chilometro è fonte di ispirazione per le nostre fotografie. Per fortuna abbiamo tutto il tempo per fermarci e scattare quando vogliamo.

Lasciato il New Mexico entriamo in Arizona e dopo 150 km di paesaggi disabitati entriamo nel Deserto Dipinto (Painted Desert, ndr). Il parco non è enorme (per gli standard americani), ma è ricchissimo di spunti fotografici ed è qui che una volta passava la Route 66.
Visitiamo l’ultimo dei motel, il WigWam, con le camere a forma di tipi indiano. Attraversiamo il deserto e visitiamo il famoso cratere meteoritico largo 1.200 metri e creato da un piccolo meteorite di soli 25 metri di diametro, fino ad arrivare in serata a Flagstaff, in Arizona.
Da qui una lunga deviazione di due giorni ci porta a visitare il Grand Canyon per poi riprendere la Route 66 a Williams.
Da Williams altra deviazione di due giorni fino a Las Vegas per vivere da vicino la città dei divertimenti. Da qui di nuovo sulla Route 66 attraversando la Golden Valley, ricca di miniere abbandonate, il deserto del Mojave, la contea di San Bernardino fino a Los Angeles, per arrivare sul mare a Santa Monica alla fine di venti giorni e 4.800 km percorsi in splendida compagnia. Il tutto fotografando e documentando l’estrema varietà dell’America coast-to-coast.

Anche nel 2017 ripeteremo l’esperienza: il programma è disponibile sul nostro sito web e le iscrizioni sono già aperte.


www.fotografiaeviaggi.com/room/viaggio-fotografico-route-66



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