Sul set di America con la Nikon D800

A cura di: Dino del Vescovo, foto: Samuel Giudice e Fabrizio Falcomatà per Stopdown.it

Nuove conferme e apprezzamenti in ambito video per la nota reflex di casa Nikon. A promuoverla a pieni voti, questa volta, è il giovane regista aostano Alessandro Stevanon a conclusione delle riprese del cortometraggio “America. Primario del reparto Eternità”, uscito lo scorso 16 luglio 2013.


Ha studiato e si è diplomato presso l'Istituto di Stato per la Cinematografia e la TV “Roberto Rossellini” di Roma. Dopo, Alessandro Stevanon, 31 anni, regista e videomaker di Aosta, ha lavorato al fianco di noti professionisti del settore, acquisendo le competenze necessarie a esprimersi con successo nel cinema indipendente.

Michele D'Attanasio (un David di Donatello e diverse partecipazioni alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e al Festival Internazionale del Film di Roma), Fabio Bianchini (montatore di Bernardo Bertolucci) e Marco Spoletini (montatore di Paolo Sorrentino e Matteo Garrone), sono soltanto alcuni dei professionisti che hanno consentito al giovane regista di maturare esperienza e creatività artistica. Oggi offre il suo supporto anche in Rai, nella realizzazione di documentari antropologici e naturalistici.

In questo Nikon Life, Alessandro Stevanon racconta la sua ultima esperienza sul set come regista di “America”, cortometraggio che narra la storia di Giuseppe Bertuna, attore e protagonista aostano, da tutti conosciuto come “Pino America” data la sua breve ma intensa parentesi a stelle e strisce vissuta in gioventù.
Da più di trent'anni custode della camera mortuaria dell'ospedale di Aosta, o come lo stesso narratore ama definirsi “primario del reparto eternità”, Pino America si racconta per tutti e tredici i minuti di durata del cortometraggio, le cui scene sono state girate con apparecchiature Nikon: due reflex Nikon D800 e quattro ottiche Nikkor a focale fissa.


Che legame c'è fra il cortometraggio “America” e Nikon?

Già nelle fasi iniziali del progetto, il ruolo di direttore della fotografia è stato affidato a Damiano Andreotti il quale in più di un'occasione aveva già avuto modo di utilizzare sul set macchine reflex Nikon. Data la necessità di operare in interni, quindi in luoghi in cui il limitato ingombro e la maneggevolezza delle apparecchiature erano priorità assolute, la scelta del dispositivo di ripresa, anziché su una classica videocamera cinematografica tipo Red, è ricaduta su una macchina fotografica reflex. Da qui, il passo verso Nikon è stato brevissimo, direi automatico. Damiano ha contattato la Nital di Torino, esponendo le nostre idee, descrivendo il progetto “America” e in pochi giorni il team era al gran completo. Roberto Bachis della Nital ha offerto la sua disponibilità nel mettere a disposizione l'attrezzatura, con competenza e senza mai entrare nel merito delle scelte artistiche.

Con quale reflex avete girato e con quali ottiche?
Abbiamo utilizzato due corpi Nikon D800, abbinandoli, a seconda delle necessità, a quattro ottiche a focale fissa e apertura f/1.4: 24 mm, 35 mm, 50 mm e 85 mm.
Per la precisione un AF-S Nikkor 24 mm f/1.4G ED, un AF-S Nikkor 35 mm f/1.4G, un AF-S Nikkor 50 mm f/1.4G e un AF-S Nikkor 85 mm f/1.4G.

Come avete operato? Che impressione hai avuto della Nikon D800 in fase di ripresa video?
Abbiamo utilizzato come registratore esterno l'Atomos Ninja, sfruttando il segnale video non compresso in uscita dalla porta HDMI della Nikon D800. Questa scelta ha permesso di registrare i filmati in formato HD ProRes 4:2:2 e quindi di disporre di file puliti e privi di ogni artefatto. Il giudizio che a lavori conclusi posso esprimere sulla D800 è senza dubbio positivo: i filmati sono naturali esattamente come li volevamo, la macchina è stabile in tutto, le ottiche hanno una resa eccellente in ogni situazione. Abbiamo girato in notturno con pochissima luce e senza utilizzare illuminazione aggiuntiva: nonostante ciò i risultati sono stati buoni, anche con sensibilità di 1.000 ISO. Forse ciò che ho notato, solo in color correction con il DaVinci quindi in post-produzione, è che quando si provava a spingere un po' con gli effetti compariva del rumore.

Avete utilizzato il 24 mm anche in interni? E delle quattro ottiche, ti ha colpito una in particolare?
Sì, l'AF-S Nikkor 24 mm f/1.4G ED è stato utilizzato anche in interni. Con questo obiettivo si è realizzato un piano sequenza. Quale mi è piaciuto di più? L'AF-S Nikkor 50 mm f/1.4G. È una lunghezza focale a cui sono molto affezionato.

Cosa mi dici al riguardo della limitata profondità di campo dei sensori Full Frame? Come l'avete gestita?
Confermo che la profondità di campo, con sensori così ampi, si riduce parecchio. Avevamo però messo in conto questo aspetto e ne abbiamo tratto i vantaggi. La ridotta profondità di campo dona infatti ai filmati un look cinematografico, e poi ti dà la possibilità di concentrarti visivamente su ciò che è importante filmare, quindi sul soggetto. Naturalmente si deve fare un po' di attenzione: nella lavorazione di America, il direttore della fotografia gestiva costantemente i fuochi. America, d'altronde, non è un action movie per cui il sensore full frame ci ha permesso di isolare il narratore, restituendo quella staticità che alla fine ben si addice a un personaggio fondamentalmente depresso.

Parliamo un po' di America. Di cosa si tratta?
America narra la vita di Pino America, al secolo Pino Bertura, personaggio eccentrico, molto conosciuto ad Aosta, sia per le sue apparizioni un po' stravaganti, sia per il lavoro che svolge. È infatti custode della camera mortuaria dell'ospedale di Aosta e supporta i medici durante le autopsie in qualità di tecnico necroforo. Non è quindi un attore professionista: nel cortometraggio ha però interpretato sé stesso con molta naturalezza e profondità. Ciò che narra corrisponde alla pura verità. Considera inoltre che è un poeta mancato, uno che con le parole riesce a donare fascino anche ai racconti inerenti il suo lavoro, mettendo in campo un'umanità e una delicatezza fuori dal comune.

È quindi un docu-film?
Sì, ma con qualche elemento di fiction, da me introdotto solo per rendere più piacevole la narrazione, senza che però questa risulti in qualche modo intaccata.

In quanto tempo è stato girato?
In due settimane, per circa dieci ore al giorno. Le dieci ore canoniche della giornata sul set.

E Pino è stato bravo nel raccontarsi?
Sì, molto. Direi che si è calato totalmente nel personaggio. Ed è stato anche molto paziente nell'attendere i tempi necessari a preparare le diverse scena. Alla fine si è creato fra lui e la troupe un ottimo affiatamento.

Avevate già lavorato insieme?
Sì, nel 2003, in uno dei miei primi cortometraggi. Ai tempi però Pino ha fatto solo da comparsa.

Mi dici a quale pubblico è destinato un cortometraggio del genere? Quale direzione prende?
Un corto è una produzione indipendente, diciamo un esercizio di stile che lascia ampia libertà al suo autore. Non è un prodotto meramente commerciale e quindi non deve seguire le regole fisse che il mercato impone. America seguirà quindi un iter festivaliero, almeno per quanto riguarda il primo step. Esistono poi canali televisivi trasmessi dalla TV satellitare, che mandano in onda cortometraggi in particolare. Alla fine ci sarà la fruizione tramite Internet, quindi con la web TV.

Cosa vuoi fare da grande?
Continuare in questa direzione e portare le piccole grandi storie di piccoli grandi uomini all'interno di progetti che abbraccino un pubblico sempre più vasto, nazionale e non solo.

Filmeresti ancora con reflex Nikon?
Sicuramente.

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