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K2, 50 anni dopo
Fabiano Ventura

Le due montagne più alte del mondo conquistate, l'Everest e il K2, 33 alpinisti provenienti da tutta Italia, tra cui due donne, 11 alpinisti in vetta (6 sull'Everest e 5 sul K2), 49 ricercatori, 9 progetti di ricerca afferenti a 5 discipline diverse, 19 tra dipartimenti universitari e istituti di ricerca coinvolti, quattro mesi di avventura e duro lavoro. Questi, in sintesi, i numeri più significativi di "K2 2004 – 50 anni dopo", l'iniziativa organizzata per celebrare il cinquantenario della conquista italiana del K2 avvenuta nel '54. Entrambe le spedizioni sono guidate da Agostino Da Polenza, alla sua quarta avventura sul K2 come alpinista e capospedizione, discepolo di Desio che guidò la spedizione del '54.

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© Fabiano Ventura - K2 e campo base

Partecipo alla spedizione sul K2 come fotografo ufficiale, con l'incarico di documentare le varie fasi dell'impresa alpinistica e le attività scientifiche previste nell'arco della missione. Tenendo conto delle difficoltà logistiche che incontreremo, ho riflettuto a lungo sulla scelta dell'attrezzatura: il Campo Base del K2 si trova a oltre 5000 metri di quota e a quasi 10 giorni di marcia dal più vicino centro abitato in un ambiente dove freddo, polvere e umidità metteranno a dura prova fotocamere e ottiche. L'opera di selezione è stata spietata, sia per avere con me solo elementi di provata affidabilità, sia per ridurre al minimo il peso del materiale. Ho con me una fotocamera digitale che mi permetterà di inviare in tempo reale immagini alle redazioni in Italia, una fotocamera analogica per il 35mm, e una bellissima Linhof per il formato panoramico 6x17cm.

Il viaggio di andata ci porta da Milano a Islamabad, la capitale del Pakistan che costituisce il vero punto di partenza per la nostra marcia di avvicinamento al massiccio del Karakorum. Dopo due giorni di viaggio in pulmino e uno in jeep raggiungiamo Ascole, da dove ripartiamo a piedi con oltre duecento portatori, per una marcia di otto giorni lungo il ghiacciaio del Baltoro che ci porterà alla nostra meta, il Campo Base del K2 alla quota di 5050 metri. Picchi innevati e montagne rocciose si stagliano sempre più alte intorno a noi, e trasformano lentamente il panorama in una serie di paesaggi immensi, severi e aridi, che risvegliano in tutti noi il desiderio di scalarli. Ma siamo qui per un'altra montagna ben più maestosa, il K2.

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© Fabiano Ventura - Il ghiacciaio del Baltoro

Arriviamo al Campo Base e veniamo accolti dai membri della spedizione che ci avevano preceduto due settimane prima, per allestire parte del Campo Base e i primi due campi alti.
Su tutte, spicca la grande tenda bianca a forma di piramide: è Casa Italia, il centro nevralgico del campo italiano, contenente la grande tenda-mensa, la tenda "Comunicazione" (il centro informatico e telematico della missione).

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© Fabiano Ventura
Il Campo Base del K2

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© Fabiano Ventura
Tenda-Mensa

Rimarrò al Campo Base per quasi due mesi, con tutti i problemi legati all'alta quota e alla mancanza di ossigeno.

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© Fabiano Ventura
Lorenzo Cremonesi nella tenda Comunicazione

Ostacolati da un brutto tempo persistente, siamo spesso relegati nell'inattività forzata, circondati da bufere di neve e vento. Spesso mi rifugio nella tenda Comunicazione, dove trascorro lunghe ore ad elaborare le fotografie digitali per inviarle ai mass-media in Italia tremando di freddo nonostante guanti, cappello e giaccone da alta quota, mentre i miei amici rimasti a casa mi raccontano via chat dell'estate romana e del caldo asfissiante.

Nonostante le difficoltà tecniche dovute al grande isolamento e alle condizioni ambientali, è nostro intento comunicare ai media tutte le attività della spedizione con aggiornamenti pressoché continui. Al Campo Base, quindi, abbiamo a disposizione telefoni satellitari e un collegamento permanente a Internet, indispensabile per noi e per i vari giornalisti e operatori della RAI per inviare alle varie redazioni foto e filmati realizzati durante le attività in quota; l'alimentazione elettrica è garantita da un gruppo di pannelli solari: uno dei temi fondamentali della spedizione è infatti anche l'ecocompatibilità e il rispetto per l'ambiente; al termine dei lavori, puntiamo a lasciare pochissime tracce del nostro passaggio sul territorio e a ripristinare lo stato originario dei luoghi.

 

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© Fabiano Ventura
L'ombra del K2

Mentre mi occupo di documentare la vita quotidiana al Campo Base, gli alpinisti preparano l'ascesa alla vetta, montando le tende ai campi alti e sistemando corde fisse lungo il percorso, per rendere sicura sia la salita che la discesa, spesso ancora più pericolosa a causa della stanchezza. Il K2, seconda montagna del mondo per altezza, è sicuramente in testa alle classifiche per difficoltà tecnica e mortalità. Diversi spostamenti al Campo Base Avanzato sul ghiacciaio e sulla morena mi permettono di acclimatarmi meglio alla quota, mentre trasporto l'attrezzatura alpinistica che mi servirà, insieme agli altri alpinisti, per raggiungere i campi più alti. Io, però, ho sempre con me anche il materiale fotografico, mai troppo leggero. E poi, giunge un momento che attendo da tempo: con circa 20 chili di attrezzatura nello zaino, raggiungo il Campo Uno alla quota di 6100 metri, lungo un ripido e faticosissimo pendio innevato.
Finalmente sono sullo "Sperone Abruzzi", la storica via di salita alla vetta del K2! Mi trovo su uno spigolo a strapiombo sul versante sud della montagna, e sotto di me si allarga una
visione vertiginosa del ghiacciaio Godwin Austen che, come un serpente a chilometri di distanza si snoda dalla Sella dei Venti, dove nel 1909 Vittorio Sella realizzò le prime splendide riprese del K2, riunendosi poi agli altri ghiacciai affluenti che scendono dalle valli vicine per raggiungere il ghiacciaio Baltoro sul circo di Concordia.

 

 

 

 

 

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© Fabiano Ventura - Il ghiacciaio del Baltoro

Posso fermarmi solo il tempo indispensabile per realizzare qualche fotografia, poi devo scendere in fretta per l'arrivo del brutto tempo. Al Campo Base, chiuso tra le vette imponenti del K2 e del Broad Peak (un altro "ottomila" di

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© Fabiano Ventura - Notturna al K2

questa terra di giganti), il sole scompare rapidamente; solo alle alte quote si gode dell'incantevole luce del tramonto.
Nonostante la cronica carenza di ossigeno, invece di dormire la notte mi diverto a fotografare il
lento movimento apparente delle stelle con il profilo del K2 in primo piano, con esposizioni prolungate per tutta la notte. Verso l'alba vado a dormire, e come sempre mi infilo completamente vestito nel sacco a pelo congelato.

Le previsioni meteorologiche realizzate in Italia appositamente per la spedizione indicano finalmente una finestra di bel tempo per il fine settimana del 24 luglio: finalmente potremo tentare la salita alla vetta. Alle cinque del mattino suona la sveglia del telefonino cellulare (in questo posto sperduto, è l'unico utilizzo che è possibile farne); mi alzo, indosso la tuta, gli scarponi ramponabili, il cappello, e apro la tenda: fuori, mi aspetta una grande delusione: dal cielo cadono enormi fiocchi di neve. Non mi resta che tornare a rifugiarmi nella tenda Comunicazione, a scrivere email agli amici lontani e ad elaborare le fotografie fin qui realizzate. Speriamo che domani il tempo sia più clemente; come magra consolazione, stasera so che non dovrò preparare nulla, lo zaino pesantissimo è già lì, pronto in tenda, che mi aspetta.

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Fabiano Ventura al Campo Uno

L'indomani, 24 luglio, il tempo è favorevole: l'organizzazione prevede che due squadre di alpinisti si muovano verso i campi più alti, ad un giorno di distanza l'una dall'altra; io sono nella seconda squadra. Torno a salire verso Campo Uno, dove trascorrerò la notte, ripercorrendo ancora una volta il faticosissimo pendio di neve insieme a Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera e mio compagno di tenda. La mattina del 25 luglio ci svegliamo con un panorama mozzafiato, immerso in una luce cristallina difficile da descrivere. Non facciamo in tempo a sciogliere un po' di neve per preparare il tè che già arrivano i primi alpinisti provenienti dal Campo Base Avanzato, sul pendio ghiacciato. Decido di riprendere qualche immagine panoramica, approfittando della luce incredibile del mattino.

Dopo circa un'ora, con il sole più alto, le ombre tendono ad ammorbidirsi, riducendo i contrasti. Realizzo quindi una panoramica cubica (QTVR) con la digitale e la testa sferica.

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© Fabiano Ventura - Panoramica cubica al Campo Uno

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© Fabiano Ventura - Camino Bill

Decido di proseguire oltre nella salita, lascio a Campo Uno la Linhof e porto con me solo la Nikon analogica e la digitale: la fatica è immensa, ogni passo costa molti sforzi, ma l'entusiasmo mi spinge avanti, per vedere altri paesaggi da un punto di vista ancora diverso. Arrivo fino a Campo Due, a quota 6800 metri, dopo aver superato il mitico "Camino Bill", uno dei passaggi chiave della via di salita.

Rimango per oltre un'ora sul pendio verticale del ghiaccio vivo, assicurato alle corde fisse, per riprendere gli alpinisti in salita che affrontano i difficili passaggi tra roccia e ghiaccio.

 

 

 

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© Fabiano Ventura
Arrivo a Campo Due

Il mattino successivo, 26 luglio alle 2:00 del mattino, gli alpinisti della prima squadra partono per la vetta da campo quattro alla quota di 7850 m. Alle 16:17, dopo quattordici ore di scalata oltre gli ottomila metri di quota, Karl Unterchirker e Silvio Mondinelli sono i primi a raggiungere la sommità del K2, seguiti a breve distanza da Michele Compagnoni, Ugo Giacomelli e Walter Nones.

Da oltre tre anni nessun alpinista era riuscito ad arrivare in vetta, a causa di un ghiacciaio pensile strapiombante poco oltre il famoso "collo di bottiglia". Al Campo Base, in costante collegamento radio, esplodono i festeggiamenti.

 

 

 

 

 

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Sulla vetta del K2 - Foto di Karl Unterchirker

La discesa è sicuramente la parte più pericolosa della scalata al K2. Lentamente, gli alpinisti tornano verso il Campo Base, accolti trionfalmente da tutto il gruppo di "K2 2004 – 50 anni dopo"; l'ansia e la trepidazione lasciano ora spazio alla festa, tra le danze dei portatori e la commozione dei partecipanti.
Dal giorno dopo, al Campo Base si inizia a respirare aria di ritorno a casa: la stagione delle pioggie avanza inesorabilmente, e lo scopo per cui abbiamo tanto a lungo lavorato è stato raggiunto; già i primi portatori iniziano il lento ritorno verso valle, con i grossi bidoni blu contenenti parte dell'attrezzatura. Intorno a me il campo scompare piano piano, tutti stanno smontando qualcosa, e tra poco scomparirà anche il tavolo sul quale sto lavorando con il portatile.
Per il ritorno a Islamabad abbiamo due possibilità: un lungo viaggio di cinque giorni a piedi lungo il ghiacciaio, seguito da due giorni di jeep e altri due di pullmann; oppure un più breve volo di due ore in
elicottero, seguito da qualche ora di aereo verso la capitale. Tutto dipende dalle condizioni meteorologiche, e dall'organizzazione logistica dell'ultimo momento. Alla fine possiamo contare sulla seconda soluzione, risparmiandoci la massacrante discesa a piedi sugli aspri terreni del ghiacciaio Baltoro, già incontrati nel viaggio di arrivo. Io sono l'ultimo a lasciare il Campo Base del K2. Voltandomi indietro frequentemente, penso a quanto queste montagne mi hanno dato, e a quanto mi mancheranno. È difficile abbandonare questi luoghi, per tornare ai panorami opprimenti della città. Durante il lungo ritorno verso Roma penso alle tante fotografie che dovrò sviluppare, a ciò che questa esperienza mi ha insegnato, e al desiderio di tornare a visitare questi luoghi con più calma, per poter rivedere con il giusto tempo queste montagne meravigliose.

DAL PUNTO DI VISTA TECNICO…
La mia attrezzatura è composta da una fotocamera Nikon digitale, indispensabile per la copertura fotografica quotidiana da inviare in tempo reale in Italia per i vari telegiornali e quotidiani che seguiranno da vicino la spedizione; ho scelto poi un corpo Nikon F100 con battery pack aggiuntivo MB15 e ottiche che vanno dal supergrandangolare 17 mm. fino al tele 180 mm.; particolarmente importanti sono le batterie stilo per alimentare il corpo macchina: si tratta di elementi al litio dotati di una leggerezza veramente notevole (circa un terzo rispetto alle normali stilo alcaline) e di una longevità assolutamente invidiabile (da prove effettuate nei mesi precedenti la partenza sono riuscito a realizzare fino a sessanta rullini da 36 pose con un singolo cambio, sempre in montagna in condizioni di bassa temperatura).
Alla fine, riuscirò a realizzare l'intera spedizione, due mesi a quote costantemente superiori ai 5000 metri, con un unico set di sei pile stilo al litio! Ma non è solo il formato 24x36 il mio unico campo di attività: ho scelto infatti per questo viaggio una bellissima Linhof Technorama 617 S III, una fotocamera panoramica in grado di realizzare fotogrammi mozzafiato di ben 6x17 cm, equipaggiata con un eccellente obiettivo Schneider Super Angulon XL 72 mm – f./5,6 un vero mostro sia per dimensioni che per qualità delle immagini, allestito appositamente per questa spedizione dai tecnici Linhof che hanno curato la lubrificazione delle parti meccaniche con grassi studiati per le basse temperature. Preziosissimo si è dimostrato il mirino distaccabile, che mi ha consentito di studiare le inquadrature migliori con relativa comodità anche nelle situazioni più disagiate.

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© Fabiano Ventura - Testa Cubica

Ho con me anche una particolare testa fotografica realizzata per produrre riprese panoramiche cubiche (i filmati QuickTime VR™), e un set di tripodi in carbonio Gitzo, leggeri e rigidi, ideali per le condizioni ambientali che troverò sul K2. Per i calcoli dell'esposizione mi affido a un esposimetro digitale esterno Polaris capace di operare sia in luce continua che flash

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