Mare nostrum, Noli

Aldo Costa

È possibile innamorarsi di un paese dietro casa? È quello che è capitato a me più di un anno fa. La prima volta che sentii parlare di Noli fu nel luglio del 2012; in una discussione tra subacquei, si decantavano le sue meraviglie sommerse, ma in particolare si parlava della facilità con la quale si è soliti incontrare i cavallucci marini. A quel punto mi posi come obiettivo di andarci il più presto possibile, e così fu. Viaggiai di notte per circa tre ore. Arrivato, non mi accorsi di nulla, ma fui molto felice di constatare che l’albergo era proprio sul mare, si sentivano le onde dalla camera. Sistemai parte della mia attrezzatura fotografica e mi coricai immediatamente.
 


© Aldo Costa. Sistemazione delle reti
 

Mi svegliai verso le 7.30, aprii la finestra e fui attraversato all’istante da un brivido di felicità. Davanti a me uno dei golfi più belli d’Italia, incorniciato da un lato da un mare dalle strabilianti tonalità azzurre, dall’altro lato da una boscaglia di un verde intenso simile a un gigantesco e soffice batuffolo, e al centro un borgo dal chiaro sapore medievale (Noli fu la quinta repubblica marinara). Un particolare che mi colpì sin da subito fu vedere poco lontano dalla costa alcuni gozzi liguri con dei pescatori che tiravano su le reti e per un attimo ebbi come la sensazione di osservare una scena di vita di altri tempi. Pensai subito come mi sarebbe piaciuto andare a fotografare quei pescatori, ma il mio obiettivo quel giorno era un altro: fotografare il famoso cavalluccio marino.
 


© Aldo Costa. Cavalluccio marino
 

Dopo qualche ora ero già a mollo nel mio habitat preferito, in compagnia di Riccardo, una gentilissima guida subacquea (diventato con il tempo mio grande amico), pinneggiammo fino a trovarci a una cinquantina di metri dalla riva. Diedi una sbirciatina sul fondo, immergendo la testa appena sotto la superfice, vidi subito che la visibilità era incredibilmente buona e dopo un cenno di consenso sgonfiammo il jacket per immergerci. Finalmente sott’acqua! Mi trovai in discesa libera per qualche metro, e osservando il fondale ebbi come la sensazione di essere immerso in un paesaggio lunare. Mi appoggiai sul fondo formato da piccole dune di sabbia chiara che si susseguivano una dopo l’altra, fino a scomparire nel blu intenso delle profondità del mare. Distolto da quell’ipnotico scenario, alzai lo sguardo verso la superficie e mi resi conto che io e la mia guida eravamo letteralmente circondati da una gigantesca nuvola di piccoli e luccicanti pesci argentati.
 


© Aldo Costa. In una nuvola di sugarelli
 

Quel giorno continuai in estasi la mia immersione e fu una scoperta dopo l’altra; tracine e rombi intanati sotto la sabbia, diversi coloratissimi nudibranchi, piccoli polpi perfettamente mimetizzati con il fondale, murene, bavose, fino al tu per tu con l’affascinante cavalluccio marino dallo sguardo quasi umano. Scatto dopo scatto, il mio entusiasmo andava ad aumentare, consapevole ormai da anni del fatto che fotografare sott’acqua vuol dire estraniarsi da tutto e da tutti, rimanendo concentrati solo su quello che si osserva, con le singole emozioni amplificate.
 


© Aldo Costa. Tracina in caccia
 

Sott’acqua le emozioni diventano più forti, sarà perché cambia la gravità, il modo di respirare, la capacità dei movimenti, tutto assume un significato più profondo. Il mare è per me un’inesauribile fonte di stupore, una calamita che attrae da cui non vorrei mai staccarmi, da fotografare con il massimo rispetto, cercando di documentare al meglio le sue infinite meraviglie. L’attrezzatura che utilizzo fuori dall’acqua è composta da una D800, una D700 e come obiettivi un’inseparabile Nikon 24mm f1.4, un Nikon 16/35 f4 vr, un Nikon 50mm f1.4 e un Nikon 85mm f1.8. Sott’acqua utilizzo la D800 con una custodia subacquea e due flash, tutto della Seacam. Come ottiche per la macro utilizzo un Nikon 105mm micro f2.8 VRII e un Nikon 60mm f2.8, per l’ambiente invece utilizzo il Nikon 10.5mm f2.8 DX e un Sigma 15mm f2.8. Ultimamente per la fotografia macro applico su un flash uno snoot della Retra che mi permette di concentrare la luce solo nel punto da me desiderato, mantenendo il contorno del soggetto nero e ottenendo così un risultato molto gradevole.
 


© Aldo Costa. Bavosa, ritratto
 

Dopo quella fatidica immersione, tornai innumerevoli volte a Noli, scattando moltissime foto sotto e sopra l’acqua. Quella volta, all’alba, andai a fotografare i pescatori che di notte gettano le reti in mare e all’alba tirano su il pescato, vendendolo la mattina stessa a un mercato del pesce adiacente alla spiaggia. Ad attenderli, oltre ai clienti abituali, famelici gabbiani che alternano esibizioni aeree a veloci planate in attesa di un pasto facile procurato dal lancio di qualche pesce da parte di un pescatore. Tra un discorso e l’altro con alcuni pescatori nacque un rapporto di amicizia, che mi permise di fotografarli senza problemi intenti nel loro lavoro. Una mattina ebbi il permesso di salire su una loro barca; purtroppo per loro non fu una mattina molto proficua, ma per me sì, tornai a casa con molte altre foto, concentrandomi in particolar modo a fotografare le silhouette disegnate in controluce dal sole basso, che andarono ad arricchire il mio puzzle. Non bisogna necessariamente viaggiare in posti lontani per riuscire a emozionarsi di fronte a un posto nuovo. A me è capitato, fortunatamente, a due passi da casa.
 


© Aldo Costa. Osservare il mare

 

Chi è Aldo Costa

Sono nato in Calabria nel 1978, dal 1993 vivo in provincia di Reggio Emilia. Sono un fotografo autodidatta, ho iniziato a fotografare circa tredici anni fa, da allora non ho più smesso. Trovo che fotografare sia uno dei mezzi migliori per documentare il proprio punto di vista e un ottimo strumento di analisi dello spazio circostante, in chiave assolutamente personale. Quando fotografo ho la fortuna di isolarmi completamente dalle preoccupazioni quotidiane, dalla routine del lavoro, la fotografia è per me un’isola felice dalla quale non vorrei mai allontanarmi.

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