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Storie di Sguardi & Pasolini


© Dorothea Lange

A Milano dal 13 Ottobre 2005 al 15 Gennaio 2006 Forma Centro Internazionale di Fotografia ospita la mostra Storie di Sguardi. La fotografia da Nadar ad Erwitt. Una panoramica su un secolo e mezzo d'invenzione e creazione fotografica, per esplorare i diversi "modi di vedere" attraverso una serie di immagini chiave. Una mostra che, come dice lo storico della fotografia Robert Delpire, non vuole e non può essere esaustiva ma ha l'intento di incitare a vedere.

La fotografia ha oltre 150 anni e queste Storie di sguardi non vogliono celebrare nessun possibile anniversario, ma solo ricostruire il senso e la portata del primo secolo e mezzo in cui la fotografia è nata e si è progressivamente imposta.

 

 

 

 



© Josef Koudelka

Tradizionalmente l'inventore è considerato Nicéphore Niépce che nel 1826 realizzò la prima immagine riconosciuta come fotografia: una veduta dalla sua finestra. Da allora ad oggi, quanti interpreti hanno utilizzato questo mezzo per vedere in modo nuovo, per raccontare la realtà, per sperimentare visioni impossibili, per creare saggi giornalistici?

In 122 diverse immagini dei più grandi autori di tutti i tempi - da Nadar a Stieglitz, da Cartier-Bresson a Newton, il racconto della fotografia, del suo cammino, diventa anche una "storia dello sguardo" e delle sue evoluzioni. Ogni immagine è accompagnata da un breve testo esplicativo. La mostra è concepita da Robert Delpire, storico della fotografia e editore francese e, curata da Alessandra Mauro, è presentata per la prima volta in Italia.



© Russel Lee

La mostra è accompagnata dai tre volumi Storie di sguardi collezione Fotonote pubblicati da Contrasto: I volume: Dall'invenzione all'arte fotografica (1839-1880), II volume: Il mezzo dei tempi moderni (1880-1939), III volume: Dall'istante all'immaginario (1930-1970). Le immagini nel volume (tra i tanti autori: Nadar, Curtis, Cameron, Lewis Carroll, Atget, Stieglitz, Steichen, Man Ray, Capa, Cartier-Bresson, Doisneau, Giacomelli, Weston, Lisette Modell, William Klein, Les Krims, Boltansky, Koudelka) sono scelte e commentate dallo storico della fotografia Michel Frizot.

 

 

 


© William Klein

Fino al 6 novembre è possibile vedere Pier Paolo Pasolini. Una certa idea del mondo una piccola mostra che vuole ricordare, a trent'anni dalla morte, il grande intellettuale italiano, la sua folgorante presenza e l'osservazione sempre nuova e sincera sul mondo.
Due diversi reportage, e due diverse testimonianze fotografiche, si confrontano e si completano: uno sguardo sull'Italia e uno sugli Stati Uniti. Nel 1959 Pasolini si trova a percorrere l'Italia delle prime vacanze borghesi, delle spiagge che cominciano ad affollarsi, della spensieratezza di massa, e realizza così, per la rivista Successo, il bellissimo reportage "La lunga strada di sabbia". A quarant'anni di distanza, il fotografo Philippe Séclier ha ripercorso lo stesso itinerario cercando le tracce, la testimonianza, gli indizi così carichi di significato di quel viaggio.

 

 

 

 

 

 


www.formafoto.it
 
Nel 1966, negli USA, Pasolini scopre un paese forte, duro che lo affascina e lo conquista con la sua immediatezza: "io sono un marxista indipendente, non ho mai chiesto l'iscrizione al partito, e dell'America sono innamorato fin da ragazzo. Perché, non lo so bene" - così, sulle pagine dell'Europeo, racconta la sua esperienza a New York. Il fotografo Duilio Pallottelli – colonna dell'Europeo – è accanto a lui e scatta i ritratti dell'artista in giro per la città, a Times Square o in un ristorante, e ne registra lo sguardo stupito e ammirato del viaggiatore curioso. Pallottelli ferma anche, in una serie di rari e preziosi provini, l'incontro tra Pasolini e il grande fotografo Richard Avedon. Insieme guardano i libri di fotografia, parlano e Avedon allestisce per lui uno studio di posa pronto per un ritratto. Una mostra di scrittura e immagini. Gli appunti di viaggio, la malinconia per l'Italia che cambia, l'entusiasmo per il mondo nuovo. E poi i ritratti di Pasolini a New York, anonimo passante o in studio con Avedon, e infine, nelle foto di Séclier le traccia del suo passaggio; il vuoto che ha lasciato, nei luoghi dove è stato e nelle nostre coscienze.

 

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