Intervista

A cura di:

Editor Zoom Magazine
Rosanna Checchi

Cosa vuol dire, oggi, dirigere una rivista di fotografia? Qual è, da quel punto di osservazione privilegiato, lo "stato delle cose" del mondo dell'immagine e in particolare della fotografia come forma di espressione artistica? Come si è evoluta l'informazione in questo ambito al tempo del digitale e di internet? Sguardi lo ha chiesto a Rosanna Checchi Namias, editor di Zoom Magazine, coordinatrice editoriale di molte altre iniziative della Editrice Progresso, curatrice di diverse rassegne fotografiche, traghettatrice d'immagini - come si dichiara nell'intervista - di grande gusto e pensiero organizzato.

   

Zoom Gennaio/Febbraio 2006, Numero 200
© Janine Antoni, Ingrown, 1998.
The Buhl Collection

Cover Zoom special issue 30 years
© Joyce Tenneson

Quale definizione daresti, oggi, di Zoom?

Siamo un punto di riferimento importante: Zoom è uno strumento di informazione per molti soggetti operanti nell'ambito della fotografia. Lo è per i galleristi, per far conoscere i loro eventi; per gli art-director, per le loro ricerche; per i fotografi, con i loro progetti; per gli amanti della fotografia che desiderano, anche da semplici spettatori, una panoramica sul mondo dell'immagine. Zoom è molte migliaia di contatti al mese con autori, galleristi, istituzioni.Oggi sempre di più siamo anche al di fuori delle semplici pagine stampate, come consulenti per segnalare autori e progetti espositivi. Voglio ricordare la mostra dedicata ad Enzo Ferrari per il centenario della sua nascita. E anche ®evolution, una delle primissime rassegne sulla fotografia digitale – era il 1998! - organizzata presso il Museo della Scienza e Tecnica di Milano. Sino ad arrivare a sostenere il progetto City angels, con le immagini di Giancarlo Mecarelli e molte altre di non minore importanza e in continuo divenire. Grazie al lavoro artistico degli autori e allo staff di Zoom molti eventi sono stati possibili. Anche su questo fronte stiamo crescendo, a questo sviluppo ci conducono gli autori stessi. Oltre al sito internet dedicato alla rivista abbiamo creato un nuovo spazio nel web chiamato per l'appunto Webportfolio, per rispondere alla necessità di molti autori di essere sostenuti. Crediamo nelle possibilità che Zoom ha di non essere solo una rivista. A piccoli passi, tutto questo sta crescendo.


Zoom Speciale Ferrari – ©Foto Varisco – Ritratto a Enzo Ferrari


City Angels - Progetti Editoriali Zoom
© Giancarlo Mercarelli


     
Copertina catalogo Digital Imaging, edito da Zoom.
Cover © Frank Wartenberg
© Daniel Lee
Zoom speciale digitale
©Steven Bloom
Zoom speciale digitale

Come si è evoluto Zoom dalla sua nascita, cosa cerca di raccontare?
Come prodotto editoriale, Zoom ha una sua precisa identità. Fin dall'inizio ha sempre avuto un valore in più nei contenuti, oltre ad essere una bella rivista di fotografia. Il suo obiettivo più importante è dare visibilità ad autori e progetti emergenti inediti. È quasi scontato per gli autori già affermati apprezzarla e usarla come vetrina per comunicare i loro progetti. Ogni fascicolo fornisce un panorama della fotografia internazionale, frutto di un lavoro di contatti e collaborazioni. Per noi è una grande soddisfazione, e anche un orgoglio, avere riconosciuto in autori ancora "anonimi" dei validi artisti ed avere vissuto con loro, dopo la pubblicazione su Zoom, la loro affermazione professionale. L'avere creduto in loro ha anche aperto importanti amicizie che sono andate oltre il rapporto di lavoro. Più recentemente, abbiamo dedicato attenzione al fenomeno culturale cinese, anticipando l'ampia eco che questi artisti stanno diffondendo a livello internazionale. La nostra grande fortuna è di poter vivere l'arte e di avere imparato con l'esperienza di questi anni quanto essa anticipi, nelle sue differenti espressioni, denunciando, ironizzando, estetizzando, comunicando molti fenomeni che poi si plasmano, socialmente, commercialmente. È per noi sempre un'emozione vivere i progetti degli autori con i nostri lettori attraverso le pagine della rivista.

   

Yang Zhenzhong, Luck Family, 1996

Song Tao, images from
In Loud Crowds I dream
of Hanging myself series, 2002

Come si riconosce, e distingue, la sua formula editoriale nell'attuale panorama italiano?
Zoom è nato per seguire la fotografia internazionale, quindi la formula editoriale è semplicemente diversa. Con tutto il rispetto per altre realtà editoriali nazionali, che comunque offrono un buon lavoro di informazione, Zoom non è confrontabile e neppure, oserei dire, in competizione. L'ambito di Zoom è la fotografia internazionale, anche se non esclude quella nazionale. Se invece vogliamo scendere a un confronto da salotto, posso dirvi molto serenamente che Photo è nata e morta almeno quattro volte in Italia mentre Zoom non ha mai avuto difficoltà. Editrice Progresso ha creduto nelle possibilità di Zoom, nonostante l'impegno che ciò comportava, e da oltre dieci anni ha acquisito i diritti internazionali del marchio, diventando proprietaria della testata.



Cover Zoom n°1 edition Japan
© Ken Paul

Da qualche tempo, Zoom ha anche delle edizioni estere: da un anno in Giappone, da pochissimo in Russia. Inoltre, siete distribuiti in Europa e negli Stati Uniti. Il business si allarga, il prestigio cresce.
Zoom ha sempre avuto edizioni estere. Le nostre attuali edizioni in Russia e Giappone sono la naturale evoluzione del lavoro svolto precedentemente. Queste due tappe sono nuove rispetto alla diffusione precedente e lavorano su redazioni autonome. E questo è importante perché permetterà in futuro edizioni speciali che integreranno l'attuale produzione editoriale. In Russia e Giappone vi è anche grande fermento culturale che arricchisce il progetto editoriale nel suo complesso. Non dimentichiamo che dietro al business e al successo c'è sempre molto lavoro, raramente c'è il tempo per "gongolarsi". Chi l'ha provato, lo sa.

Come nascono le vostre scelte editoriali?
Per quanto riguarda Zoom, da un attento studio e monitoraggio dei progetti artistici di un ampio panorama fotografico; per le altre testate da una consolidata esperienza tecnica che non ha mai deluso i nostri lettori.
Editrice Progresso ha una lunga storia, il suo nome è citato nelle enciclopedie. Questo patrimonio si traduce in esperienza, ma sempre con una dedizione profonda verso il lavoro editoriale.

Che rapporto stabilisci con i fotografi?
Ho un grande rispetto per i maestri della fotografia, ma anche per gli autori emergenti. E per entrambi ho la curiosità di capire perché si sono dedicati a quel progetto, perché hanno scattato quelle immagini, perché hanno scelto quella tecnica. Esistono solo delle risposte uniche e questo determina la personalità di ognuno di loro.

Vi cercano, li cercate, le due cose assieme?
Entrambe le cose, prevalentemente riceviamo centinaia di proposte. Da trent'anni abbiamo un rapporto con un ampio numero di autori. Il modo di proporsi, poi, è diventato più professionale anche da parte di autori che stanno cercando una loro strada. Rispetto al passato, questo facilita il nostro lavoro. Quando decido di contattare un autore per una intervista o un portfolio (vedi il fenomeno degli autori cinesi), lo faccio con lo scopo di offrire ai nostri lettori panoramiche ricche di contenuti. È per questo che, nonostante quanto riceviamo in visione, siamo sempre attenti a quanto si sviluppa nel mondo. Un giornalista non può mai smettere di cercare.



Zoom Speciale Ferrari – © Foto Sheriff

Preferisci pubblicare una raccolta delle immagini più significative di un autore o delle monografie tematiche, dei lavori specifici?
Con l'autore, anche il più commerciale, cerco di individuare nelle foto la sua personale ricerca. Spesso l'autore preferisce presentarsi con la serie di foto cui si sente più sicuro, ma la maggior parte si lascia convincere e ci permette di scegliere nel suo privato.

Cosa deve contenere, a tuo avviso, un buon lavoro fotografico? Uno stile, naturalmente, ma anche un racconto, un filo rosso, o pensi che l'emozione di una singola immagine, o di una serie di immagini, basti a se stessa?
Le fotografie devono dare opportunità di meditazione. Se una serie o una singola immagine ti fanno riflettere, allora l'autore ha raggiunto il suo scopo. Non vi sono parametri indispensabili per farmi cogliere l'emozione trasmessa da una foto.

A proposito di racconto e di immagini e parole, un vecchio detto giornalistico sostiene che una buona didascalia raddoppia il valore di un'immagine. I testi, brevi o lunghi, che accompagnano le foto sono - per te - importanti o pensi che una fotografia debba parlare da sola?
Mi è stata fatta spesso questa domanda. Dipende dal contesto. Se una foto mi affascina è perché ha una energia intrinseca: non mi serve titolo, nome dell'autore o didascalia. Se sto lavorando alla realizzazione di un progetto espositivo o editoriale è necessario raccontare per far conoscere e preparare a incontrare. Ci deve essere una comunicazione di contorno.

Più in generale, quale pensi sia - in epoca di multimedialità - la specificità della fotografia?
Forse ancora più di prima, la fotografia è protagonista. Rispetto al video ha la forza della sintesi.

Come giudichi il suo "stato delle cose"?
È entusiasmante, un fermento culturale e sociale di grande impatto. E soprattutto le nuove tecnologie sono linfa vitale per gli artisti.

Qual è l'idea di fotografia che porti avanti attraverso la tua rivista?
Fare le proposte è un compito che spetta agli autori, noi lavoriamo al loro fianco. Come dico spesso, siamo traghettatori d'immagini. Dobbiamo cogliere la novità della ricerca. Nella vita e nel lavoro detesto la superficialità e l'ignoranza, tutti gli autori che abbiamo pubblicato sono molto lontani da questo rischio; anzi credo abbiano fatto molto per la fotografia.

Il cosiddetto fotogiornalismo trova spazio nella tua rivista? Il reportage ti interessa?
Non faccio discriminazioni. Abbiamo pubblicato Salgado ma anche Galligani. I fotoreporter sono autori speciali a mio avviso, proiettati sempre nel futuro; non hanno neanche il tempo di presentare le proprie immagini alle gallerie, sono già proiettati su "che cosa accadrà tra due secondi".

   

Ritratto a Salgado, © Eugenio Tursi
Zoom Gennaio/Febbraio 2001

© Pieter Hugo
Zoom Maggio/Giugno 2004
   

© Mauro Galligani - Zoom Marzo/Aprile 2000

Se c'è, qual è il genere che ami di più personalmente?
Come tutte le persone ho delle preferenze emotive, ma non credo che siano importanti per Zoom. Sono collezionista d'immagini perché stimo molti autori, alcuni me li posso permettere, altri no. Ma alcune immagini mi rimangono veramente nel cuore. Collezionarle è un modo per dimostrare il giusto rispetto.


© Nick Brandt
Zoom Novembre/Dicembre 2005


© Marcello Moscara
Zoom Novembre/Dicembre 2005


© Rocky Schenk
Zoom Luglio/Agosto 2005


© Noriaki Yokosuka
Zoom Novembre/Dicembre 2005


© Shintaro Suda
Zoom Luglio/Agosto 2005

È naturalmente un fatto di sensibilità personale, ma nel gioco delle preferenze individuali cosa prediligi (e perché): b/n o colore?
Tra gli autori recentemente pubblicati, amo le immagini di Nick Brandt, Marcello Moscara, Rocky Schenk, Noriaki Yokosuka e Shintaro Suda.

E tra digitale e pellicola? Bisogna scegliere o si può integrare, convivere?
Non faccio queste distinzioni: si parte dalla mente e solo successivamente si sceglie lo strumento. Si può fare musica anche con un cucchiaio di legno. Ma sulla luna non si può andare a cavallo di una scopa. Quando la mente ha deciso, allora si fanno i passi successivi. Certo è necessario studiare a fondo per sapere usare la tecnica che meglio esprima la propria creatività. Lo studio e la pratica sono fattori indispensabili sia nella scelta analogica sia in quella digitale. È un aspetto che fa spesso la differenza. Si deve principalmente conoscere, poi si può scegliere e le possibilità sono infinite. E questo è un gran vantaggio per gli autori. Nella collezione di Editrice Progresso, abbiamo lastre di vetro realizzate da Rodolfo Namias, fondatore di Progresso Fotografico.

Oltre che di appartenenza a una scuola di pensiero, la scelta, se c'è, dipende anche da un fatto tecnico, nel senso che interviene ancora la discriminante della qualità finale della riproduzione, o siamo ormai alla pari?
La preparazione tecnica del fotografo la dò per scontata. Oggi immagini digitali facilmente riproducibili vengono vendute nelle gallerie come dipinti o stampe fine-art e lo saranno sempre più. Gli autori quando scattano compiono un gesto artistico ed è a quel momento che è necessario dare importanza, nella sua naturalezza. Tutta la commercializzazione che viene dopo è un'altra musica, un altro discorso. Se parliamo di valore commerciale senza tutelare il gesto artistico facciamo del male alla fotografia. Gli autori lo sanno. Sta a loro decidere quante stampe dovranno essere fatte delle proprie opere. La fotografia è un pensiero pensante, un momento di riflessione e di immaginazione. Tu comperi soprattutto quello. Quando parliamo di prezzi, lo ribadisco, è un altro capitolo. Il discorso va spostato sulla serietà degli autori e dei commercianti di immagini.

Se dovessi fare una raccomandazione finale a chi ha la passione della fotografia - professionista o fotoamatore più o meno evoluto - cosa sentiresti di dirgli?
Cercare prima di tutto di riconoscere nella fotografia il proprio mezzo di espressione e d'identità. Non si può fare fotografia senza mettere una parte di se stessi in quello scatto. Anche se non è facile. Avere a che fare con se stessi spesso è difficile e mettere una parte di in una foto a confronto con gli altri è ancora più difficile, ma può dare molte soddisfazioni.

 

Chi è
Rosanna Checchi Namias lavora per Editrice Progresso da 23 anni in qualità di art-director. Si occupa del coordinamento grafico e della selezione delle immagini per le riviste Tutti Fotografi e PcPhoto. Da 18 anni dirige la rivista Zoom Magazine, coordinando il lavoro editoriale anche delle redazioni estere. Inoltre è stata curatrice di numerose mostre fotografica tra cui: "Ferrari. Omaggio a un mito", organizzata dal comune di Maranello; "(R)evolution, prima rassegna di fotografia digitale", presso il Museo della scienza e tecnica di Milano; "30 anni di Fotografia contemporanea" alla sede della Hugo Boss di New York.

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