Ritratti

A cura di:

Le muse di Gianfranco Salis

«Non credo alla realtà oggettiva né alle apparenze, la fotografia anche se manipolata secondo i propri fini è l'unica ipotesi di realtà». Così Gianfranco Salis, fotografo di scena per cinema e teatro, ritrattista, condensa oggi la sua visione fotografica. Di seguito, alcuni giudizi critici sui suoi ritratti, soprattutto al femminile, di Diego Mormorio, Giampiero Mughini, Lanfranco Colombo, Carmine Benincasa.

     

«La gran parte delle donne che fecero da modelle per opere che sono in bellissima mostra dentro chiese e musei furono di incerti trascorsi, anzi talvolta certi, ma non dicibili. Nella mano del pittore esse abbandonarono gli accidenti quotidiani, per divenire semplicemente un'immagine della bellezza. Con lo stesso disincanto, ai giorni nostri, Gianfranco Salis sceglie, a volte, di fotografare, tra le famose attrici, anche delle pornodive, andando così incontro ad una difficoltà che i pittori del passato non avevano a vivere. Si trova, cioè, ad abbattere quella montagna di immagini che per necessità professionale il personaggio ritratto si è lasciato costruire intorno da giornali e televisioni. Salis cerca di restituire la donna che ha davanti all'obiettivo alla sua interezza individuale. Talvolta va oltre e, tornando al modo di operare dei pittori antichi, trasforma una pornodiva in un modello di inappuntabile bellezza, in un richiamo che non lascia escluso nessuno. Fa, ad esempio, di Moana Pozzi e Ilona Staller le donne con le quali sarebbe incantevole vivere tutto. Gianfranco Salis fa queste fotografie fra le pieghe della sua occupazione principale, che è quella di fotografo di cinema. "Fotografo", dice, “le persone che mi ispirano e mi fanno pensare a qualcosa che è dentro di me". Sempre gentile e un po' malinconico, Salis cerca questo sentimento negli altri, e segnatamente nelle donne che fotografa. Così come in molta letteratura romantica, nei suoi ritratti sembra non possa esserci bellezza senza malinconia».
Diego Mormorio

   
© Gianfranco Salis
Margaux Hemingway © Gianfranco Salis     
© Gianfranco Salis
      Moana Pozzi © Gianfranco Salis

 

«Fotografo adusato alla settima arte e alle sue discinte protagoniste, Gianfranco Salis ha da anni Cicciolina quale sua modella d'elezione. E del resto sempre un fotografo ha una sua modella prediletta, una donna i cui spigoli e i cui movimenti danno ispirazione e ritmo alle sue foto. Modelle che fanno da muse nel senso che aiutano i fotografi a trovare il cuore delle loro ossessioni. Helmut Newton ne aveva alcune di queste modelle e se le teneva strette, e di una foto che fa parte della mia collezione e in cui Giampaolo Barbieri aveva utilizzato una di quelle ragazze, tutti quelli che vengono a casa mia e la vedono per la prima volta credono che sia una foto di Newton. Per lo spudoratissimo fotografo inglese Terry Richardson, uno che non mette barriere tra la maniera in cui fotografa le donne e la maniera in cui le assapora nella sua vita privata, certo la modella d'elezione è stata la splendente e altrettanto spudorata Susan Eldrige, una ventiseenne che ha diviso con lui tanto i set fotografici quanto il letto. Per una che così ambiguamente circumnavigava l'erotismo e le sue contraddittorie valenze come Irina Ionesco, la modella d'elezione è stata probabilmente la figlia Eva quando era poco più che decenne ma già femminilmente avvincente, e tra madre e figlia ne sorse successivamente una baruffa anche legale, la figlia accusandola di aver rubato la sua immagine di adolescente. Da fotografo Andy Warhol sprizzava felicità ogni volta che poteva ritrarre l'oltremodo conturbante Bianca Jagger. Il mio amico Franco Fontana m'ha raccontato che di tutte le sue modelle prediligeva una ragazza che faceva una vita qualsiasi dalle parti di Modena e che ogni volta si accendeva di fronte alla sua polaroid, e io sono particolarmente orgoglioso di quando Franco mi ha scattato una polaroid per poi costruire uno di quei collage nei quali è bravissimo, dove ha mescolato la mia immagine e il corpo sensuoso di quella modella. […]
Foto cui Salis conferisce all'estremo il carattere evanescente del sogno, qualcosa che così fortissimamente desideriamo ma che forse non esiste, quel corpo femminile che appare e scompare».
Giampiero Mughini

   
© Gianfranco Salis
Ilona Staller © Gianfranco Salis     
© Gianfranco Salis
     Laura Morante per Armani Parfum © Gianfranco Salis



«È una figura del tutto anomala nel panorama della creazione fotografica italiana, questo Gianfranco Salis che dopo decine di lusinghieri attestati sulla sua felicissima mano nel ritratto d'arte, decide di continuare imperterrito a fare il fotografo di cinema. Sarà per la tradizione familiare (non mi pare senza conseguenze la sua consanguineità con Tazio Secchiaroli) sarà per il suo carattere assolutamente schivo e dolce: il fatto è che se il cinema ha felicemente acquistato un valente professionista,il ritratto ha perso certamente un maestro di livello internazionale. Perso dico, perché Salis non pare aver nessuna intenzione di dedicarsi professionalmente al ritratto. O non sarà questo il segreto del fascino che promana da queste sue immagini? Un segreto legato all'esigenza di "conoscere" prima di ritrarre, in modo che il ritratto (una ex-posizione che non è solo di tratti fisionomici, ma che è di una persona, quando non di un carattere o di una storia di vita) assomigli più a una "definizione" che a una pura documentazione? La galleria di ritratti di Gianfranco Salis non è tuttavia solo una sequenza di volti. È a ben vedere, anche una raffinata e stimolante rivisitazione di molte stagioni della pittura a partire dal Rinascimento botticelliano per arrivare fino alle più calde suggestioni tardo romantiche. Segno non solo di una mano felicissima, ma di un occhio e di una mente sofisticatamente ricchi di cultura visiva».
Lanfranco Colombo

   
© Gianfranco Salis
Anna Galiena © Gianfranco Salis     
© Gianfranco Salis
     Giordana Domiziana © Gianfranco Salis

 

«Queste icone ripropongono i volti della storia come assolutamente presenti, trasmutandoli in pura immagine. All'opera senza identità si oppone il valore unico e irripetibile della persona, attraverso il volto. Questi volti sono metafore di una interpretazione della storia, fondata sul valore unico e irripetibile della persona umana. Non sono la moltiplicazione di un unico volto, sono l'atto di identità di tante storie, volti di persone, ognuno inteso come valore assoluto. Siamo di fronte a splendide icone di un destino di gloria».
Carmine Benincasa

   
© Gianfranco Salis
Marisa Berenson © Gianfranco Salis     
© Gianfranco Salis
     Moana Pozzi © Gianfranco Salis

 

Chi è
Gianfranco Salis, romano, intraprende presto la strada della fotografia sotto la guida di Tazio Secchiaroli. Non ancora ventenne è fotografo al Festival dei due mondi di Spoleto, ritraendo artisti come M. Ceroli, William De Kooning, e l'Orlando Furioso di Luca Ronconi. Dai primi anni '70 inizia a lavorare come fotografo di scena, collaborando con registi come Squitieri, Monicelli, Ferreri, Loy, Scola, Risi, Zeffirelli. Dal 1979 è fotografo di fiducia di Tinto Brass. Parallelamente al cinema, inizia a metà degli anni '80 una serie di ritratti femminili, grazie ai quali Giorgio Armani gli affida il compito di fotografare Laura Morante per il lancio mondiale del suo primo profumo femminile. Nel 1987 ha posto la sua attenzione sui personaggi Ilona Staller e Moana Pozzi, che si erano imposte all'attenzione dei media. Nel 1988, unico europeo nella sezione ritratto, vince con l'immagine di Marisa Berenson il The professional photographer's showcase all'Epcot Center di Orlando Usa. Al suo attivo, numerose mostre in Italia e all'estero.

Metodi di pagamento: