Miti


Anniversari

70 anni Magnum & 100 anni Vogue



Due anniversari - e le pubblicazioni che li celebrano - permettono di entrare dentro la storia e gli archivi, di due eccellenze: da una parte, l’agenzia fotografica Magnum, alle soglie del settantesimo anno della sua fondazione; dall’altra, Vogue, la rivista di moda e stile che debuttò esattamente un secolo fa, nel 1916. Pubblicato per la prima volta in Italia, Magnum. I primi cinquant’anni della leggendaria agenzia fotografica, di Russell Miller (Contrasto, formato 15x22,8 cm, 22 foto in b/n, 336 pp., 24,90 euro), è un viaggio alla scoperta dei protagonisti della vita dell’agenzia, dei fotografi in azione “sul campo”, della ricerca della “notizia” da fotografare, dell’evoluzione nello stile e nel linguaggio. L’antologia Vogue, Voice of a Century, pubblicato da Genesis in sole 1916 copie numerate e firmate, esplora in 504 pagine i cento anni dell’edizione britannica di Vogue, con più di 500 immagini e un prezzo davvero per happy few, 695 sterline, circa 800 euro..




Russell Miller. Magnum. I primi cinquant'anni della leggendaria agenzia fotografica. Contrasto | A destra Vogue, Cover 1955



«Magnum è un'agenzia, un archivio, una rissosa famiglia di fotografi e, alle soglie del sesto decennio, una tradizione», si legge nella “Premessa dell'Editore” che apre il volume. «Nell'attimo decisivo che fa di un individuo un fotografo, istinto e tradizione si fondono in uno scatto dell’otturatore: se manca l’istinto non c’è immagine, ma le immagini prive di tradizione non possono durare. Alcune tradizioni impallidiscono e scompaiono ma questa, a giudicare dalla raccolta che abbiamo tra le mani, è ancora viva. Vi troviamo gli antichi maestri ma anche i nuovi che sembrano dirci: guardateci ora, guardate cosa è diventata Magnum.




Foto di gruppo in occasione del meeting della Magnum del 1988 © Elliott Erwitt/Magnum Photos/Contrasto


Questo breve testo introduttivo apriva, a mo' di esergo, il volume celebrativo dei sessant'anni di Magnum Photos, Magnum°, del 2000. A ogni decennio si sono realizzati bilanci, fotografici e non, su cosa sia stato il patrimonio visivo, informativo ma anche etico, lasciato dalla cooperativa di fotografi più celebre del mondo. E se per i suoi cinquant’anni il libro In Our Time rappresentava un primo, importante, momento di verifica, dieci anni dopo Magnum non si sottraeva a un nuovo, aggiornato riscontro di cosa aveva fin là prodotto e come avrebbe potuto continuare la sua strada. Allo stesso modo, oggi che la Magnum compie 70 anni di vita, è ancora forte la voglia e il bisogno di rintracciare una storia, riannodare i fili di un percorso e, soprattutto, verificare il senso e la ragione di un lavoro collettivo e complesso come appunto è stato ed è tuttora quello di Magnum Photos.




Un lottatore vittorioso della tribù dei Nuba portato a spalla da un compagno. Kordofan, Sud Sudan, 1949 © George Rodger/Magnum Photos/Contrasto


Pubblicare oggi, per la prima volta in italiano, il testo di Russell Miller dedicato alla storia dei primi cinquant'anni di Magnum significa contribuire a quest'azione di verifica continua. Apparso nel 1997, il racconto lungo e appassionato di Miller fece molto scalpore. Pagina dopo pagina, l’autore ci porta a scoprire i protagonisti dell’agenzia, le aspirazioni e i progetti che portarono un gruppo di fotografi, tra i più interessanti del dopoguerra, a fondare una cooperativa in grado di tutelare il loro lavoro e poi, insieme agli altri fotografi che via via si aggregheranno, a cercare in tutti i modi – nonostante il passare degli anni, le crisi dell’editoria, le liti interne, le legittime ansie di realizzazione di ognuno – di resistere e di definire il lavoro e il ruolo speciale del fotografo: documentare e interpretare quel che si agita sulla superficie, come nel profondo, della società.




Marcia per la pace in Vietnam. Washinton DC, 1967 © Marc Ribaud/Magnum Photos/Contrasto


 

Con Miller entriamo anche noi nell'agenzia, la vediamo nascere e consolidarsi. Conosciamo le prime reclute e poi via via gli altri fotografi “arruolati”. Assistiamo ai meeting, proverbialmente rissosi e confusi, partecipiamo alle liti e ai dibattiti che hanno costellato la lunga vita di Magnum, leggiamo le lettere dei protagonisti, in cui si ragionava su quale fosse la strada migliore da seguire. E, soprattutto, seguiamo i fotografi in azione, “sul campo”: dalla guerra di Spagna di Capa alla Cina e all'India di Cartier-Bresson, dalla guerra del Kippur alla lunga saga del Vietnam, dai ritratti di James Dean realizzati da Dennis Stock, al set del celebre film The Misfits – Gli spostati, dall'incontro di René Burri con Che Guevara, al Nicaragua di Susan Meiselas, dalla guerra del Golfo, alla ex Jugoslavia e alla tragedia della Cecenia degli anni Novanta. Li vediamo, così, affrontare la paura e l’esaltazione del pericolo, seguire e cercare “la notizia” da fotografare, evolvere nello stile e nel linguaggio, esprimere i dubbi e le incertezze che, inevitabilmente, una professione e un’organizzazione del genere comportano.



 


Piazza Tienanmen. Pechino, 1989 © Stuart Franklin/Magnum Photos/Contrasto


 

Molto è cambiato da allora. Molti dei protagonisti sono cambiati, alcuni non ci sono più, altri hanno lasciato “la famiglia”, altri ancora si sono aggiunti. Un'agenzia fotografica come Magnum Photos deve affrontare ora uno scenario completamente diverso in cui le grandi concentrazioni di banche immagini, Getty prima di tutto, e un diverso uso della fotografia capillarmente condivisa, impongono nuove sfide da affrontare e nuove soluzioni da adottare per chi ancora immagina per sé il ruolo d'interprete sensibile del mondo e dei suoi cambiamenti. Eppure, proprio questo è ciò che Magnum fa ancora: non smette di interrogarsi sul senso del proprio lavoro, come sull'importanza dell'immenso archivio fotografico che è riuscita a raccogliere. Forse allora, ancora oggi vale la pena rileggere questa storia, così come vale la pena seguire le nuove aspirazioni e i nuovi cambiamenti che avvengono rapidi nella fotografia. Ancora oggi, insomma, vale la pena dire: “Guardateci ora, guardate cosa è diventata Magnum”».



 


Ernesto Che Guevara. L'Avana, Cuba, 1963 © René Burri/Magnum Photos/Contrasto


 

«Negli ultimi cinquant'anni, i fotografi Magnum sono stati presenti nei momenti determinanti della seconda metà del Ventesimo secolo», scrive Russell Miller nell'introduzione, «hanno assistito in prima linea alla storia mondiale, documentato le tragedie, i trionfi e le follie dell’umanità e creato alcune delle immagini più memorabili del secolo, dimostrando che la fotografia è una delle forme d’arte più popolari e potenti di quest’epoca. Nelle mani di un autore Magnum, la macchina fotografica non è più un semplice occhio obiettivo, ma uno strumento che serve a illuminare e informare, una forza che stimola e influenza l’opinione e che a volte parla per chi non ha voce. Nessun altro gruppo mostra un'empatia così intensa e un tale coinvolgimento nei confronti del modo e del mondo in cui viviamo. Prima che la televisione portasse in salotto, quasi in tempo reale, immagini di conflitti, carestie, disastri ambientali e disordini politici, i fotografi Magnum erano gli occhi del mondo, spesso i primi a mostrare quello che accadeva in luoghi remoti e a nutrire la sete di notizie del dopoguerra. Oggi non possono più essere loro i primi a informarci, ma le foto che realizzano continuano a provocare, a pungere coscienze, a divertire, a sbalordire un mondo sempre più cinico e continuano a colmare il divario tra giornalismo e arte. La Magnum può sostenere a giusto titolo di aver elevato il livello del fotogiornalismo, conferendogli fini morali, rispetto di sé e serietà. L'appartenenza a Magnum è ancora oggi uno dei riconoscimenti più grandi cui un fotografo possa aspirare».



 


© Corinne Day


 

Si cambia completamente tono e scenari con Vogue, Voice Of A Century. Un oggetto da collezione, un libro di grande formato (29x35 cm) che mette insieme - grazie a un accesso senza precedenti alla biblioteca e agli archivi di British Vogue - fotografie classiche, illustrazioni, corrispondenze, doppie pagine aperte e coperte copertine e nuove interviste con 100 collaboratori di fama, come tra gli altri Cecil Beaton e Helmut Newton in 100 anni di storia di Vogue. Un'antologia senza eguali, limitata a 1916 esemplari rilegati artigianalmente e firmati individualmente da almeno 8 collaboratori (tra cui l'attuale direttrice di British Vogue, Alexandra Shulman, le modelle Naomi Campbell, Kate Moss, Twiggy, Penelope Tree e il fotografo Mario Testino).




© Alex Chatelain


 

Ecco, di seguito, una serie di pareri su Vogue, Voice Of A Century: «Ci sono stati molti libri pubblicati da Vogue, ma mai un libro come questo», Alexandra Shulman. «Vogue è la moda. Vogue ha cambiato l’immaginario delle persone e il loro modo di guardare le cose», Kate Moss. «C’è una certa cosa che secondo me è abbastanza magico: quando si è parte di essa, sei parte di essa», Mario Testino. «Sono cresciuto in una città della Pennsylvania occidentale e ho visto British Vogue come una sorta di miracolo», Bruce Weber. «Ha scoperto e sostenuto alcuni dei grandi fotografi e designer del XX secolo. Che possa continuare a lungo». Bianca Jagger.




Interno manoscritto


 

«Vogue è più che mai importante, permettendoci di sognare mentre ci intrattiene e informando le nostre opinioni e i nostri gusti. Mentre abbraccia il nuovo, non ignora mai storia e contesto. È senza tempo e senza età». Yasmin Le Bon. «Ho lavorato per la prima volta per Vogue nel 1956 e non riesco a immaginare la vita senza. Sono sempre stato molto entusiasta di vedere le mie foto nella rivista. Vogue è stata la mia vita», Lord Snowdon. «Ho iniziato a leggere Vogue quando avevo quasi 15 anni. Era l’epoca delle glamazon Super Model e pensavo che Cindy e compagne fossero le donne più incantevoli che avessi mai visto», Sophie Dahl. «Mi sento molto fortunato. Come diceva spesso Terence Donovan: è meglio che lavorare in una banca», Grace Coddington.




Interno manoscritto

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