Inviati

A cura di:

La scuola dell'uomo
Cristina Francesconi


© Cristina Francesconi
Papua Nuova Guinea

C'è sempre stato nel mio Dna quel gene nomade che mi spinge a partire, non per una insofferenza, né l'affannosa ricerca di qualcosa che non so trovare dentro di me. La mia casa è dentro di me e non è un confine geografico che ne cambierà l'essenza. Ma può sicuramente arricchirla e contaminare il mio io con altre culture. Viaggiatrice, non turista. Penso infatti ci sia una grossa differenza fra turista e viaggiatore.

 



© Cristina Francesconi
Papua Nuova Guinea

Il turista osserva, spettatore più o meno partecipe di uno spettacolo che (in quanto pagante) esige sia piacevole. Il viaggiatore respira il viaggio, immergendosi in maniera totale nei luoghi che attraversa. Il viaggio diventa olfattivo, tattile, uditivo e visivo. Così accade che un mercato non è semplicemente un pittoresco e caotico luogo di scambi ma una realtà di cui apprezzo il fetore, il caldo umido che fa incollare gli abiti alla pelle, la polvere che mi imbianca i piedi, gli sguardi che si incrociano, contrasti di colori e magie monocromatiche, musiche stonate e misture pungenti di spezie che intasano il naso.

 



© Cristina Francesconi
Papua Nuova Guinea

Il viaggio non è finalizzato a una meta ma è l'intero percorso per raggiungerla che ha inizio nella fantasia, in quel particolare che ha stuzzicato la mia curiosità. La scoperta dell'uomo è il mio primario interesse. Il suo adattarsi all'ambiente, il progresso/regresso che ne muta i comportamenti. Proprio spinta da questo è arrivato l'impulso alla fotografia. Una fotografia istintiva che cerca di riversare sulla pellicola l'impatto emotivo di uno sguardo, di un istante, lontanissima dalle conoscenze tecniche che purtroppo ignoro quasi completamente e priva anche di attrezzature adeguate. Ma la fotografia che più amo non è quella perfetta che a volte l'eccessiva tecnica può rendere fredda e scolastica, bensì quell'attimo magico che riesci a fermare in uno scatto, magari un po' mosso, leggermente sfocato, però capace di renderti tutto, anche il calore dell'aria, gli odori, le grida.

   
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© Cristina Francesconi
Papua Nuova Guinea
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© Cristina Francesconi
Papua Nuova Guinea

Per molti anni ho viaggiato e fotografato con una macchinetta subacquea priva anche di zoom. Sicuramente invalidante per molti aspetti ma che mi costringeva a tuffarmi dentro il soggetto. Per fotografare certi particolari delle tribù di Papua-Nuova Guinea ho dovuto necessariamente esserne parte, muovermi con loro, finché la confidenza non mi ha reso invisibile agli occhi del soggetto. Mi sono così ritrovata proiettata in una caleidoscopica esplosione di colori, capace di stordirmi nell'incredula ammirazione di ciò che avevo intorno, fino a commuovermi. Facce scure dipinte con i gialli e i rossi della terra e profili evidenziati da toni blu cobalto, ricordavano tele di Matisse, di Mirò, di Kandinskij, moderne ed esasperate opere futuriste.



© Cristina Francesconi
Papua Nuova Guinea

In certi momenti non puoi permetterti di cercare la luce giusta e i tempi perfetti, intuisci da una serie di emozioni che quello è l'istante che cerchi e devi scattare. Ho scattato moltissimo, spesso in corsa, o acquattata tra le gambe scultoree di guerrieri seminudi, ricoperta dal mio e dal loro sudore e dal colore che colava ovunque al ritmico scandire delle percussioni. La maggior parte degli scatti era da buttare. Ma qualcosa si è salvato.

 

 



© Cristina Francesconi
Papua Nuova Guinea

Quasi tutti i miei viaggi prevedono lunghi tragitti a piedi e in condizioni spesso disagiate, per questo preferisco un'attrezzatura limitata che non mi impedisca nei movimenti. Credo che solo camminando si possano fare le foto migliori perché si ha maggiore possibilità di osservare e ho anche appurato che l'essere donna agevola nei rapporti col soggetto che spesso si sente meno minacciato e più propenso alla naturalezza.

Durante alcune esperienze forti, come quella in un ospedale africano per madri e bambini affetti da Aids (il St. Albert's Hospital in Zimbabwe) mi sono resa conto di quanto possa essere difficilissimo fotografare, ma non per ostacoli tecnici, bensì per l'orrore e il dolore che ti trovi di fronte e devi chiederti fin dove puoi spingerti interpretando con delicatezza il volere del soggetto che stai inquadrando.
Il rispetto della dignità umana è alla base del mio modo di raccontare, anche nel mostrare la miseria, la sofferenza, il degrado e la malattia. E spero rimanga tale per sempre.

 

 



© Cristina Francesconi - St. Alberts's Hospital

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