1 tema, 5 immagini

A cura di:

Amore e morte
Susanna Sinclair


© Susanna Sinclair

Due tempi scandiscono Play - Variations on a Theme (in mostra dal 21 aprile al 14 maggio, a Milano, presso la galleria Il Torchio-Costantini Arte Contemporanea): il primo narra la passione; il secondo descrive l'assenza. In questo nuovo lavoro, Susanna Sinclair torna a fotografarsi, seguendo un percorso erotico nel quale è al tempo stesso protagonista e vittima, senza mai abbandonare il centro della scena.

Nel primo tempo gli amanti s'incontrano. L'obiettivo li ritrae, in otto immagini, in una stanza d'albergo, non luogo elettivo d'ogni trasgressione. All'inizio, sperimentano una carnalità condivisa, le bocche, le mani che s'insinuano, sempre più indiscrete. Susanna e il suo compagno si fanno consapevolmente spiare dalla macchina fotografica, così da esporsi con impudicizia maliziosa. È un gioco, pelle sulla pelle, intreccio, sfida. Ciascuno cerca nel corpo dell'altro il proprio limite, vorrebbe trascenderlo, superarlo, fino alla rivelazione estrema. Un attimo, un'accensione improvvisa, e la tenerezza cede alla violenza. Nella finzione del racconto, stati d'animo e sensazioni profonde si traducono in immagini: vediamo una pistola, lei appare riversa, raggiunta da un proiettile, quindi è lui a rivolgere l'arma contro di sé. La fine del rapporto coincide con la morte rituale. Il gioco tuttavia continua, nelle sue labirintiche variazioni. Nel secondo tempo, bruciato il furore dionisiaco, altro non rimane se non il corpo, che continua a essere un oggetto, com'era stato nell'esaltazione dei sensi.


© Susanna Sinclair

In otto scatti crudeli, viene offerto agli sguardi sul tavolo di un obitorio: è l'approdo del viaggio agli inferi di Sinclair cominciato nel 2002 con Whatever Love Means e proseguito con Fashion Show nel 2003. Una trilogia che svolge, con accenti diversi, un tema antico, la ricerca di sé, smarrito nelle contraddizioni del mondo contemporaneo: il desiderio, e l'ossessione, di ritrovare la propria realtà umana, carne e sangue, cancellata dalla civiltà dell'apparenza, dove tutto si risolve nell'ostentazione dell' immagine. Qui, le bianche membra abbandonate si fingono senza vita, ma s'intuisce una segreta vibrazione; quasi un urlo raggelato, che esprime lo sgomento di una perdita.

Nel mostrare la metafora di un mero involucro ormai privo d'afflato vitale, queste fotografie violano dunque il tabù della morte, che la nostra cultura cela nella vergogna un tempo riservata al sesso, per affermare la volontà di risorgere; descrivono infatti l'elaborazione di un lutto, quello provocato dall'abbandono, non importa se imposto o subito, della persona amata.


© Susanna Sinclair

Ogni volta che una storia d'amore finisce, muore una parte di noi, e in noi muore il compagno o la compagna che non è più al nostro fianco. Susanna Sinclair esplicita questo stato d'animo in termini oggettivi. Si fa guardare, e soprattutto si guarda, quasi a dire: ecco quel che di me ho ucciso, e che pure tornerà a vivere. Non manca, a stemperare i toni, una sfumatura ironica. L'erotismo esplicito della prima sequenza riappare nella seconda sotto altre forme: il trucco del volto, i guanti e le scarpe, calzate con una punta di feticismo, evocano la presenza, non rivelata, di un amante, o meglio di un complice, che agisce non visto. Confluisce, in questi notturni bianchi e neri, anche una rete fittissima di richiami pittorici e letterari: dalle danze macabre e dalle sculture che nel Medioevo adornavano le cattedrali, fino alle vanitates predilette dai pittori fiamminghi, che ricordavano ai ricchi committenti quanto velocemente transit gloria mundi. E ancora, echi e reminiscenze del romanzo gotico, la pagine di Monk Lewis, le atmosfere di Poe, la vampira Carmilla di Sheridan Le Fanu, la Lulu di Wedekind e di Berg… le belle & cattive che, tra Sette e Ottocento, si sono levate dal feretro per annientare l'amante con la loro fascinazione luciferina… Susanna Sinclair indaga con spietata lucidità l'intreccio tra Eros e Thanatos che percorre la grande stagione del decadentismo, rivisitata con gli strumenti della fotografia concettuale.


© Susanna Sinclair

Dal testo che Giuliana Scimé ha scritto per l'occasione:

"… La storia che narra per immagini Susanna Sinclair è il classico di tutte le possessioni possibili e del perverso binomio 'amore/morte'. Una donna, un uomo. Un incontro di incandescente passione, non il primo, ma l'ultimo di certo. Atto I. In otto quadri. La sequenza è pulita: otto fotogrammi seguono lo svolgere dei fatti, come scriverebbe un cronista o un poliziotto. I due hanno già legato i loro corpi in quel momento alto che è come morire. Adesso giocano per sospendere il tempo e rinnovare le pulsioni che si riaccendono, con il ritmo che si conviene. Qualcosa si spezza o, meglio, prepotente si afferma l'unica soluzione possibile ad un amore che non deve né può morire. L'utopia di ogni amante è l'amore eterno che, in terra, è assai improbabile. E perché non muoia un amore, la morte fisica è la risoluzione che l'essere umano, ottuso e cieco, conosce. E Play – Variations on a Theme non si conclude con due colpi di pistola, questo sarebbe, appunto per la cronaca o i verbali di polizia. La dark lady, in termini contemporanei la femmina fatale di dannunziana memoria, è vittima contravvenendo alle regole dei ruoli che la pretendono crudele dominatrice. O chissà, la sottigliezza della dark lady è così sofisticata da piegare la volontà: è lei che induce all'omicidio/suicidio, per attuare una sorta di resurrezione laica. Atto II. In otto quadri. Corpo nudo steso su un tavolo della morgue. Verginale bianchezza che la morte cancella ogni segno e peccato … Susanna Sinclair è attrice protagonista e autrice della messa in scena. Si deve essere animati da uno straordinario coraggio per esporre il proprio corpo nudo, soprattutto per denudare le lacerazioni dell'intimo con l'evidenza di una fotografia che nulla cela agli sguardi e al pensiero. E se un sospetto di esibizionismo può attraversare la mente, subito è ricacciato: la Sinclair sottolinea le sue immagini con versi di Shakespeare, eletti con cura fra i sonetti e le tragedie ("Se è vero che un buon vino non ha bisogno di insegne, è anche vero che un buon dramma non ha bisogno di epilogo", As you Like It). La poesia addolcisce la crudezza delle immagini e la violenza degli eventi, e sussurra lieve le verità inconfessate…".


© Susanna Sinclair

Chi è
Di padre romano e madre scozzese, Susanna Sinclair ha vissuto in Inghilterra, in Argentina e negli Stati Uniti. Ha lavorato in marketing e pubblicità. Dal 2000 si dedica alla fotografia dividendo la propria attività fra Londra e Milano. Ha esposto a Londra, Southampton (USA), Milano e Bologna Artefiera 2005.

www.iltorchio-costantini.com

Metodi di pagamento: