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Il fotogiornalismo in Italia 1945-2005


1950 - Giancolombo

L'XI Biennale internazionale di fotografia, all'insegna del "made in Italy", riflette per la prima volta in modo critico e organico sulla storia del fotogiornalismo italiano con la mostra "Il fotogiornalismo in Italia 1945-2005" (Torino, Palazzo Bricherasio, dal 2 settembre al 2 ottobre; progetto, produzione e organizzazione Fondazione Italiana per la Fotografia): un percorso di oltre 300 immagini firmate dai più grandi reporter, agenzie e archivi.

 

 

 



1990 - Tonino Conti

Uliano Lucas, curatore della mostra, guida un viaggio nella storia d'Italia degli ultimi sessant'anni raccontando l'intreccio tra il modificarsi del paese, i centri di potere, il mondo editoriale, seguendo l'evolversi del linguaggio dell'informazione e della fotografia d'informazione in rapporto alle mutate richieste della società: dal neorealismo del dopoguerra al paparazzismo, dal reportage sociale che si afferma negli anni '60 insieme a un nuovo modo di guardare e raccontare, alla fotografia di cronaca dei fotografi di redazione degli anni del terrorismo e delle stragi di mafia, dalla foto anonima d'agenzia che attraversa tutta la storia degli ultimi anni, a riprova del desiderio di evasione e di fiabe moderne di una classe media sorda di fronte ai bisogni e alle pulsioni reali del paese, ai nuovi stili e messaggi degli scatti degli anni '90, strettamente legati alla riorganizzazione del mondo dell'informazione nella globalizzata e tecnologicizzata società postmoderna, ma anche all'ingresso della fotografia, anche quella di news, nel mondo dell'arte e del collezionismo.

Riportiamo di seguito alcuni estratti del testo che Uliano Lucas ha scritto per presentare l'iniziativa.

 

 


Le sezioni
La scoperta del paese. L'Italia del dopoguerra e le agenzie fotografiche
Gli anni '50. Verso il miracolo economico
Il Trasformarsi dell'Editoria. I fotografi milanesi
L'immagine di cronaca: un nuovo spazio per il fotografo
Gli anni '60. Il Paparazzismo, il Cinema
Il '68. Gli anni dell'autunno caldo e della contestazione
Gli anni '70
Gli anni '8O e '90
Verso il 2000. Le nuove tecnologie
La Fotografia sportiva
L'uso e l'evolversi del colore nel fotoreportage in Italia.



1993 - Franco Zecchin

"In perfetta sintonia con una cultura giornalistica che ha sempre considerato la fotografia un'appendice alla notizia scritta, un mero tappabuchi della pagina, il fotogiornalismo non ha meritato finora una sua storia.
Mentre la carta stampata ha avuto in Paolo Murialdi il suo attento storico e a centinaia si contano i saggi e le ricostruzioni dei percorsi e delle trasformazioni dei quotidiani e dei periodici negli ultimi cinquant'anni, la storia del giornalismo per immagini rimane una storia per molti versi mai raccontata.
La questione del ruolo e della funzione della notizia visiva nel sistema dell'informazione, il problema dello spazio che ad essa viene dedicato e di quello che dovrebbe in teoria occupare, e soprattutto il nodo della figura professionale del fotoreporter, sono stati oggetto solo di scritti e mostre occasionali, relegati spesso ad interventi durante convegni che si sono fatti negli ultimi anni sempre meno frequenti, hanno trovato posto solo in articoli ed esposizioni di commemorazione nostalgica, come corollari alle memorie delle due "età d'oro" dell'Italia e del nostro fotogiornalismo, i primi anni della ricostruzione e quelli del '68.


2001 / 2002 - Marco Vacca

L'unico tentativo di andare oltre a critiche o sfoghi estemporanei e di offrire un quadro dell'evoluzione del fotogiornalismo in questo paese, data ormai vent'anni fa. E' L'informazione negata. Il fotogiornalismo in Italia 1945/1980, uscito nel 1981 per le edizioni Dedalo a cura di Uliano Lucas e Maurizio Bizziccari accompagnato da una mostra di 600 immagini alla Pinacoteca di Bari e a Palazzo Manin a Milano. Le foto, scelte dagli archivi di Giancolombo, Patellani, Garrubba, Cerati, Mulas, Dondero, De Biasi, tentavano di gettare uno sguardo sui percorsi professionali di almeno alcuni dei nostri maggiori fotoreporter, e i testi, firmati da protagonisti e storici dell'informazione visiva e scritta come Ermanno Rea, Edgardo Pellegrini, Arturo Carlo Quintavalle, volevano denunciare i limiti della nostra cultura fotografica, proporre dei temi di riflessione e delle chiavi di lettura sui meccanismi politici ed economici che hanno impedito l'imporsi sulla nostra stampa di prodotti di informazione fotografica di alta qualità.
Erano i primi anni ottanta e l'iniziativa era l'ultima eco di un dibattito che aveva animato gli anni settanta e che stava per spegnersi nella nuova normalizzazione del paese e dell'informazione.
Oggi, a distanza di vent'anni, in un mondo che è ormai dominato dall'immagine, in cui le nuove tecnologie stanno trasformando radicalmente, a una velocità impensata, i modi di fare informazione, e che vede però irrisolti molti dei nodi cruciali del mercato della notizia visiva, la mancanza di una riflessione sulla storia dell'immagine giornalistica nel nostro paese torna a farsi sentire.
Ecco allora questa nuova mostra che si rivolge alla nuova generazione di fotografi e di addetti ai lavori che, talora soffocata dai tecnicismi dei nuovi sistemi di informazione, rischia di smarrire il legame con il passato e con la riflessione teorica sul mezzo, ma anche ai non specialisti sempre più condizionati, spesso inconsapevolmente, nella società massmediatica in cui viviamo, dalle scelte d'informazione compiute dai giornali, dalla televisione, da internet.



1966 - Giorgio Lotti

Operando su più piani narrativi, attraverso un allestimento che affianca all'esposizione tradizionale delle fotografie di giornalismo degli ultimi 50 anni, sezioni che ricorrono a strumenti multimediali per proporre diversi percorsi di riflessione e di informazione, la mostra tenta di sciogliere lungo le diverse sale il nodo complesso delle problematiche legate al linguaggio visivo, ai modi dell'informazione, cerca di indagare i nessi fra stampa, editoria e poteri economici e politici che hanno profondamente segnato la storia del fotogiornalismo fin dai suoi albori.
Aiutato da un allestimento che alle immagini dei grandi fotoreporter della nostra storia affianca foto d'agenzia, riproduzioni delle testate e delle pagine dei giornali, stampe dei provini, delle foto non pubblicate, delle diverse immagini su uno stesso argomento scelte dai vari settimanali in funzione della propria politica informativa, il visitatore scoprirà che lo sguardo da lui gettato sul passato è anche uno sguardo che attraversa e va oltre la propria contemporaneità, a toccare e svelare problematiche che coinvolgono il cuore stesso delle organizzazioni politiche sociali e culturali delle moderne società di massa.
L'immagine "neutra" della maggior parte degli scatti di agenzia messa a confronto con il taglio personale del racconto fotografico del free-lance, le diverse scelte grafiche e di impaginazione dei giornali, i diversi tagli operati su una stessa foto o le didascalie talora antitetiche apposte sotto di essa per caricarla di significati differenti, l'accostamento di foto di informazione a foto pubblicitarie che rivela un'impensata omologia di messaggi, mostreranno le molteplici dinamiche in gioco nell'esecuzione e poi nella scelta di un'immagine, mentre il mutare dei temi e degli stili delle fotografie lungo il percorso della mostra restituiranno tappe e caratteristiche dell'evoluzione della nostra società.
Il visitatore vedrà allora forse in modo nuovo la sua storia, prenderà coscienza dei diversi messaggi e delle diverse funzioni nascoste dietro un'immagine che all'apparenza si presenta come una riproduzione fedele della realtà, dell'analfabetismo visivo ancora massicciamente presente in una società ormai dominata dalle immagini, in cui i confini fra realtà e finzione/rappresentazione si fanno sempre più labili.
Scoprirà forse anche le altre storie sviluppatesi a latere della storia raccontata dalle testate a larga tiratura, storie che sono specchio delle molteplici realtà, dei diversi indirizzi sociali e culturali che hanno attraversato un'Italia forse troppo affrettatamente giudicata monolitica se guardata unicamente attraverso l'iconografia ufficiale che l'ha ritratta, così come immaginerà le storie mancate o abortite, il fotogiornalismo come avrebbe potuto essere in un clima culturale e politico diverso da quello che ha invece spaccato in due l'Italia nel dopoguerra con l'avvento della guerra fredda e la contrapposizione ideologica che essa ha determinato …



1954 - Alfa Castaldi

La storia del fotogiornalismo in Italia è anche una storia delle fotografie non fatte, dell'uso e dell'abuso della notizia e dell'immagine, della censura politica, di quel gap rispetto all'Europa che ha portato la stampa, se non in rari casi, a trascurare la fotografia (e anche questo gap verrà mostrato, attraverso un confronto con alcune foto di reportage di testate straniere). Ed è soprattutto una storia di quei nessi fra potere politico, grandi aggregazioni editoriali e stampa, che hanno segnato, con le loro committenze, l'indirizzo del fotogiornalismo italiano, favorendo l'affermarsi di una fotografia d'agenzia neutra e di bassa qualità e ostacolando lo sviluppo di qualsiasi forma di fotografia indipendente, ragionata, personale.
Accanto a questa grande storia, c'è poi però anche quella, minoritaria, dei tentativi di direttori, intellettuali e fotoreporter di infrangere il muro dell'informazione di potere e fare un buon giornalismo d'immagine. Esperimenti editoriali, profili di grandi intellettuali, storie di sapienti conoscitori dello strumento della macchina fotografica, di abili creatori della notizia, soprattutto di uomini che hanno amato il proprio mestiere, che vengono offerte, forse per la prima volta, come un imprescindibile punto di riferimento, un necessario filo di congiunzione con il passato per i nuovi professionisti dell'immagine. Non dunque 300 immagini appese ad una parete per essere apprezzare per il loro riscoperto valore estetico e artistico o per essere lette unicamente come documento del "come eravamo", della storia del paese, non una mostra nel senso tradizionale del termine, ma un'operazione culturale in cui diversi mezzi e linguaggi, oculatamente usati - immagini, grafica, testi, ipertesti, video - sono chiamati a intrecciare più racconti cercando di restituire una storia in tutti i suoi risvolti. Del resto non è forse proprio questa la formula che ci ha insegnato il buon fotogiornalismo?"

www.fif.arte2000.net



1977 - Tano D'Amico
 

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