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Anticipazione FotoGrafia, 6a edizione

Il Festival Internazionale FotoGrafia di Roma, giunto alla sua sesta edizione, sempre sotto la direzione artistica di Marco Delogu, si svolgerà quest'anno dal 6 aprile al 3 giugno. Contando di ritornare in futuro sulle mostre più importanti, Sguardi segnala intanto due anticipazioni del programma, la collettiva di sette fotografi "Non tutte le strade portano a Roma" e Mutations I, una mostra che nell'ambito del Mese Europeo della Fotografia riunisce i festival europei di fotografia di Parigi, Roma, Berlino, Vienna, Bratislava, Lussemburgo e Mosca, e un premio appena nato, il Premio Internazionale FotoGrafia-Baume & Mercier.


AES+F, ACTION HALF LIFE, EPISODE 3 # 4, 2003
Courtesy Moscow House of Photography / Mutations I

Il premio che sarà un appuntamento fisso del festival, è rivolto senza esclusioni a tutti i fotografi professionisti (senza limiti di età o di provenienza geografica) che potranno partecipare gratuitamente presentando entro e non oltre il 13 aprile un concept di un lavoro fotografico inedito, da realizzare in completa libertà espressiva attraverso immagini, video e installazioni. Il tema di questa prima edizione è "Una storia del mio mondo", un'occasione per raccontare attraverso la propria esperienza piccole storie del nostro tempo, un frammento di vita globale, di parlare di sé attraverso il proprio sguardo sul mondo. In particolar modo rispetto alle relazioni umane, sociali, personali, al senso profondo dello scambio e dell'incontro tra gli uomini. Il premio consiste nella commissione al vincitore della realizzazione del suo lavoro e nella produzione di una mostra (che verrà poi presentata nel gruppo delle mostre principali dell'edizione 2008 di FotoGrafia) in tutte le sue fasi, dalla copertura dei costi, all'allestimento, la comunicazione e la promozione e nella realizzazione di un catalogo dedicato. Per maggiori informazioni: www.fotografiafestival.it e www.baume-et-mercier.com.

Venendo alla mostra Non tutte le strade portano a Roma, in uno spazio per la prima volta restituito alla città (l'Ex GIL, uno dei più interessanti esempi di architettura razionalista realizzato nel 1933) fino al 26 aprile sono proposte le immagini di sette fotografi italiani ed internazionali che hanno lavorato sul tema del paesaggio. Accanto a fotografi già affermati come Luca Campigotto, Xavier Ribas, Raphaël Dallaporta e Guy Tillim, Marco Delogu ha coinvolto nel progetto tre artisti che provengono dal vivaio produttivo di FotoGrafia: Giuliano Matteucci, Angelo Antolino e Luca Nostri, favorendo così il dialogo e il confronto tra gli autori affermati e i giovani talenti.


Raphaël Dallaporta, Dune nel parco del Circeo, 2007

Sette ricerche assolutamente individuali, frutto del confronto fra la propria esperienza personale e l'identità di una terra fatta di molteplici stratificazioni di età e simboli, di testimonianze della civiltà dell'uomo e linee di paesaggio. Sette sguardi differenti sulle mutazioni del territorio in località suggestive e insolite della regione, situate tra la Sabina e il litorale. Una visione del paesaggio originale e inedita, tra reportage e arte contemporanea, che mira a far emergere il valore e la ricchezza delle attrattive turistiche del Lazio, la suggestione racchiusa nel territorio, un patrimonio artistico e culturale senza paragone per vastità e molteplicità.

La produzione delle mostre ha avuto avvio nella scorsa estate e si è sviluppata in due aree ben precise del territorio: la zona rurale della Sabina, dove si sono recati Guy Tillim, Giuliano Matteucci e Angelo Antolino e il litorale laziale, con due parziali deviazioni lungo la via Appia e nel sito archeologico di Vulci, nel cuore dell'alta Etruria, dove invece hanno lavorato Luca Campigotto, Raphaël Dallaporta, Luca Nostri e Xavier Ribas.


Luca Campigotto, Chiaia classica

Guy Tillim, fotoreporter di origini sudafricane, ripercorre a distanza di più di settecento anni quel pezzo del Cammino di San Francesco lungo le montagne intorno alla conca reatina, cercando di ritrovare le tracce dell'uomo più che del santo, prescindendo dalle notizie storiche e dagli incontri con monumenti e architetture che ne riportano la vita agli occhi contemporanei. Tillim dà valore, avvalendosi di una macchina leggera e scegliendo il bianco e nero al posto del colore, al cammino stesso di quel Francesco di Bernardone che ha attraversato boschi, sentieri, paesi e villaggi che abbracciano questa vallata, a volte cogliendone le relazioni stranianti e stridenti con i segni del nostro tempo, che caricano questi luoghi di una particolare e ambivalente energia.

Angelo Antolino porta avanti invece un'operazione di opposizione e dopo aver lavorato sui sovraffollamenti delle spiagge nelle coste del meridione, cerca a Farfa una storia di solitudini. Lì dove in "Sulla Spiaggia"- esposto nella scorsa edizione di FotoGrafia- voleva restituire un ritratto identitario collettivo, giocando con un luogo ricorrente nel nostro immaginario culturale, nel borgo che ospita l'Abbazia che ha rappresentato il centro del potere imperiale nella regione durante l'Alto Medioevo, si sofferma sulle relazioni fra ritratti in interni ed esterni notturni per raccontare la storia di un monaco che ha scelto la vita di clausura.


Giuliano Matteucci

Giuliano Matteucci passa idealmente dall'enorme devastazione della zona di Banda Aceh, suo precedente lavoro presentato nel 2005 al Festival FotoGrafia, alla calma assoluta della Valle del Tevere. Da un'acqua che distrugge a un'acqua che dona fertilità millenaria, Matteucci sceglie come chiave di lettura due luci differenti: il sole pieno per l'Indonesia e le albe nebbiose per la valle del Tevere, dove i paesaggi, appena intaccati da elementi contemporanei, assumono toni spesso di una surreale sospensione nello spazio e nel tempo.

Un'operazione, quest'ultima, ancora più evidente nel lavoro di Luca Nostri, che ha seguito la via Appia fino al confine con la Campania. Dal dialogo continuo fra l'antichità della pietra e il verde degli spazi aperti di Norba ai cangianti notturni di Terracina, Nostri compie un'operazione visiva più analitica di quella di Matteucci, dando una maggiore attenzione ai particolari della realtà e al delicato equilibrio fra monumenti antichi e paesaggi contemporanei.


Angelo Antolino - Monaco

Raphaël Dallaporta, al contrario, si distacca qui dal metodo analitico e seriale che contraddistingue il suo percorso artistico, che aveva portato avanti con un rigore dal sapore concettuale anche nel lavoro presentato nell'edizione 2003 di FotoGrafia, Caravans: immagini, realizzate aspettando il ricorrere della stessa luce, di una comunità di campeggiatori che da anni parcheggiano i propri caravan sempre nella stessa strada della Camargue. Dallaporta percorre nell'arco di una sola settimana il litorale laziale, dal confine toscano a quello campano, armandosi di uno spirito radicalmente diverso, negli intenti apparentemente più ludico, ma riflessivo e contemplativo nei risultati, cercando di rappresentare il senso di uno sguardo che si muove dalla ricerca inquieta alla contemplazione ispirata dal mare e dalle sue spiagge d'inverno. La presenza dell'uomo è comunque sempre percepibile grazie a fugaci e piacevoli incontri o a piccole tracce abbandonate.


Luca Nostri, Antica Minturnae, 2007

Luca Campigotto dopo i luoghi fortificati della Grande Guerra è andato nell'arcipelago pontino, cercando il passaggio di altre guerre, teatri di detenzioni collettive e confini personali. Pene inflitte in mezzo a paesaggi forti che si affacciano su un mare carico di storia, che ha visto i detenuti come l'anarchico Bresci e soprattutto i molti antifascisti, non ultimo Sandro Pertini, traghettati verso Santo Stefano, isola penitenziario fino a trent'anni fa. Un mare che si apre alla drammatica bellezza delle scogliere di Ponza come al semplice stagliarsi delle isole nel paesaggio marino.


Guy Tillim

Xavier Ribas lavora da anni sul concetto di strutture invisibili, paesaggi periferici di solito tralasciati a favore di visioni monumentali: un modo di operare che emerge in tutta la sua evidenza in contesti archeologici, dove ancor più l'attenzione difficilmente si concentra sulla normalità, sulla quotidianità, su ciò che è evitato dalla storia. Nel suo precedente lavoro Invisible structures la volontà di parlare di ciò che non si vede trova espressione in immagini senza prospettiva e orizzonti della foresta pluviale che nasconde i margini di una città Maya, coperta e sepolta dalla vegetazione nel corso dei secoli. Una visione periferica, centrifuga, che ritorna nelle immagini realizzate a Vulci, nel Parco Archeologico che è uno dei più importanti "attrattori culturali" della regione, un luogo di riconosciuto rilievo nazionale e internazionale dal punto di vista archeologico, architettonico e paesistico. Anche in questo lavoro con un metodo fotografico che nelle inquadrature verticali si rifà agli studi urbanistici piuttosto che a quelli di paesaggio, Ribas evita la visione comune e la sua memoria che procede per picchi monumentali, concentrandosi su evocazioni che partono dall'invisibile per affermarne l'esistenza con ancora maggiore intensità.

 

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