Gabriele Basilico

Omaggio, Museo di Fotografia Contemporanea

A tre mesi dalla sua scomparsa, il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo dedica una mostra a Gabriele Basilico, un omaggio a uno dei riconosciuti maestri della fotografia contemporanea europea, un importante artista della contemporaneità che si colloca in posizione centrale nel contesto della grande fotografia documentaria internazionale grazie alla vastità e alla saldezza della sua ricerca totalmente dedicata, negli anni, al complesso tema della trasformazione del paesaggio contemporaneo.


© Gabriele Basilico, Milano 1998

Tra fine anni Settanta e anni Ottanta infatti, gli anni nei quali egli produce le sue prime importanti ricerche (Milano. Ritratti di fabbriche e Bord de mer, lavoro realizzato all’interno della Mission Photographique de la DATAR) la fotografia compie una svolta storica e assume funzioni culturali strategiche: il tema delle modificazioni del paesaggio nel passaggio dall’economia industriale alla fase postindustriale si dimostra per gli artisti e gli intellettuali un terreno di lavoro di estrema importanza. L’opera di Basilico si colloca nel punto in cui si incrociano più questioni: l’osservazione del paesaggio antropizzato stretto tra la fine della storia e la fine della natura, la riflessione sulla condizione di attesa e disorientamento dell’uomo contemporaneo, il significato dell’arte nell’epoca del più acuto sviluppo tecnologico. In questo senso la città, espressione massima del procedere dell’azione umana sul territorio, nelle sue declinazioni più diverse, dal centro storico alla periferia, dall’urbanizzazione diffusa alla crescita delle grandi infrastrutture, fino alle forme massime della metropoli e della megalopoli, è stata la sua ossessione.


© Gabriele Basilico, Beirut 1991

Basilico non si è fermato mai, studiando il fenomeno in Italia, Europa, Medio Oriente, Asia, America del Nord e del Sud. Architetto di formazione, grande conoscitore degli spazi costruiti dall’uomo, è stato un misuratore dei luoghi, ma anche un narratore sentimentale. Per indicare il suo atteggiamento di costante indagine sulla realtà ha utilizzato la parola contemplazione, indicando la necessità di porsi in modo riflessivo di fronte al mondo che noi stessi abbiamo costruito, di fronte al disastro contemporaneo, osservando tutti i luoghi, anche quelli che paiono indegni di essere guardati, carichi di contraddizioni e abitati da segni sconnessi e orfani. Ha così costruito negli anni un corpus di lavoro potente, al quale chi verrà dopo di noi dovrà guardare per cercare di capire chi erano gli uomini e quali i poteri che hanno determinato il mutamento del volto del mondo tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI, gli anni in cui si è svolto il suo intenso lavoro.


© Gabriele Basilico, Merlimont-Plage 1985

Credo che per me, come per molti altri, le cose siano cambiate davvero dopo il ’68: l’interesse per il sociale aveva sostituito quello per l’architettura. In quel periodo ho iniziato, quasi per caso, a fare fotografie. (…) A partire dal 1973 (…) ho iniziato in modo definitivo, forse senza rendermene subito conto, l’attività di fotografo. (…) Non sapevo quale sarebbe stato il mio futuro, ma l’idea di fare il fotografo mi seduceva davvero molto. Così, incredibilmente, dopo la laurea in architettura e il relativo esame di stato, ho preso la decisione di scrivermi all’albo degli artigiani come fotografo. (Gabriele Basilico, Architetture, città, visioni. Riflessioni sulla fotografia, Bruno Mondadori, Milano 2007).


© Gabriele Basilico, In pieno sole 1978

La città era semideserta e un vento straordinariamente energico aveva ripulito l’orizzonte (…). Per la prima volta ho “visto” le strade e le facciate delle fabbriche stagliarsi nitide e isolate su un cielo inaspettatamente blu, dove la visione consueta diventava improvvisamente inusuale. Ho visto così, come se non l’avessi mai visto prima, un lembo di città senza il movimento quotidiano, senza le auto parcheggiate, senza gente, senza rumori. Ho visto l’architettura riproporsi, filtrata dalla luce, in modo scenografico e monumentale. (…) Il mio rapporto di fotografo con lo spazio urbano e l’architettura (…) si è arricchito di nuovi elementi emozionali fino a ricomporsi, nella pratica del fotografare, in una serie di atteggiamenti costanti come codici visivi che spontaneamente si ripetono, generando una sorta di alfabeto. (Gabriele Basilico, Milano. Ritratti di fabbriche, SugarCo Edizioni, Milano 1981).


© Gabriele Basilico, Milano 1970-1973

L’osservazione insistente e il ritorno in alcuni luoghi avevano già generato un rapporto di maggiore confidenza, quasi di affetto, come se le città, i villaggi, i cieli, le campagne, i paesaggi, guardati con il giusto approccio, avessero potuto restituire e irraggiare una loro armonia che aveva come riscontro un mio armonico “benessere” di comprensione (…) In queste condizioni mi piace pensare di essere quasi scomparso, in quanto fotografo, di aver saputo mettermi da parte, rinunciando al narcisismo e a una rappresentazione troppo soggettiva e spesso artificiosa in favore di una rappresentazione apparentemente oggettiva fino all’assenza, ma caratterizzata dal rispetto verso le cose (…) “Contemplazione”: parola che per anni ha significato solo sentimentalismo e disimpegno, per me oggi significa visione diretta ecosciente, pura, senza acrobazie di interpretazione. (Gabriele Basilico, Per una lentezza dello sguardo, in: Bord de mer, Art&, Udine 1992).


© Gabriele Basilico, Terni

Fotografare una città significa fare scelte tipologiche, storiche, oppure affettive, ma più spesso vuol dire cercare luoghi e creare storie, relazioni anche con luoghi lontani archiviati nella memoria, o addirittura luoghi immaginari. Questi luoghi sono strade, edifici, piazze, scorci, orizzonti, più raramente vedute panoramiche, che alla fine si risolvono in un viaggio, un percorso dentro la città. Il compito del fotografo è di lavorare sulla distanza, di prendere le misure, di trovare un equilibrio tra un qui e un là, di riordinare lo spazio, di cercare infine un senso possibile del luogo. (Gabriele Basilico, Abitare la metropoli, performance al Teatro No’hema, Milano, 8-9 aprile 2010)


© Gabriele Basilico, Dancing in Emilia 1978

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