Maestri


Utopia & Ghetto

René Burri e Ferdinando Scianna



Oltre 100 opere di René Burri, dedicate all'architettura e ai suoi protagonisti, e 50 scatti inediti di Ferdinando Scianna, che su incarico di Fondazione di Venezia ha realizzato appositamente per i Tre Oci un reportage in pieno stile street photography sul Ghetto ebraico di Venezia in occasione del cinquecentenario della sua fondazione. Due maestri della storia della fotografia, uno svizzero e l'altro italiano, entrambi membri della prestigiosa agenzia fotografica Magnum. Due progetti espositivi autonomi: "Utopia" di René Burri, curata da Michael Koetzle, e "Il Ghetto di Venezia 500 anni dopo" di Ferdinando Scianna, curata da Denis Curti, alla Casa dei Tre Oci di Venezia fino all'8 gennaio.



 


Los Angeles, California, USA, 1984 © René Burri / Magnum Photos


 

Burri e Scianna appartengono, pur nella loro diversità, a quella categoria di autori che attraverso il mezzo fotografico esprime personali visioni, sia che si traducano nella passione di Burri di documentare grandi cambiamenti politici e sociali, sia che rispondano al tentativo, nel caso di Scianna, di carpire, all'interno del flusso caotico dell’esistenza, istanti di senso e di forma.



 


Partecipanti alla cerimonia di Shabbat della Comunità Chabad-Lubavitch verso la cena sabbatica © Ferdinando Scianna / Magnum Photos


 

Utopia riunisce, per la prima volta, oltre 100 immagini di Burri dedicate all'architettura, con scatti di famosi edifici e ritratti di architetti.
 La fotografia di Burri nasce dal bisogno di raccontare i grandi processi di trasformazione e i cambiamenti storici, politici e culturali del Novecento con una forte attenzione verso alcuni personaggi (indimenticabili i suoi ritratti di Che Guevara e Pablo Picasso) che ne hanno fatto parte. Utopia - che si tiene in contemporanea con la Biennale di Architettura 2016 - s'inserisce all'interno di questa prospettiva, in quanto Burri concepisce l'architettura come una vera e propria operazione politica e sociale che veicola e impone una visione sul mondo, e che lo spinge a viaggiare tra Europa, Medio - Oriente, Asia e America latina sulle tracce dei grandi architetti del XX secolo, da Le Corbusier a Oscar Niemeyer, da Mario Botta a Renzo Piano, da Tadao Ando a Richard Meier. Accanto ai loro ritratti e alle loro costruzioni, in Utopia si ritrovano anche le immagini di eventi storici particolarmente densi di contrasti e di speranze, come la caduta del muro di Berlino o le proteste di piazza Tienanmen a Pechino nella primavera del 198.



 


Le Corbusier and his "Modulor" in his office, 35 rue de Sèvres. Paris, France, 1959 © René Burri / Magnum Photos


 

«Burri si è sempre approcciato all'architettura con uno sguardo sociale e politico», scrive il curatore Hans-Michaël Koetzle, «principio che ha fatto si che si focalizzasse su Oscar Niemeyer, creatore della moderna capitale Brasilia, e Le Corbusier, maestro e figura mitica dell'architettura del ventesimo secolo. Il giovane fotografo è stato particolarmente influenzato da Le Corbusier, e Burri è ad oggi considerato il portavoce visivo e ufficiale dell'architetto svizzero. Il suo lavoro su Le Corbusier e la sua opera comprende almeno 3000 negativi. A differenza delle fotografie di Lucien Hervé, con il loro propendere verso l'astratto, quelle di Burri traggono origine da un approccio più sociale, politico e umano all'architettura, con un processo estetico collegato alla presenza degli edifici. Come ha osservato lo storico dell'architettura Arthur Ruegg, Burri si interessa dell'architettura in quanto parte di una storia più ampia: le sue fotografie sono "storie visuali".



 


Ministry of Health, planned by architect Oscar Niemeyer. Rio de Janeiro, Brazil, 1960 © René Burri / Magnum Photos


 

I volumi e le mostre di René Burri riflettono la passione per i viaggi attorno al mondo che ha caratterizzato una carriera iniziata a metà degli anni cinquanta, quando ha iniziato a lavorare per riviste di calibro internazionale. Dopo l'inizio in Svizzera ha rapidamente allargato i suoi orizzonti e a partire dagli anni ottanta ha esplorato diversi paesi. La sua attenzione per i dettagli della composizione è stata spesso sottolineata, ed è riscontrabile in maniera particolare nei dettagli storici delle sue fotografie. Le regioni che l'hanno particolarmente interessato sono quelle in cui gli eventi contemporanei si sono svolti in un contesto storico eccezionalmente ricco: Europa, Europa Centrale e Cina. "La macchina fotografica", spiega Burri, "è sempre stata come una bacchetta magica per me, mi ha dato l'accesso a posti dove posso intraprendere nuovi esperimenti”. Usa la fotografia come un mezzo per esplorare e documentare mondi invisibili».



 


Insegnamento del rabbino nel Midrash Luzzatto dentro la sinagoga Levantina © Ferdinando Scianna / Magnum Photos


 

Scianna ha realizzato una ricognizione fotografica con l’obiettivo di raccontare la dimensione contemporanea del Ghetto, raccogliendo immagini della sua vita quotidiana, senza tralasciare ritratti, architetture, interni di case e luoghi di preghiera. Chiese, ristoranti, campi, gondole sono i soggetti che animano il panorama visivo del progetto. Da segnalare, in questa narrazione, la compresenza di una dimensione simbolica, storica, rituale, intrinsecamente connessa a luoghi e gesti, e una semplicità nella descrizione di un tempo presente e ordinario.
 «Ferdinando Scianna - osserva il curatore Denis Curti – ha saputo costruire un racconto delicato [...]. Ha dato forma a una memoria collettiva elevando e distinguendo singole storie: se ne avverte la bellezza e la solennità. [...] Il dolore mai urlato dell'Olocausto. Le pietre d’inciampo e i segni di una vicenda destinata a restare indelebile. [...] Dentro queste fotografie ci si orienta. I punti cardinali si fanno abbraccio e segnano le linee di una confidenza visiva capace di entrare nei confini dell'intimità dei molti ritratti che compongono il complesso mosaico di questa esperienza: è il linguaggio degli affetti, è la grammatica dei corpi».



 


Cena di Shabbat nella sede del gruppo Chabad-Lubavitch © Ferdinando Scianna / Magnum Photos


 

Scrive per l’occasione lo stesso Scianna nella postilla: «Un reportage nel Ghetto ebraico di Venezia per l'occasione dei cinquecento anni dalla sua istituzione. Troppo grande la suggestione, troppo pericolosa la tentazione. Ho persino cercato alibi per accettare. A Venezia, un posto piccolo, circoscritto: magari le mie gambe ce la possono fare. La verità è che era scattata la curiosità, la passione che sempre mi hanno spinto in questo mestiere. Non so niente del mondo ebraico, dal quale sempre sono stato attratto. Per i molti amici, tutti affascinanti e complicati. I grandi scrittori, i meravigliosi musicisti, i tanti fantastici fotografi. E poi, negli ultimi anni non ho fotografato molto, ho soprattutto scritto accanto alle mie fotografie. Ne ho ricavato piacere e soddisfazioni. Ma sono fotografo, so che il mio piccolo sentiero per tentare di essere felice passa soprattutto per quella tensione del corpo, degli occhi, della mente e del cuore che ha bisogno del deambulare con una macchina fotografica in mano, cercando, aspettando gli istanti di senso e di forma che qualche rarissima volta rivelano il mondo e me stesso».



 


Meditazione notturna in Ghetto Nuovo © Ferdinando Scianna / Magnum Photos


 

Continua poi Scianna, «avevo appena accettato e subito è scattata l'angoscia che dopo cinquant'anni di mestiere conosco così bene e non è mai scomparsa. E se non ce la faccio? Quel posto è un teatro nel quale da mezzo millennio si sono svolte vicende straordinarie e terribili. So che i luoghi non smettono mai di raccontare, anche a distanza di secoli. Ma se io non riuscissi a sentire quelle voci, a vedere nella casuale complessità e contraddittorietà dell’oggi le immagini che contengono una qualche traccia di quella storia così densa? Da un pezzo ho però imparato che l'unica risposta all'angoscia dell'inadeguatezza è l'umiltà del lavoro, la tenacia, l'attenzione costante. Confonderti col luogo, con le persone e continuare, ora dopo ora, giorno dopo giorno, a raccogliere sassolini con cui costruire la tua casa. Invocando la fortuna».



 


Maarad Street. Beirut, Lebanon, 1991 © René Burri / Magnum Photos

Chi sono


 


René Burri

Nato nel 1933, scomparso nel 2014, René Burri ha studiato alla Scuola di Arti Applicate a Zurigo, sua città natale, in Svizzera. Dal 1953 al 1955 ha lavorato come film-maker documentarista e ha iniziato ad utilizzare la Leica durante il servizio militare.
Burri è diventato socio della Magnum Photo nel 1955 e ha ricevuto l’attenzione internazionale grazie ad uno dei suoi primi reportage sui bambini sordomuti, pubblicato su Life Magazine. Ha continuato a lavorare come fotogiornalista per diversi magazine come Du Magazine, Camera, Look, Paris Match, Life, Stern e GEO. È diventato membro ufficiale di Magnum Photos nel 1959, e ha iniziato a lavorare ad uno dei suoi più importanti progetti, Die Deutschen, nel quale ha focalizzato l’attenzione sullo stato diviso della Germania. Nel 1963, mentre lavora a Cuba, fotografa Ernesto Che Guevara durante un’intervista rilasciata ad un giornalista americano. La fotografia del famoso rivoluzionario con il suo sigaro appare in tutto il mondo e diventa un’immagine iconica. Ha partecipato alla creazione della Magnum Films nel 1965. Burri è diventato presidente della Magnum e ha aperto la Galleria Magnum di Parigi nel 1982.
È stato premiato con numerosi onori e riconoscimenti, tra i quali il Dr. Erich Salomon Prize (1998) e il Swiss Press Photo Award (2011), e i suoi lavori sono stati esposti in tutto il mondo. Nel 2004 la retrospettiva Burri’s 1950-2000 è stata esposta alla Maison Européenne de la photographie (MEP) di Parigi, al Museo dell’Eliseo di Losanna e in tutta Europa e sud America. Ha creato la sua fondazione a Losanna nel 2013.


Per saperne di più:
pro.magnumphotos.com



 

Ferdinando Scianna

Ferdinando Scianna è uno dei più noti fotografi italiani. Nato a Bagheria il 4 luglio 1943, ha iniziato negli anni sessanta raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua regione d’origine. Il lungo percorso artistico del fotografo si snoda attraverso tematiche quali la guerra, frammenti di viaggio, esperienze mistiche, religiosità popolare, legati da un unico filo conduttore: la costante ricerca di una forma nel caos della vita. Iscrittosi inizialmente alla Facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università di Palermo, non porta a termine gli studi per dedicarsi alla passione fotografica. Nel 1963 Leonardo Sciascia visita quasi per caso la sua prima mostra fotografica, che ha per tema le feste popolari, presso il circolo culturale di Bagheria. Tra i due nasce una profonda amicizia determinante per la carriera del giovane fotografo, dandogli la possibilità di accedere al mondo dell’editoria e ottenere la pubblicazione dei lavori fotografici. Sciascia partecipa, infatti, con prefazione e testi alla stesura del suo primo libro, Feste religiose in Sicilia, che riceve una menzione al premio Nadar nel 1966. Scianna si trasferisce a Milano nel 1967 e inizia a collaborare come fotoreporter e inviato speciale con «L’Europeo», diventandone in seguito il corrispondente da Parigi. Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens, con testi di Dominique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia La villa dei mostri (introduzione di Leonardo Sciascia). A Parigi Incontra Henri Cartier-Bresson le cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introduce, come primo italiano, nell’agenzia Magnum, di cui diventerà socio a tutti gli effetti nel 1989. Nel frattempo stringe amicizia e collabora con vari scrittori di successo. Negli anni ottanta lavora anche nell’alta moda e in pubblicità, affermandosi come uno dei fotografi più richiesti. Fornisce un contributo essenziale al successo delle campagne di Dolce & Gabbana della seconda metà degli anni ottanta. Il fotografo siciliano interpreta con il bianco e nero della sua pellicola la realtà, restituendo immagini di un mondo che vive oltre il dualismo dei contrasti. Lo sguardo di Scianna coglie sfumature e complessità. Il suo stile vive dello straordinario intreccio di tensione drammatica, visceralità, ironia e partecipazione. Le fotografie di Scianna trovano la loro dimensione nel racconto, nel narrare attraverso le immagini. Sono la testimonianza visiva di un mondo sconosciuto, popolare e parallelo. La sua indagine fotografica compie una ricerca sull’identità, individuale e collettiva, che si risolve nella scoperta del senso di appartenenza a una tradizione, senza rinunciare a uno sguardo critico. Scianna trova un linguaggio in grado di raccontare una Sicilia che sta velocemente cambiando e sparendo. Appropriatosi del sentimento di amore-odio, che il cuore di ogni vero siciliano ha ben presente, ritrae l’amore, il senso di sicurezza, ma anche l’insofferenza nei confronti dell’immutabilità e delle ingiustizie sociali. Le sue immagini non dimostrano, ma mostrano il “teatro dell’esistenza” attraverso il fluire e il fluttuare dei destini e della storia di cui ognuno è partecipe.


Per saperne di più:
pro.magnumphotos.com



 

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