Cronache


Mauro Galligani, Alla luce dei fatti
Vivian Maier, Una fotografa ritrovata



Raccontare pezzi di realtà, avvenimenti drammatici come frammenti di vita quotidiana. Fare cronaca, nei grandi scenari dell'attualità internazionale, come per strada e dietro le quinte, da fotogiornalista inviato speciale (Mauro Galligani) o da bambinaia appassionata di fotografia (Vivian Maier). Il Centro Italiano della Fotografia d'Autore (Cifa) di Bibbiena dedica, fino al 4 giugno, un'ampia retrospettiva al lavoro fotogiornalistico di Mauro Galligani. Il titolo è illuminante, Alla luce dei fatti: alcuni dei principali eventi politici, sociali e di costume, che hanno fatto la storia tra gli anni Settanta e i giorni nostri, narrati attraverso la fotografia.



Sarajevo, Bosnia, 1992 © Mauro Galligani

Lo stesso Galligani ama definirsi un giornalista che usa l’immagine fotografica per esprimersi: «Pur essendoci fotografi straordinariamente bravi, i miei modelli di riferimento vengono dal giornalismo scritto. Ciò che voglio sottolineare è che non sono mai andato a fotografare le bellezze o i drammi del mondo per fare l’eroe o per vincere un premio fotografico. Ho sempre cercato di svolgere il mio lavoro cogliendo fotograficamente aspetti e particolari della realtà davanti a cui mi trovavo, per dare la possibilità al lettore di rendersi conto di ciò che stava accadendo».




Beira, Mozambico, 2001. © Mauro Galligani

Una sensibilità da cronista confermata dalle parole di due grandi giornalisti, come Enrico Deaglio e Giampaolo Pansa, su Galligani. «Ho apprezzato, vedendo lavorare Galligani - scrive Deaglio - cose che non sapevo. Che dietro una fotografia ci sono la pazienza di tornare anche dieci volte sullo stesso posto, la fiducia di chi viene fotografato e l’eleganza dei gesti del fotografo. Ho visto fotografi che consumano decine di rullini, che scattano nel mucchio, arrancando, come dei cacciatori della domenica. Galligani appartiene all’altra categoria. L’ho visto stare fermo ad aspettare un avvenimento, sapendo che doveva succedere. Molte volte non succedeva, ma quando succedeva era una foto».




Budapest, Ungheria, 1986. © Mauro Galligani

Scrive Pansa: «I grandi fotografi sono sempre grandi narratori. E hanno un vantaggio rispetto a noi che parliamo attraverso la scrittura: il loro occhio vede e spiega con una sintesi, un’efficacia e una forza di verità che nessun giornalista, per bravo che sia, possiede. Mauro Galligani è un grande narratore di storie».




Favignana, Trapani, 1997. © Mauro Galligani

Presentando la retrospettiva Claudio Pastrone, direttore del Cifa, scrive: «La mostra dedicata a Mauro Galligani rafforza l’idea che la fotografia, come testimonianza dell’attualità, riveste un ruolo fondamentale nel settore dell’informazione, ma anche della formazione della cosiddetta opinione pubblica […] Tra i fotografi italiani che si sono dedicati a questa professione Mauro Galligani è tra i più importanti. Ha realizzato in oltre quarant’anni di attività centinaia e centinaia di servizi, la maggior parte per il settimanale Epoca, inviato in ogni parte del mondo là dove occorreva evidenziare i fatti con l’immediatezza e la potenza della fotografia.




Città del Messico, Messico, 1970. © Mauro Galligani

Galligani ci confessa che non ha mai fotografato per inseguire premi […] Ci dice che non ha mai frequentato bar milanesi, mitizzati nel tempo, perché frequentati da artisti, scrittori e fotografi più o meno famosi. Afferma che non ha mai inseguito la notorietà attraverso le mostre, e che per questo le sue fotografie, nate per essere pubblicate sui giornali, non sono conservate nei musei più importanti del mondo. E anche per questi motivi le sue immagini ci colpiscono, ci appaiono dirette e ci lascia stupefatti la sua capacità di inserire nel rettangolo del mirino tutto quello che serve a formare la notizia, niente di più, niente di meno.




Penas Blancas, Costarica, 1988. © Mauro Galligani

La cosa che più ci colpisce di Galligani è l’attenzione che pone a ciò che gli sta attorno e la sua sensibilità nel capire le persone che gli stanno di fronte. […] Il rischio ha fatto spesso parte del suo mestiere. E proprio questo “mestiere” gli ha consentito di cavarsela in situazioni disperate, come quando fu rapito e restò prigioniero per due mesi di una banda di indipendentisti ceceni nel 1997. Mauro non ama parlare di questo episodio. Anche questo fa parte del suo mestiere, della sua missione di fotogiornalista».




Florida, 9 gennaio 1957 © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

Il Museo di Roma in Trastevere ospita fino al 18 giugno la retrospettiva Vivian Maier, una fotografa ritrovata che presenta al pubblico 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta (oltre ad alcuni filmati in super 8) e l’enigma di un’artista che in vita realizzò un enorme numero di immagini senza mai mostrarle a nessuno.




New York Public Library, New York, 1952 ca. © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

Come scrive Alessandra Mauro, curatrice della mostra, «la vita e l’opera di Vivian Maier sono circondate da un alone di mistero che ha contribuito ad accrescerne il fascino. Tata di mestiere, fotografa per vocazione, non abbandonava mai la macchina fotografica, scattando compulsivamente con la sua Rolleiflex. È il 2007 quando John Maloof, all’epoca agente immobiliare, acquista durante un’asta parte dell’archivio della Maier confiscato per un mancato pagamento. Capisce subito di aver trovato un tesoro prezioso e da quel momento non smetterà di cercare materiale riguardante questa misteriosa fotografa, arrivando ad archiviare oltre 150.000 negativi e 3.000 stampe.




Senza titolo, 1962 © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

Figura imponente ma discreta, decisa e intransigente nei modi, Vivian Maier ritraeva le città dove aveva vissuto - New York e Chicago - con uno sguardo curioso, attratto da piccoli dettagli, dai particolari, dalle imperfezioni ma anche dai bambini, dagli anziani, dalla vita che le scorreva davanti agli occhi per strada, dalla città e i suoi abitanti in un momento di fervido cambiamento sociale e culturale. Immagini potenti, di una folgorante bellezza che rivelano una grande fotografa. Le sue fotografie non sono mai state esposte pubblicate mentre lei era in vita, la maggior parte dei suoi rullini non sono stati sviluppati, Vivian Maier sembrava fotografare per se stessa».




New York, 28 settembre 1959 © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

Accompagna la mostra il libro Vivian Maier, fotografa pubblicato da Contrasto (pp. 136, foto 108 in b/n, 24,90 euro) e introdotto da un testo di Geoff Dyer che scrive: «Vivian Maier è un caso estremo di riscoperta postuma: ciò che visse coincise esattamente con ciò che vide. Non solo era sconosciuta in ambito fotografico ma sembra addirittura che nessuno l'abbia mai vista scattare fotografie. Può sembrare triste e forse anche crudele - una conseguenza del fatto che non si sposò, non ebbe figli e apparentemente nessun amico - ma la sua vicenda rivela anche molto su quanto sia grande il potenziale nascosto di tanti esseri umani. Come scrive Wisława Szymborska nel poema Census a proposito di Omero, "Nessuno sa cosa faccia nel tempo libero"».






Chi sono

Vivian Dorothea Maier
Nasce a New York nel 1926, figlia di Maria Jaussaud, nata in Francia, e del marito Charles Maier, di origine austriaca. I genitori presto si separano e la figlia viene affidata alla madre, che si trasferisce presso un’amica francese, Jeanne Bertrand, fotografa professionista. Negli anni Trenta le due donne e la piccola Vivian si recano in Francia, dove Vivian vive fino all’età di 12 anni. Nel 1938 torna a New York, città in cui inizierà la sua vita di governante e bambinaia. Il primo impiego è presso una famiglia a Southampton, nello stato di New York. Poi nel 1956, si traferisce a Chicago per lavorare con la famiglia Gensburg. Verso la fine della sua vita si ritrova in gravi ristrettezze economiche e un giorno viene ricoverata per un banale incidente. Quel ricovero, che doveva essere passeggero, si rivela fatale. Muore il 21 aprile 2009. Nell’arco della sua vita realizza oltre centomila fotografie ma il suo lavoro rimane sconosciuto fino a quando John Maloof lo scopre per puro caso.

Mauro Galligani
Nasce a Siena nel 1940. Formatosi alla Scuola di Cinematografia a Roma, dove lo studio del cinema neorealista gli fa capire l'importanza del racconto per immagini, nel 1964 entra a far parte della redazione de Il Giorno. Lì impara a cogliere l'attimo significativo per sintetizzare un avvenimento in un solo scatto. Queste due esperienze gli saranno preziose quando nel 1975 viene chiamato a far parte dei fotografi di Epoca. Ci resterà fino alla chiusura del settimanale nel 1997 dopo aver svolto anche l'attività di picture editor. Per questa testata Mauro Galligani segue i grandi avvenimenti della cronaca internazionale, dalle guerre in America Centrale, in Africa e in Medio Oriente, alla vita nell'Unione Sovietica, paese, cultura e protagonisti di cui testimonia ogni cambiamento. Per molti anni collabora a Life. Ora lavora come freelance.

FIAF
Fondata nel 1948 a Torino, la FIAF è un'associazione senza fini di lucro che si prefigge lo scopo di divulgare e sostenere la fotografia amatoriale su tutto il territorio nazionale. In oltre sessant'anni di storia la FIAF non ha cambiato il suo originale intento ed oggi annovera circa 5.500 associati e 550 circoli affiliati, per un totale di oltre 40.000 appassionati, coinvolti nelle molteplici attività della Federazione, accomunati dal comune interesse per il mondo della fotografia. La FIAF fornisce molteplici servizi, dai più pratici mirati al sostegno nell'organizzazione di eventi a quelli rivolti alla formazione e alla crescita culturale di ogni singolo associato. www.fiaf.net

CIFA
Il Centro Italiano della Fotografia d'Autore nasce a Bibbiena, in provincia di Arezzo, per volontà della FIAF, la più importante e meglio organizzata associazione fotografica nazionale non professionale. La sua diffusione sul territorio nazionale e la sua "trasversalità" a livello sociale e culturale, permettono al Centro di porsi come osservatorio privilegiato sulla fotografia. L'attività del Centro pone particolare attenzione allo studio e alla valorizzazione della fotografia italiana del periodo storico che parte dall'ultimo dopoguerra. Di fondamentale importanza è l'impegno nel campo della conservazione, inventariazione, catalogazione e riproposizione al grande pubblico del proprio patrimonio fotografico. A questo scopo sono stati approntati dei locali realizzati secondo le più recenti normative sulla conservazione del materiale fotografico e sta per partire una campagna di inventariazione e catalogazione dei fondi già acquisiti, da realizzarsi con programmi che permettono di interfacciare i dati con quelli delle altre istituzioni culturali italiane. www.centrofotografia.org

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