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A cura di:

Viaggiare come fotografare
Stefano Giogli

La vita è la mia più grande passione. Le lenti dei miei obiettivi hanno l'unico scopo di raccontarla, questa passione. L'uomo, in particolare, m'interessa e ovunque si trovino le sue speranze, i suoi dolori là vorrei essere io, per cogliere l'immensità dell'attimo e provare a dirne la verità. Partecipare alla vita, è la fotografia, nulla più: la curiosità e il bisogno di comunicare, il suo motivo. Raccontare l'effimero, sollecitato da un'ombra, o entrare nella sostanza più vera testimoniando le passioni e la materia del nostro essere, tutto ciò mi appartiene, è il mio modo di essere nel mondo.

Ho iniziato ad interessarmi di fotografia, affascinato dalla tecnica e dalle possibilità che allora si dischiudevano al mio orizzonte. Dopo quest'avvio tecnicistico, ho maturato quasi inconsapevolmente un approccio spontaneo, pre-riflesso, istintivo verso il linguaggio fotografico. Può sembrare poco scientifico e magari naif (forse lo è), ma impugno l'apparecchio, avvicino il mirino, inquadro, scatto come altrettanti movimenti del mio corpo, senza soluzione di continuità tra conscio e inconscio. La fotografia sono le mie mani, i miei occhi, i miei pensieri. È il linguaggio che mi è più congeniale e, in punta di piedi, con semplicità, offro quel che ho visto e interpretato.


Burkina Faso - Nanorò


Burkina Faso - Nanorò

Numerosi viaggi intorno al mondo mi hanno permesso poi di manifestare la mia sensibilità e di cogliere l'anima dei soggetti che di volta in volta ho incontrato. Occhi curiosi e critici mi hanno consentito di indagare i colori delle diverse visioni del mondo e le sfumature delle passioni e dei drammi umani. Credo di fotografare nel modo in cui viaggio, nel modo più coinvolgente che ci sia: libero, senza strade precostituite, cercando quello che c'è di inafferrabile e indicibile nei luoghi che attraverso. Silenzioso, partecipe, empatico, rammentando che "un buon camminatore non lascia tracce". L'apparecchio fotografico, nell'attimo dello scatto, ha da sempre avuto su di me l'effetto liberatorio di chi entra per qualche istante in totale fusione con il mondo.


Cuba - La Habana

Ecco come Cristina Paglionico, docente DAC, presenta le immagini di Stefano Giogli: "Viaggiare, come fotografare, può essere operazione mentale, in cui più che il valore della conoscenza si assume la forza dell'esperienza, in una dimensione che trascende il reale e lo completa, assimilandosi alla percezione personale. Così dall'insieme delle immagini di Stefano Giogli resta la sensazione forte del continuo cambiamento del punto di vista: dal basso, dall'alto, da molto vicino, da lontano spettatore. L'apparente nebbia che attraversa il movimento o i primi piani, i riflessi e le ombre o la nitidezza di alcuni ambienti esterni sono segnali della volontà di vivere come straniero in terra straniera, senza concedersi alla necessità dell'ordine della nostra cultura occidentale, senza il formalismo, spesso ipocrita, del senso del bello della vecchia Europa. È sua "La via dei Canti" di Bruce Chatwin, in cui il percorso è importante quanto e più del luogo, così come l'esserci e il rendersi trasparente, il cogliere e il perdersi. Il senso non è quello descrittivo di un'altra cultura, è piuttosto un lasciarsi affascinare, abbandonarsi all'attimo che mostra, dentro alla confusione dei sensi, un'elaborazione più profonda e sincera. È il riconoscere la diversità nella sua assoluta ma impalpabile coerenza, quando non serve l'aiuto di una lettura filtrata.


Rajasthan - Jodhpur

D'un tratto anche il bianco e il nero, l'occhio occidentale che spia e non comprende, si annebbia definitivamente e lascia il posto al colore naturale. Un colore non finito, tremante, come quello dei percorsi più vicini alla verità interiore che alla realtà visiva. Il contatto con il mondo in cui siamo ospiti è sempre un muro fitto di graffiti ove lasciamo poco altro che confuse linee di passaggio. Giogli fotografa come viaggia, nel modo più coinvolgente che ci sia: libero, senza strade precostituite, cercando quello che c'è di inafferrabile e indicibile nei luoghi che attraversa. Silenzioso, partecipe, empatico, dimostra che un buon camminatore non lascia tracce".


Senegal - Confine Ganbia

Chi sono
Sono nato nel 1965, vivo e lavoro a Città di Castello (Perugia). I miei progetti hanno trovato collocazione in molteplici esposizioni e mostre, sia personali che collettive: Tibet oltre la Cina, Cuba in cammino nel sogno, Senegal… t'inseguo, Biennale d'arte fotografica"Le Gru 2005", Premio "Crediamo ai tuoi occhi 2005". In collaborazione con il gruppo editoriale Tibergraph -Lino 2 ho realizzato "Homo Duemilasei" sedici pagine per accompagnare un anno.

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