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Graciela Iturbide

Fino al 28 maggio FotoGrafia Festival internazionale di Roma presenta Mozambico di Graciela Iturbide, un felice ritorno a FotoGrafia, dopo la partecipazione nel 2002, della più importante fotografa messicana, incaricata dal festival di realizzare (oltre a questo lavoro sulla condizione delle donne mozambicane malate di Aids, in collaborazione con la Comunità di Sant'Egidio) la produzione dedicata alla città di Roma per la prossima edizione. Allieva di Álvarez Bravo, l'autrice messicana da anni racconta il mondo attraverso il proprio sguardo raffinato, con una particolare sensibilità verso la condizione femminile, di cui traccia i difficili percorsi con spirito solidale e partecipe. I suoi bianchi e nero sono sempre densi e splendidamente definiti, parlano di vita, speranze e ricerca di libertà. In questo lavoro ha incontrato le donne colpite dal virus dell'Hiv che iniziano a vedere i primi risultati positivi delle cure, riuscendo a tornare alla vita sociale e lavorativa. "La fotografia è l'unico mezzo per uccidere la morte": la Iturbide menziona spesso Jean Cocteau quando parla del suo modo di fare foto, quasi come se fosse una scusa per vedere il mondo e meglio capire ciò che succede attorno a noi.




Femina Fera

Femina Fera (Electa, 40 euro) racconta attraverso le 43 fotografie di Fabrizio Portalupi, accompagnate dai versi di Giuseppina Amodei, una metamorfosi da donna a belva. Femina Fera è una ricerca sull'animalità: una sorta di "safari" fotografico in cui l'obiettivo va a caccia di una donna che è spirito e fera. Elisabetta Coraini, attrice teatrale nota al pubblico per la sua partecipazione alla fiction Centro Vetrine, lentamente si trasforma, e nel viaggio attraverso la selva comincia a muoversi e a cacciare come un animale, vince la paura, da schiava dei propri limiti si erge a fera potente e dominatrice. "Ho studiato - spiega Elisabetta Coraini - per mesi il comportamento animale: le movenze della scimmia, il volo dell'aquila, il ruggito della tigre e la danza del giaguaro". L'attrice, guidata dal fotografo, ha studiato e interpretato le movenze e il comportamento delle belve affrontando il fango delle paludi, le acque gelide delle cascate e le foreste oscure. Femina Fera è un viaggio fotografico e poetico: "Non c'è crudeltà nella belva, ma fierezza. Bellezza. Capacità di sopravvivere in una natura meravigliosa, ma ostile, in un mondo duro e selvaggio non ancora plasmato a misura d'uomo. E la donna esile e gentile ora ruggisce dall'alto di un dirupo".



Reportage di viaggio

Una giovane casa editrice, la FBE Edizioni, si sta ritagliando uno spazio significativo all'interno del mare magnum delle pubblicazioni che hanno a che fare con la categoria del "viaggio".

Con Cronaca di una viaggiatrice solitaria: Papua Nuova Guinea di Kira Salak (pp. 356, 14 euro), racconto del viaggio della prima donna occidentale ad aver attraversato a piedi questo paese (nel 2001, da sola, a 24 anni, ripercorrendo le orme dell'esploratore britannico Ivan Champion, che aveva affrontato lo stesso percorso nel 1927), ha avuto inizio la collaborazione tra FBE e National Geographic per proporre anche in Italia i racconti di viaggio dei più grandi reporter della celebre rivista statunitense.





Un'altra novità della Fbe, già opzionata da Hollywood per un grande progetto cinematografico, è Il venditore d'ossa di Benares di Terry Tarnoff (pp. 384, 14 euro), che negli anni ‘70, stanco di un governo in cui non riponeva fiducia e non volendo prendere parte a una guerra che non condivideva, prese le sue sedici armoniche, fece le valigie e partì per un lungo viaggio di otto anni intorno al mondo tra i blues club di Amsterdam, le giungle dell'Africa, i lebbrosi in India, i papaveri in Thailandia, le ragazze di Stoccolma, la ricerca dell'amore, il risveglio spirituale.

 

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