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In morte di Life

1936-2007, vita e morte di Life, la rivista statunitense chiude - questa volta sembra definitivamente - la versione cartacea. Già tra il 1972 e il 1978 e tra il 2000 e il 2004 la pubblicazione era stata sospesa; negli ultimi anni era sopravvissuta come magazine allegato a un centinaio di quotidiani statunitensi. Ma anche l'ultima versione di 20 pagine, con interviste alle celebrità e news varie, non ha resistito al "declino del business dei quotidiani", come ha dichiarato la casa editrice, la Time Inc. appartenente al gruppo Time Warner. L'ultimo numero è stato quello del 20 aprile.
Life rivive però nel Web (www.life.com), nuova casa soprattutto del suo immenso archivio fotografico. Il sito è in via di realizzazione, per ora ci sono sezioni dedicate alle copertine storiche, alle foto divenute "classiche" (da Martin Luther King alla Route 66 di Andreas Feininger), alla ricerca di immagini (Time & Life Pictures), a giochi (basati su fotografie) e acquisti (di libri di Life).

 

Il ritratto a Forma

Fino al 17 giugno, a Milano, Forma Centro Internazionale di Fotografia ospita la mostra Faccia a Faccia, il nuovo ritratto fotografico (100 immagini e due video installazioni), una produzione del Musée de L'Elysée di Losanna, uno dei musei di fotografia più importanti del mondo, realizzata appositamente per Forma.
In un'epoca dove veniamo bombardati da immagini patinate di florida bellezza, dove il mito dell'eterna giovinezza è a portata di mano grazie a barili di creme e colpi di scalpello, non dovrebbe sorprendere che la nuova generazione di fotografi tenti di ritrarre il volto in modi del tutto inediti. In questa mostra i curatori, William A.
Ewing e Nathalie Herschdorfer, annunciano la morte del ritratto convenzionale.

Gli artisti presentano i loro nuovi e provocanti ritratti attraverso una vasta gamma di tecniche, comprese quelle dell'elaborazione digitale, del fotoritocco, del fotomontaggio, della ricampionatura delle immagini, utilizzando i trucchi più svariati per schermare e camuffare. Sostituendo la chiarezza con l'ambiguità, la frazione di secondo con l'eterno istante, il realismo con l'iperrealismo, questi fotografi fanno vacillare i concetti di salda identità, di volto inteso come "specchio dell'anima", di fede nell'assoluta "fedeltà" della fotografia, dell'essenza della bellezza. Che si tratti dell'autoritratto mascherato di Gillian Wearing, delle facce prive di fisionomia di Aziz-Cucher, del ritratto composto dalla fusione dei visi di una coppia di Lawick Müller, dei travestimenti di Cindy Sherman o degli esperimenti di chirurgia estetica di Orlan.

 

Un maestro, De Biasi

Dedicato a Mario De Biasi: per la serie Maestri della fotografia italiana del Novecento, l'Istituto Superiore per la Storia della Fotografia pubblica Budapest 1956 (21 x 29,7 cm, 192 pp., 173 illustrazioni, euro 75) e Fotografie 1949-1980 (cofanetto con due volumi, disponibili anche singolarmente, 21 x 29,7 cm, 230 pp., 272 illustrazioni, euro 135). "Come si racconta una rivoluzione? Perché è importante rappresentare quei fatti, affinché passino definitivamente alla storia? Raccontare quelle giornate convulse, in cui le azioni si sono susseguite spesso senza una strategia e una logica, risponde ad un consapevole disegno di legittimazione. La violenza e la morte legittimano il potere a posteriori.

La parola 'rivoluzione' oggi non suscita più alcun fascino particolare; ha perduto ogni connotazione epica o eroica; non evoca più, come ebbe a definirla Furet, una «avventura della volontà». Comprendere il ruolo che la violenza e il mito della rivoluzione hanno avuto nella storia della politica occidentale, dalla Rivoluzione francese ai giorni nostri, è un compito che questo saggio non riesce ad assolvere; nondimeno, ne costituisce uno degli interrogativi fondamentali. Non si troverà in queste pagine, è superfluo puntualizzare, alcuna apologia della violenza, della guerra o delle insurrezioni armate. Al contrario. Una delle questioni più aspre che queste immagini sollevano concerne il furor che si impossessa del rivoluzionario privandolo della sua libertà. È proprio in questa prospettiva, della storia delle foules révolutionnaires, che le fotografie di De Biasi offrono un materiale veramente straordinario" (Paolo Morello).

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