Miti

A cura di:

Via della Seta & Che Guevara

Due miti, di natura diversa, in esposizione. A San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, è di scena (fino al 26 agosto) la Via della Seta; a Milano, Che Guevara. Centinaia di fotografie di autori della storia della fotografia mondiale dell'800 e del '900, per la mostra friulana (a cura di Walter Liva); decine di interpretazioni dell'icona forse più diffusa della cultura visiva contemporanea, per la mostra milanese (a cura di Trisha Ziff).


Sheperd C., Jaipur, 1865

A oltre un secolo di distanza da quando la felice e fortunata formula Seidenstrassen, «via della seta», venne coniata dallo studioso tedesco Ferdinand von Richtofen per sintetizzare efficacemente gli intensi traffici commerciali e gli scambi culturali intercorsi tra Oriente e Occidente da almeno il III secolo a.C. fino ai giorni nostri, questo nome - oltre a indicare una fitta rete di comunicazioni estesa per migliaia di chilometri su tutta l'Asia Centrale e le regioni vicine - è oggi sinonimo di esotismo, avventura, viaggio in terre lontane, sinonimo stesso degli intensi e prolungati rapporti tra Oriente e Occidente, un nome-simbolo rappresentativo di una mutevole realtà storica non legato solo al passato, ma attuale e vivo.


2006, Khalid Khidr, makkah haram 1238

Si chiama "via della seta", ma sarebbe forse meglio usare il plurale per indicare l'insieme delle rotte carovaniere che, estendendosi dall'Asia Orientale al bacino del Mediterraneo, attraversavano le vaste regioni dell'Asia Centrale mettendo in contatto popoli, nazioni, imperi, religioni e tradizioni diverse e favorendo cosí l'interscambio culturale nel senso piú ampio del termine. L'itinerario culturale sulle vie della seta segue la datazione delle fotografie e rappresenta il percorso della fotografia e dei suoi autori, europei e asiatici, nei 168 anni trascorsi dall'invenzione della fotografia.


Mountain dweller on horseback. Xinaliq Village. Azerbaijan. June 2006

Dei  fotografi dell'800 vengono presentate le splendide immagini originali realizzate da Walter Woodbury, John Thomson, Charles Sheperd, Felice Beato, Félix Bonfils, Raimund von Stillfred, Hikoma Ueno, Per Vilhelm Berggren, Kimbei Kusakabe, Plate & Co., Clifton & Co, Pierre Dieulefils, oltre a una serie di fotografie inedite di Pechino che fanno parte dell'archivio del Cardinale Celso Costantini, vescovo in Cina dagli anni '20 del '900.


Leong Ka tai, Stern Great wall art

Il '900 è stato per larga parte il secolo del fotogiornalismo: in mostra sono presenti fotografie realizzate in Asia da grandi nomi, come John Philipps, Dmitri Kessel, Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Werner Bishof, René Burri, Erich Lessing, Paul Almasy, Raimond Depardon, Edouard Boubat, Marc Riboud, Mahmoud Kalari, Abbas, Alain Keler, Alain Mingam. Sono numerosi i fotografi italiani, come Ilo Battigelli (in Arabia tra il 1945 e il 1950), Gabriele Basilico, Fulvio Roiter, Angelo Cozzi, Romano Cagnoni (il cui ritratto di Ho Chi Minh diventò nel 1966 la copertina di Life), Vittoriano Rastelli, Danilo De Marco, Adriano Perini, Stefano Graziani, Andrea Pertoldeo.


2005, Darvis Triadi

Ma la presenza più massiccia è quella dei fotografi contemporanei originari dell'Asia, come i cinesi Jang Meng Jer, Jing Wang,Daniel Lee e il grande maestro della fotografia di Hong Kong Leong Ka Tai, i giapponesi Ueda Shoji, Kan Azuma, Keijki Tahara, Ken Ohara, Nobuyoshi Araki, Kenro Izu,Yoshikazu Shirakawa, Takumi Fujimoto, e le nuove giovani stelle della fotografia asiatica che brillano di luce propria: l'israeliano Ziv Koren (alla cui vita è stato dedicato un film che ora è stato addirittura proiettato in Iran), Newsha Tavakolian bravissima e coraggiosa reporter iraniana, la “scoperta” Rena Effendi, fotografa dell'Azebaijan, il fotografo di moda indiano Amit Dey, l'indonesiano Darvis Triadi che da parte sua introduce nella fotografia i canoni estetici del “batik” indonesiano e Fauzan Ijazah, a Banda Aceh il giorno dello Tsunami, il saudita Khaled Khidr con fotografie inedite della Mecca e di Medina.


Sunglasses advertisement, 1999. Jean Paul Gaultier, Paris.
Courtesy mostra Che Guevara: rivoluzionario e icona. The Legacy of Korda's Portrait

Da un mito all'altro. La fotografia scattata nel 1960 da Alberto Dìaz Guttièrez, conosciuto come Alberto Korda (ex fotografo di moda diventato il fotografo personale di Fidel Castro) a Che Guevara mentre saliva sul podio durante il funerale di 140 cubani uccisi da un'esplosione, sembra essere l'immagine più riprodotta nella storia della fotografia. Quel ritratto dall'espressione intensa è rimasto nel tempo il simbolo della rivoluzione e della ribellione giovanile, una delle immagini più famose riprodotta innumerevoli volte su poster, magliette e oggetti kitsch.

La mostra Che Guevara: rivoluzionario e icona. The Legacy of Korda's Portrait, che si tiene fino al 16 settembre presso la Triennale Bovisa di Milano, esamina la straordinaria potenza dell'immagine e la storia della sua diffusione. Dalla copertina dell'album American Life di Madonna all'American Five Dollar Bill di Pedro Meyer, in cui il viso di Abraham Lincoln è sostituito da quello del Che, dalle opere di Martin Parr e Annie Leibovitz alle reinterpretazioni di Andy Warhol e Jean-Paul Gaultier, il "Guerrillo Heroico" di Korda mostra una natura sia populista che controculturale.


"Warhol" Che (original 1968) attributed to Gerard Malanga, Italy. Reproduction 2000. Courtesy of Trisha Ziff. Courtesy mostra Che Guevara: rivoluzionario e icona.
The Legacy of Korda's Portrait

Oggi, 47 anni dopo, quell'immagine è oggetto di caricature e parodie e contemporaneamente è utilizzata come grido di protesta politica da parte di movimenti disparati che si battono per la cancellazione del debito, per l'anti-americanismo, per l'identità latino-americana, per i diritti degli omosessuali e delle popolazioni indigene. Il "Guerrillo Heroico" è diventato un singolare fenomeno contemporaneo: la sua creazione, pur continuando a rappresentare un simbolo rivoluzionario, è entrato anche nel mondo della cultura popolare.

Metodi di pagamento: