Intervista 2

A cura di:

Fili rossi, novità e stile
Annamaria Luccarini

Annamaria Luccarini è photoeditor di Ventiquattro Magazine, il mensile di approfondimento culturale del quotidiano Il Sole 24 Ore. Romina Marani le ha posto dieci domande per Sguardi.

Come si svolge esattamente il lavoro di un photoeditor? 
Un photoeditor deve individuare e scegliere i fotografi più adatti a cui commissionare i servizi fotografici necessari alla parte visiva della testata, deve effettuare ricerche iconografiche in accordo con la linea editoriale del giornale in cui lavora e presentare i lavori di nuovi fotografi da valutare con l'art director, il direttore e la redazione. Il photoeditor o redattore iconografico agisce come un anello di congiunzione tra il giornalista che scrive il pezzo, il fotografo e i colleghi grafici che realizzano gli impaginati. Vorrei sottolineare che il photoeditor è a tutti gli effetti una figura giornalistica, anche se in Italia non è sempre possibile ottenere tale riconoscimento professionale, e come tale deve operare nel rispetto delle norme deontologiche della professione e rispettando le leggi che regolano l'utilizzo delle immagini.

Ventiquattro, Copertina di Settembre
Ventiquattro, Copertina di Settembre - Fil Rouge "Azzardi"
(Mantenere lo status quo è rassicurante, anche quando si stia deteriorando o non sia gradito.
A quali condizioni si può rischiare il cambiamento? Chi sono gli ardimentosi?
Quali i costi dell’incapacità di osare?) © immagini Damion Berger

Che caratteristiche deve avere un reportage per colpirti ed essere scelto da Ventiquattro? Quanta libertà hai?
Di un reportage apprezzo l'approccio personale e l'interpretazione del fotografo, ma soprattutto le idee e la ricerca di storie peculiari evitando in tal modo l'omologazione. Mi piacciono i fotografi che continuano a sperimentare e che si confrontano con soggetti diversi senza perdere il loro tratto distintivo. Il tema mensile - fil rouge - che ogni mese proponiamo ai lettori non è limitativo, spesso diamo spazio a portfolio e progetti personali dei fotografi, le proposte vengono poi valutate e discusse da tutta la redazione, il confronto è sempre prezioso e apporta idee nuove. Questa sezione è preziosa e mi lascia la libertà di valutare progetti molto diversi tra loro.

Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi di produrre un servizio, di commissionarlo anziché sceglierne uno già fatto? Con che frequenza vi capita di farlo?
Ventiquattro ha un fil rouge mensile, tema che cerchiamo di interpretare in modo originale, con uno sguardo internazionale e cercando argomenti di attualità (ovviamente non di news, visti i tempi di lavorazione). Questa sua caratteristica fa sì che quasi tutti i servizi pubblicati siano commissionati; produrre è un valore aggiunto, permette infatti di imprimere riconoscibilità e una precisa identità alla testata, di distinguersi in un mercato editoriale che tende a uniformare ogni prodotto. La produzione permette una stretta collaborazione con i fotografi e, di conseguenza, la conoscenza dei loro progetti futuri, la condivisione di idee e proposte e la pianificazione di servizi per i numeri futuri. Il rischio di non ottenere le immagini che ci si aspetta e, a volte, i lunghi tempi di realizzazione sono alcuni tra gli svantaggi del commissionato.

Ventiquattro, Ciak Corea
© Stefano De Luigi, Ventiquattro, Ciak Corea

So che sei molto attenta alle nuove proposte e ti piace puntare anche su nomi poco conosciuti. Questo è ossigeno per la rivista, ma lo è anche per chi vuole emergere come fotografo e la sfoglia. C'è un consiglio che daresti a chi ancora non c'è riuscito? Qual è l'errore più frequente, se ce n'è uno in particolare, di chi viene a presentarti un progetto?
Alcune riviste online, tipo "Burn", curata da David Alan Harvey (fotografo dell'agenzia Magnum), offrono molto spazio ai fotografi emergenti così come Photo District News che, grazie a concorsi in ambiti fotografici diversi, garantisce una panoramica sulle nuove tendenze del settore. Mi piace molto vedere e valutare i nomi nuovi e i lavori proposti; recentemente ho visto diversi servizi realizzati da giovani fotografi e devo ammettere che alcuni sono davvero ottimi, sia dal punto di vista stilistico che da quello delle idee. Gli errori, se così li vogliamo chiamare, risiedono soprattutto nell'editing delle immagini e nel realizzare servizi un po' troppo generalisti da cui, purtroppo, non emerge un focus ben preciso.

Come viene scelta la copertina del vostro magazine?
Per quanto riguarda la copertina iniziamo con un vero brainstorming, una riunione dove ognuno di noi propone idee e interpretazioni del tema mensile e i concetti che vorremmo comunicare al lettore. Ci prendiamo poi un po' di tempo per valutare le idee e decidiamo se produrre lo scatto o utilizzare un'immagine già esistente.

Quanto contano le didascalie?
Le didascalie sono per noi molto importanti, cerchiamo di essere il più accurati possibile nel fornire al lettore tutte le informazioni relative all'immagine, sia che si tratti di reportage socio-culturali, progetti personali o dettagli fotografici che completano un ritratto contestualizzato.

Ventiquattro, Le allegre comari di Ascot
© Massimo Sciacca, Ventiquattro, Le allegre comari di Ascot

La fotografia ha la forza di documentare e al contempo quella di creare dimensioni espressive artistiche. Ma nel reportage fotografico, specie quando si tratta di temi drammatici, capita che il bello sia accusato di inautenticità, mentre sembrano più convincenti le immagini più "sporche", imperfette. Sei d'accordo? Dove pensi si trovi l'equilibrio tra autenticità e bellezza in un'immagine?
Non sono molto d'accordo con questa affermazione. Nel reportage che tratta temi drammatici penso sia importante l'autenticità dello scatto, in circostanze pericolose la perfezione non è sempre possibile. La forza dell'immagine risiede in questo caso nell'aver catturato un momento particolare e di averlo fermato con il proprio stile e la propria personalità, la bellezza è anche questo, l'impronta personale del fotografo in uno scatto ritenuto "sporco".

Che percorso hai alle spalle? Come sei diventata photo-editor?
Ho iniziato per caso collaborando con un amico fotografo che si occupava di moda, successivamente ho lavorato in un'agenzia pubblicitaria per passare poi in un'agenzia fotografica. Mi è sempre piaciuto il contatto diretto con i fotografi e la possibilità di collaborare con loro in modo fattivo, da qui la scelta di cercare una testata che mi desse queste possibilità.

Ventiquattro, In attesa di giudizio
© Paolo Woods, Ventiquattro, In attesa di giudizio

Ventiquattro non assomiglia alle altre riviste italiane, per stile, per l'importanza data alle immagini e in particolare alla fotografia. Dove credi risieda il vostro segno distintivo?
A giugno dello scorso anno siamo usciti con una nuova veste grafica e penso che l'eleganza e la "pulizia" sia uno dei tratti che più ci contraddistingue. Accanto a questo l'attenzione nella scelta delle immagini da pubblicare, il rispetto per il lavoro dei fotografi (non tagliamo o modifichiamo nessuna immagine senza il loro consenso) e la scelta degli argomenti trattati.

C'è qualche rivista straniera che per te rappresenta un modello?
Non c'è una rivista particolare, mi piace molto guardare le pubblicazioni internazionali e prendere idee o spunti per le nostre pagine. Le mie preferite a livello di scelta iconografica, qualità delle immagini ed eleganza grafica sono: "Numero" (edizione francese), "New York Times Style Magazine"  (anche la versione online è curata ed immediata), "How to spend it" (allegato del Financial Times), "Vanity Fair" (UK edition). Ci sono comunque diverse testate online che si occupano prevalentemente di immagini, oltre a essere ben fatte sono un'ottima fonte di idee e nuovi lavori fotografici.

Ventiquattro, Prova d'onore
© Mario Spada, Ventiquattro, Prova d'onore

Chi sono
Vivo e lavoro a Milano, sono giornalista e photo editor del mensile "Ventiquattro". Diplomata in lingue, effettuo due soggiorni in Inghilterra iniziando a collaborare con alcune agenzie fotogiornalistiche londinesi. Collaboro con un amico, fotografo di moda, e scopro una vera passione per l'immagine e per il fotogiornalismo. Dopo una breve esperienza con un'agenzia pubblicitaria passo all'agenzia fotografica "Marka" in qualità di responsabile dei rapporti con i fotografi e con il network di agenzie internazionali. Collaboro all'organizzazione e realizzazione della prima mostra di National Geographic Society in Italia presso il TCI. Durante i viaggi di lavoro a New York seguo diversi seminari presso la ICP (International School of Photography). Dal 2005 sono photoeditor del mensile Ventiquattro.

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