Intervista

A cura di:

Scattare per il National Geographic
Marco Pinna

Con la proclamazione dei vincitori e dei primi tre classificati di ciascuna delle quattro categorie - "natura", "luoghi", "persone", "junior" - si è conclusa la terza edizione del concorso fotografico del National Geographic Italia, «molto bello e avvincente» - secondo Guglielmo Pepe, direttore della rivista- «per il numero dei partecipanti, per la quantità di immagini arrivate in redazione, per la qualità degli scatti realizzati». A Marco Pinna che - da redattore del NG specializzato in fotografia e fotogiornalismo - ha seguito in prima persona tutte le tappe del concorso, dal suo lancio fino ai lavori della giuria, Sguardi ha chiesto di fare un bilancio e di rintracciare delle linee di tendenza.

© Paolo Silvestri
© Paolo Silvestri

Quest'anno per il concorso di National Geographic Italia sono arrivate 15.808 foto. Sembrano numeri importanti, probabilmente un buon campione di chi in Italia è appassionato di fotografia e anche una conferma del binomio viaggio e fotografia. Cosa dice questo dato, sia per la rivista che per gli appassionati di fotografia in Italia?
Certamente un dato importante, senza precedenti per il nostro concorso. Anche se ogni anno abbiamo sempre registrato una crescita nel numero di partecipanti, vedere un'intera stanza stracolma di scatole piene di stampe di ogni formato inviate da tutta Italia fa abbastanza impressione. Al di là di questo penso che una partecipazione così massiccia sia sintomatica di due fattori: uno, l'accessibilità sempre maggiore alla fotografia da parte del grande pubblico grazie alla diffusione ormai capillare di apparecchi digitali di discreta qualità a prezzi relativamente bassi; due, la voglia di confrontarsi, di avere un riscontro, di apparire sulle pagine di un giornale prestigioso. Non penso che tutti quei lettori abbiano mandato le loro immagini solo per vincere i premi in palio. Un concorso come il nostro offre a chiunque l'opportunità di apparire, di farsi vedere attraverso le proprie fotografie, sulla rivista o sul sito web.

© Davide Bozzalla Sul sito anche quest'anno abbiamo caricato centinaia di foto selezionate tra quelle inviate (http://temi.repubblica.it/nationalgeographic-concorso-2010/), e i lettori hanno risposto con grande entusiasmo; anche se sanno di non aver vinto alcun premio, si capisce dalle loro email e dalle loro telefonate che ci tengono molto a venire pubblicati. Anche il binomio viaggio-fotografia di cui parli gioca un ruolo importante: gran parte delle immagini giunte in redazione erano scattate fuori dall'Italia, in alcuni casi anche in luoghi davvero esotici e misconosciuti, ma soprattutto nelle classiche mete turistiche, da Parigi a New York al Mar Rosso alle Maldive. E visto che nessuno al giorno d'oggi parte senza macchina fotografica, il risultato è che le foto realizzate in questi luoghi sono - letteralmente - milioni ogni anno. Non a caso, nella grande quantità di stampe che abbiamo ricevuto spesso le location si ripetevano, riprese da varie angolazioni da vari fotografi: c'è un punto del Deserto del Namib, Sossusvlei, con degli alberi spogli davanti a delle dune, del quale ho visto almeno una decina di foto solo in questa edizione. In ogni caso è sempre stupefacente constatare quanto amino viaggiare i lettori di National.

© Patrizio Rubcich
© Patrizio Rubcich

Il range di partecipanti pare ampio. Si va dall'ex-poliziotto con la compatta che ha vinto la sezione natura al matrimonialista con fotocamera professionale vincitore della sezione persone. Che sensazione hai avuto delle tipologie dei partecipanti e anche dei mezzi usati?
Sicuramente la partecipazione è molto eterogenea; dalla casalinga allo studente all'impiegato al fotoamatore; di fatto, molte delle persone che hanno inviato le loro immagini non hanno alcuna velleità fotografica; scattano semplicemente le foto delle loro vacanze o del loro mondo, della loro famiglia. Il bello di questo tipo di concorso è che anche una persona senza alcun background tecnico o cultura fotografica, armata di una compattina digitale, può azzeccare una grande foto e mostrarla al mondo. Alla fine, sulle famose 16.000 foto pervenute, forse appena il 5 per cento poteva essere considerato valido da un punto di vista tecnico e compositivo. D'altra parte si è vista anche la partecipazione di molti amatori piuttosto evoluti, dotati di apparecchi sofisticati e con ottime capacità  e conoscenze, non solo nello scatto ma anche in fase di postproduzione.

© Vincenzo Mazza
© Vincenzo Mazza
A proposito, tu che hai visionato migliaia di immagini come valuti l'uso della postproduzione nell'interpretazione e sviluppo dello scatto? Qual è, se c'è, la misura?
Una volta si diceva che il segreto di un grande fotografo  è un grande stampatore. Oggi lo stesso discorso si può fare per la postproduzione digitale. È evidente che software come Photoshop, per quanto complicati da utilizzare ad alti livelli, permettono a chiunque di migliorare notevolmente le immagini scattate anche con uno sforzo minimo. Devo dire però che nelle foto del nostro concorso l'utilizzo della postproduzione era poco presente, e comunque quasi mai preponderante; gran parte dei partecipanti ha avuto un approccio molto più semplice e naturale. Mi ha colpito invece l'uso abbastanza diffuso del crop; diverse immagini, anche tra le vincenti, erano tagliate da inquadrature più larghe.

Hai notato il prevalere dell'uso di certi obiettivi rispetto ad altri?
Come dicevo prima, la maggior parte delle foto sono state scattate con compattine digitali comuni, quindi con focali attorno ai 35 mm. Tra i più evoluti, soprattutto in campo naturalistico, ho notato molto uso di teleobiettivi o zoom anche di qualità professionale.

© Isolde Michelazzi
© Isolde Michelazzi

Parlando delle fotografie della categoria junior, cosa hanno di più o di meno rispetto alle altre? Freschezza, ingenuità, tecnica…
Anche in questo caso è difficile generalizzare; rispetto alle altre categorie la junior aveva una quantità inferiore di foto buone, ma forse una maggiore varietà stilistica. Evidentemente i più giovani sono meno influenzati da schemi e modelli, e scattano più liberamente, come dimostrano i primi tre classificati: se il primo ha scattato un'immagine naturalistica abbastanza classica, dimostrando grande tempismo e capacità di cogliere l'attimo, la seconda classificata è un'immagine di tutt'altro genere, onirica e candida, ma al contempo molto sofisticata da un punto di vista emotivo. Il terzo classificato invece ha avuto un approccio più tecnico, dimostrando di saper giocare con la composizione, le linee e i colori come un vero professionista. Mi dispiace solo che la limitazione sui volti riconoscibili (probiti per regolamento in questa categoria) abbia impedito ai ragazzi di mostrarci il loro mondo, il loro quotidiano. Anche nella categoria junior infatti, gran parte delle foto erano state scattate all'estero, nel corso di viaggi presumibilmente in compagnia dei genitori.

© Daniele Fiori
© Daniele Fiori

Perché, a tuo avviso, la categoria luoghi è risultata la più gettonata?
Forse perché è la categoria che lascia il maggiore spazio di interpretazione: si va dal paesaggio naturale a quello urbano, dalla stanza da letto al muro dipinto, dal mercato al monumento famoso. Si può spaziare anche nei generi, dalla fotografia naturalistica a quella architettonica a quella intimistica. In questa categoria si è visto di tutto, e forse per questo ci si sono ritrovati fotografi di diversa formazione e sensibilità.

È possibile rintracciare dei modelli di riferimento, dei fotografi che hanno ispirato stili e scelte?
Nel campo dei fotoamatori più evoluti, direi proprio di . Evidentemente, visto che si tratta di lettori di National Geographic, i modelli a cui si sono ispirati sono i nostri capisaldi più classici, gente come Steve McCurry, Mike Yamashita o Nick Nichols. Nella categoria persone in particolare ho notato molti emuli di McCurry, tra cui lo stesso vincitore. Forse a furia di sfogliare le pagine di National un certo tipo di immagine resta impresso nella mente, e si tende a imitare lo stile dei maestri anche a livello subconscio.

© Luca Pulvirenti
© Luca Pulvirenti



Chi è
Redattore di National Geographic Italia dalla nascita della rivista (1998), Marco Pinna è un giornalista specializzato in fotografia e fotogiornalismo. Da anni attivo nel mondo della fotografia italiana, partecipa a giurie di premi fotografici per concorsi fotografici nazionali e internazionali, tiene corsi di fotografia, partecipa a letture portfolio in tutta Italia, ha curato diverse mostre fotografiche e ha offerto in più occasioni la sua consulenza a fotografi professionisti per la realizzazione di libri fotografici e per la preparazione di concorsi internazionali in qualità di photoeditor e curatore. Da sempre, ha un occhio di riguardo particolare nei confronti dei fotografi emergenti.


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