Audiovisivi e filmati Stop Motion: Nikon ViewNX Movie Editor di ViewNX-i

A cura di: Gerardo Bonomo

Il software Nikon ViewNX Movie Editor di Nikon ViewNX-i permette di realizzare filmati audiovisivi o animazioni Stop Motion in pochi passaggi consentendo combinazioni tra immagini e videoclip oltre ad offrire la possibilità di scegliere la colonna sonora più adatta. Le multivisioni potranno poi essere visualizzate sul monitor del TV-HD, del computer oppure condivise facilmente sui social per essere visualizzate su tablet e smartphone.

 

Introduzione Creazione di un audiovisivo: i tool inclusi in ViewNX - Movie Editor
La colonna sonora Audio Stereo 2+1 e 5+1: i vari sistemi di diffusione
Tipologie dei sistemi di diffusione sonora wireless Sonos Bentornata multivisione
Conclusioni Link correlati

Audio Stereo 2+1 e 5+1: i vari sistemi di diffusione audio

Anche l’orecchio vuole la sua parte. Il proverbio reciterebbe che è l’occhio, ma nella pratica l’orecchio è molto più esigente dell’occhio. L’occhio è grado di adattarsi più facilmente a un sistema di visione che potrebbe essere non performante in termini di grandezza del supporto, come il display di un piccolo tablet, piuttosto che di qualità, ovvero con una risoluzione non eccezionale. L’occhio durante la visione di un film, un documentario, piuttosto che un audiovisivo riesce ad adattarsi facilmente a un sistema di riproduzione delle immagini o dei filmati non performante, questo grazie al fatto che l’occhio da un punto di vista neurologico è profondamente sviluppato e può recuperare le informazioni mancanti dall’immensa banca dati che è la memoria personale. L’orecchio al contrario è un organo di senso più primitivo e al contempo non è in grado di adattarsi facilmente a un sistema di diffusione sonora poco performante. Nella riproduzione sonora, sostanzialmente dei brani musicali, i primi sistemi erano mono, ovvero il suono proveniva da un unico diffusore, privando l’orecchio di oltre la metà della sensazione di ascoltare un brano musicale dal vivo: le orecchie, opposte tra loro ai lati della testa consentono alla persona di ascoltare due differenti suoni, quello proveniente da sinistra e quello proveniente da destra: nessun suono in natura, piuttosto che nell’esecuzione di un brano musicale anche attraverso un singolo strumento, è mono, cioè proviene da un’unica direzione: il suono si propaga dallo strumento in tutte le direzioni, rimbalza contro le pareti della sala da concerto, mentre un suono della natura, come il mormorio di un ruscello, si propaga a sua volta in ogni direzione, incontra ostacoli naturali sui quali rimbalza, si frammenta e cambia di timbro e intensità e si moltiplica puntando verso differenti direzioni, creando in questo modo un suono che proviene da più direzioni, quindi avvolgente chiamato stereo, la cui etimologia ancora una volta derivata dal greco, “στερεο” che significa “solido” dotato quindi di tre dimensioni.

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1899, Master’s Voice. Incredibile pensare che sono passati pochi più di cent’anni dai primi grammofoni, mono, ovviamente e in così poco tempo siamo arrivati allo standard 7.1
A giudicare dal nome, devono sicuramente essere state delle “buone” casse…!
Teac, 1968. Oggetti che non si poteva neppure sognare di possedere…

Nella riproduzione sonora gli impianti di diffusione sono quindi passati dai primi modelli con una sola cassa acustica, di solito integrata in un mobile che accorpava innanzitutto una radio e in altri modelli anche un grammofono, agli impianti stereo, quindi dotati di due casse che possono essere allontanate a piacere dall’amplificatore e posizionate nell’ambiente in modo tale da proiettare verso l’ascoltatore due differenti segnali sonori distanziati tra loro, quello sinistro e quello destro, con un risultato di verosimiglianza rispetto per esempio all’ascolto dal vivo di un concerto, imparagonabile rispetto agli impianti mono. Naturalmente la verosimiglianza dipende da come è stato registrato all’origine il brano musicale, quindi da dove sono stati posizionati i microfoni nella sala da concerto o nello studio di registrazione e nel successivo lavoro di postproduzione.

Qui in ogni caso il suono di uno strumento posizionato a sinistra verrà diffuso principalmente dall’altoparlante di sinistra e viceversa, e il realismo della riproduzione sarà migliorato, ma pur trovandosi nelle condizioni di un impianto stereo in realtà il suono ancora non risulterà perfettamente aderente a quello reale perché nessun suono giungerà all’ascoltatore dai dietro e dai lati ma semplicemente di fronte, mentre nella realtà il suono si spande in tutte le direzione e riverberando ritorna verso la persona anche dai lati e da dietro, dando la sensazione reale di trovarsi non di fronte ma dentro la realtà.

A confronto le varie piste sonore degli ultimi standard audio di una pellicola cinematografica, prima che arrivasse il supporto di riproduzione digitale anche per le sale cinematografiche.
 

In un momento di sviluppo successivo dei sistemi di diffusione sonora si è arrivati alla quadrifonia, introdotta negli anni settanta dai Pink Floyd, che oltre a essere compositori e musicisti erano anche ingegneri del suono: i diffusori diventano quattro, due posizionati frontalmente e due ai lati o alle spalle dell’ascoltatore, il suono diventa più immersivo ma ai lati o alle spalle dell’ascoltatore proviene comunque un segnale molto simile a quello frontale, pur separato nei due canali left/right; la sensazione di immersione aumenta ma ancora non è reale perché il suono proveniente dalle spalle dell’ascoltatore è quasi il medesimo di quello frontale, e non la somma dei riverberi o dei suoni che nella realtà arrivano veramente alle spalle dell’ascoltatore.
Soprattutto grazie alle necessità dell’industria del cinema, quindi delle sale cinematografiche, arriva il Dolby Digital: il sistema si basa su algoritmi psicoacustici in grado di generare e riprodurre una traccia sonora che contiene segnali forward e backward, quindi sia quelli generati davanti che dietro all’ascoltatore che si fosse trovato realmente sul set cinematografico o nella sua finzione: il suono diventa in questo modo realmente immersivo. Il Dolby Digital può lavorare fino a un massimo di 7 canali digitali cui si aggiunge un ulteriore canale che viene destinato esclusivamente alla sola riproduzione delle basse frequenze, fino a quel momento difficilmente riproducibile dalle casse acustiche, pur dotate di tre coni distinti, ciascuno per una determinata frequenza, quindi il tweeter per le frequenze alte, il midrange per le frequenze medie e il woofer per le basse frequenze.

Nasce così lo schema 5.1 così ripartito: R = anteriore destro, L = anteriore sinistro, C = centrale, SR = surround destro, SL = surround sinistro, LFE (Low Frequency Effect) = subwoofer. Tutti questi canali sorgenti vengono poi registrati in un semplice segnale stereo che il decoder Dolby Pro-Logic è in grado di elaborare ricostruendo i 4 canali originali. Di recente si è arrivati alla configurazione 6.1 con un settimo canale da posizionare al centro dei due diffusori surround, chiamato center back surround. Innanzitutto in ambiente cinematografico esiste un principale concorrente del Dolby Digital, il Digital Theater System (DTS) con la variante DTS-ES che aggiunge il canale back surround o center surround (CS) come segnale discreto e indipendente. Attualmente la massima espressione del Dolby Digital è la versione Dolby Digital Surround EX che è stata creata per aggiungere in fondo alla sala cinematografica un’altra coppia di altoparlanti. Fu la THX che durante le fasi finali di realizzazione del film Star Wars “ Episodio I - la minaccia fantasma” del 1999 propose alla Dolby importanti modifiche. Il risultato fu un miglioramento all’ascolto del film da parte di tutti gli spettatori: indipendentemente da dove ogni spettatore sia seduto in sala ciascuno potrà ascoltare l’audio alla stessa maniera, così come è stato progettato dal regista, ed esattamente come se si trovasse al centro della sala cinematografica. Sì, perché non va dimenticato che tutti i sistemi fin qui elencati, per poter essere efficaci, prevedono che l’ascoltatore sia posizionato esattamente al centro del sistema creato dai vari diffusori posizionati nei punti corretti della sala o della stanza. Come detto, la maggior parte di questa evoluzione è stata richiesta dall’industria del cinema per migliorare l’ascolto in sala. Ma oggi è possibile ottenere lo stesso effetto anche stando comodamente seduti nel proprio salotto, naturalmente disponendo di un adeguato impianto di diffusione sonoro, e di un segnale audio sorgente Dolby. Finalmente l’orecchio è più che accontentato, non solo al cinema, ma anche nel proprio salotto di casa. Ma anche l’occhio vuole la sua parte… e torneremo sull’argomento.

Tipologie dei sistemi di diffusione wireless di Sonos

Un problema a dir poco annoso nell’istallazione di un impianto sonoro in ambiente domestico è la miriade di cavi che devono essere stesi e in qualche modo nascosti, per collegare i vari diffusori all’impianto sorgente, sia esso un amplificatore o direttamente il monitor di un TV-HD. Si possono far passare i cavi audio all’interno dei tubi dell’impianto elettrico, a volte però con il rischio di distorsioni nella riproduzione del segnale audio; chi ha la possibilità di progettare da zero l’ambiente in cui posizionerà l’impianto farà approntare i cosiddetti tubi corrugati, che vengono posizionati nei muri o nel pavimento, dedicati al cablaggio dell’impianto di diffusione sonora. Finché si tratta di due diffusori per una normalissima diffusione del segnale stereo, basta posizionare i diffusori non troppo distanti dall’impianto sorgente e in qualche modo si fa passare il cablaggio mimetizzandolo. Ma già un impianto 3.1 ovvero che prevede anche l’istallazione di un subwoofer obbliga a stendere un cavo dall’impianto sorgente che deve necessariamente in parte attraversare il locale. Se poi l’impianto comincia a essere di tutto rispetto, come un 5.1 nel più puro stile Surround, si dovrà fare i conti anche con i cavi che devono portare i segnali ai due diffusori Rear Left e Rear Right, ed ecco che il pavimento del salotto diventa una pericolosa quanto antiestetica ragnatela.

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I sistemi di diffusione Sonos: compatibili con tutti i device, dal TV allo smartphone.
Ogni locale della casa con suo impianto di diffusione sonora, tutto wireless, naturalmente.

Ma siccome a ogni problema c’è una soluzione, oggi esistono dei sistemi di diffusione sia 3.1 che 5.1 completamente wireless, dove il segnale arriva ai vari diffusori in modalità wireless ed è solo necessario collegare ciascun diffusore a una presa di corrente per l’alimentazione, procedura molto più facile e occultabile rispetto al collegamento dei cavi del segnale audio. È il caso del sistema Sonos che si connette all’impianto sorgente in modalità wireless, anche utilizzando il sistema Wi-Fi disponibile nell’ambiente. In questo modo, tra l’altro, si potrà connettere non solo il TV ma anche lo smartphone, il tablet e ascoltare in questo modo anche i brani musicali salvati nei vari device, utilizzando una specifica app disponibile sia per sistemi Windows che Mac OS X oltre che iOS e per i sistemi Android. Le varie parti dell’impianto possono quindi essere collegate in modo wireless attraverso la rete Wi-Fi. Usando un componente Sonos oppure il Boost collegato direttamente con cavo ethernet al router già presente nell’ambiente, si crea una linea Wi-Fi indipendente dedicata esclusivamente all’impianto Sonos, ottenendo prestazioni wireless affidabili indipendentemente dalle dimensioni della casa e dal numero di dispositivi Wi-Fi in uso. Il primo diffusore da utilizzare è indubbiamente la Sonos PLAYBAR: si collega direttamente al televisore con il cavo ottico ed è il punto di partenza per ottenere già un buon effetto Surround virtuale. Alla PLAYBAR può essere aggiunto anche in un secondo momento un SUB Wireless, sempre di Sonos, per rendere ancora più profondi e drammatici i bassi, che non deve essere collegato direttamente via cavo alla PLAYBAR in quanto riceve a sua volta il segnale in wireless. Successivamente possono essere aggiunti due diffusori PLAY:1 o PLAY:3 come canali surround posteriori naturalmente sempre in connessione wireless. In questo modo la colonna sonora del nostro audiovisivo sarà riprodotta in modo perfetto, e naturalmente anche i contenuti del TV piuttosto che le librerie musicali dei nostri smarthpone e tablet. A meno che non decidiamo di bearci ininterrottamente e solo dei nostri audiovisivi creati con ViewNX - MovieEditor.

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La Sonos PLAYBAR è la prima tessera da aggiungere al proprio TV di casa.
Una Sonos PLAYBAR aperta: algoritmi, numero di coni e loro orientamento le permettono anche non coniugata ad altri diffusori un buon effetto surround.
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Come è fatto Il diffusore Sonos PLAY:1, qui sia in livrea bianca che nera.
Il diffusore Sonos PLAY:3.
II Sonon SUB, nuovamente un diffusore wireless, è indispensabile per restituire al meglio i bassi e aumentare al contempo l’effetto surround.
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Tutti i dispositivi Sonos, eccezion fatta per il Bridge che deve essere collegato via ethernet al router di casa, ricevono il segnale audio in modalità wireless sfruttando la copertura Wi-Fi, separata da quella domestica, creata appunto dal Bridge.
Grazie alle App gratuite disponibili sia per piattaforma iOS che Android è possibile ascoltare le proprie librerie musicali caricate sui propri tablet e smartphone utilizzando l’impianto di diffusione sonora Sonos disponibile nel proprio ambiente di ascolto.
Sonos nasce perché l’orecchio vuole la sua parte, ma grazie al design e alla cura nei dettagli costruttivi anche l’occhio è accontentato e il design dell’ambiente in cui viene posizionato si impreziosisce.

Bentornata multivisione

Con la pellicola la realizzazione di un audiovisivo era una procedura complessa ed estremamente costosa: era necessario scattare e poi selezionare un adeguato numero di diapositive che preferibilmente venivano poi duplicate con un’apposita pellicola così da preservare gli originali; i duplicati andavano poi intelaiati usando particolari telaietti con doppia protezione di vetro e in alcuni casi con differenti maschere per reinquadrare l’immagine. Era poi necessario un proiettore per diapositive ma ce ne volevano due, gemelli, per poter ottenere l’unico effetto di transizione allora disponibile, che era la dissolvenza incrociata; se poi i proiettori erano tre, quattro, o un numero ancora maggiore, si poteva toccare il vertice dell’eccellenza, ovvero la multivisione. Era poi necessario disporre di un registratore che lavorava su almeno tre piste magnetiche, due deputate alla riproduzione stereo della colonna sonora, la terza a memorizzare i momenti di passaggio tra una diapositiva e l’altra e relativi effetti; ultima ma non ultima la centralina con cui si registravano in fase di montaggio le transizione, e in fase di proiezione mandava i comandi al o ai proiettori per i passaggi da una diapositiva all’altra, oltre che riprodurre la colonna sonora.

IERI
OGGI

Anche solo due proiettori con centralina, registratore, amplificatore per la musica e relative casse acustiche stavano a malapena in un baule, pesante, quindi faticoso e complesso da trasportare e che occupava uno spazio non indifferente quando non utilizzato. Per non parlare dei costi, parecchi milioni delle vecchie lire per due proiettori, centralina e registratore. Grazie all’avvento del digitale, sia nella creazione delle immagini che nei software di montaggio degli audiovisivi, che nei sistemi acustici di ultima generazione, la realizzazione e la riproduzione di un audiovisivo è diventata decisamente più economica, semplice, di maggiore qualità e impatto e con la possibilità di contare su un numero di effetti di transizione pressoché infinito. La riproduzione può avvenire attraverso lo schermo del computer o del tablet, piuttosto che di un monitor TV di ultima generazione o un videoproiettore. Un audiovisivo può anche essere pubblicato sulle piattaforme social e condiviso a distanza: chi lo vorrà vedere userà il proprio smartphone, il tablet, piuttosto che il computer.
Ma è chiaro che il sistema di riproduzione migliore privilegia un monitor TV di dimensioni generose piuttosto che un videoproiettore, e naturalmente un sistema di diffusione acustico d’eccellenza, ma parliamo di prodotti che possono già essere disponibili nella propria abitazione, a cominciare da un perfetto e avvolgente sistema di diffusione sonora.

Conclusioni

Gli audiovisivi e le multivisioni oggi sono indubbiamente i sistemi più performanti per poter condividere e vedere le proprie immagini. Si continuerà certamente a stampare, anche se oggi non è più un passaggio essenziale come lo era necessariamente usando i negativi che impressionavano immagini latenti e quindi invisibili. Anche la possibilità di salvare il proprio audiovisivo in formato ridotto adatto per lo streaming da inserire sui propri social estende in tempo reale il pubblico potenziale. I costi, rispetto ai tempi delle diapositive, si sono ridotti a zero, visto che per la visione si sfruttano monitor di TV, tablet o smartphone che già si possiedono, o videoproiettori performanti per i più fortunati, mentre per l’ascolto della colonna sonora si può utilizzare l’impianto home theatre già disponibile, o decidersi finalmente ad acquistarne uno centuplicando la qualità del suono rispetto agli altoparlanti integrati in un TV - tablet e smartphone non incorporano altoparlanti degni di questo nome, si può ricorrere a delle buone cuffie o a un sistema di diffusione sonora wireless come quella offerta da Sonos -.
Siamo passati nell’arco di una decina d’anni da strumentazioni preistoriche al futuro.
Con il vantaggio che questo futuro è già oggi.

Una delle prime lanterne magiche, progettate da Athanasius nel diciassettesimo secolo.
Le lanterne magiche sono nate prima della fotografia, le prime quindi proiettavano immagini realizzate perforando ad arte dischi di metallo, in questo caso piuttosto simili ai dischetti di diapositive 3D della View Master.
Rimedi infallibili per procurare notti da incubo ai bambini...

 

 

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