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Ultravioletto


Premessa

Le estremizzate prestazioni delle più recenti reflex digitali Nikon, la loro qualità di immagine, la resa cromatica, la loro mediata risoluzione tra formati e fasce di prodotto e tutte quelle nuove caratteristiche che le rendono uniche, ci hanno spinto a cercar di "spremere" i sensori, per vedere fino a che punto possiamo avvicinarci al livello scientifico come le strumentazioni oggi già utilizzate, ma caratterizzate da costi proibitivi per i non addetti ai lavori.

Facendo seguito a numerose sperimentazioni fatte in precedenza modificando Nikon DSLR come documentato in vari precedenti eXperience: Fotografia digitale infrarossa, l'ultima frontiera… per questa nuova sperimentazione, abbiamo opportunamente modificato una Nikon D70s.

Essa è riconosciuta per molti che la possiedono, come più idonea sia perché già a corredo del fotografo, affiancata dalle più recenti fotocamere, ma anche perché accessibile a prezzi molto interessanti sul mercato dell'usato, e di non complicatissima sostituzione del filtro low-pass antialiasing situato davanti al sensore. Progetti più articolati ed a maggior budget sono in corso con modifiche a DSLR più recenti per sfruttare delle nuove e più estese potenzialità di gamma inclusa la preziosa funzione Live View che, su illuminazioni e conseguenti riflessioni al di fuori del visibile, permette di inquadrare, vedere, mettere a fuoco a monitor ciò che l'occhio nudo non avrebbe mai potuto fare.

Il filtro low-pass antialiasing è quello che taglia nella fotografia tradizionale (abbassa la trasparenza e quindi la sensibilità alle specifiche lunghezze d'onda), gran parte delle nefaste frequenze nell'ultravioletto e nell'infrarosso. Nefaste nella fotografia tradizionale perché, con la loro presenza in base allo spettro dell'illuminante e conseguente differenziata riflessione degli specifici oggetti, portano ad inquinamenti selettivi della cromia spesso impropriamente attribuita ad aspetti di bilanciamento del bianco, caratterizzazioni o linearizzazioni dei profili.

Sia per protezione e sia per far funzionare l'autofocus abbiamo istallato, attraverso la preziosa collaborazione dell'assistenza LTR, al posto del filtro originario, un filtro in vetro ottico trasparente in modo che la fotocamera possa leggere tutto lo spettro del visibile assieme a quello esterno in IR ed UV.

A questo punto, a seconda dei fini ricercati, occorrerà fare le prove con più filtri a tagli diversi da anteporre allo schema ottico obiettivo, per registrare selettivamente, quella banda di spettro che risulta di interesse.

È stato possibile mettere alla prova la tecnica della riflettografia infrarossa, e quindi la Nikon D70s "modificata", grazie al famoso restauratore Daniele Piacenti, che ci ha convocato per un intervento di restauro di un particolare dipinto: "La Madonna della Cintola" del pittore Ridolfo del Ghirlandaio.


Duomo di Prato


Un po' di storia

Il PITTORE

Ridolfo del Ghirlandaio (Firenze, 4 febbraio 1483 – 1561) figlio di Domenico Ghirlandaio si formò nella bottega di Fra Bartolomeo e si distinse nella creazione di ritratti.

Affrescò una Cena in Emmaus nel refettorio del terzo chiostro della chiesa di Santa Maria degli Angeli a Firenze. Proveniente dalla Chiesa di Sant'Agostino a Colle di Val d'Elsa è il Compianto sul Cristo deposto, oggi al Museo civico e d'arte sacra della città. Nella Sala del Capitolo della Certosa di Firenze ci sono due tavole attribuite a questo pittore, una con i Santi Lorenzo e Pietro Martiri e una raffigurante la Madonna col Bambino. Nel 1511 Ridolfo del Ghirlandaio realizzò una Madonna in trono con Bambino e santi, per la chiesa di Sant'Agostino a San Gimignano.
Nel 1514, infine, dipinse un'Annunciazione nella Cappella dei Priori a Palazzo Vecchio di Firenze.


IL RESTAURO, TRA VICENDE STORICHE E RECUPERO ESTETICO

La tavola dipinta da Ridolfo del Ghirlandaio nel 1508 è una delle poche opere d'arte che si è conservata integra, completa della sua ricca cornice, nello straordinario contesto per il quale è stata realizzata: il terrazzo interno di Maso di Bartolomeo nel Duomo di Prato. Tuttavia un lungo elenco di restauri, molti di questi documentati, si snoda con cadenze regolari fino ai giorni nostri: Il primo intervento a cura di Lodovico Buti avvenne già nel 1584, nel 1699 venne ridorata la cornice, la tavola venne restaurata di nuovo nel 1741 da Bartolomeo Lupinari e nel 1852 da Antonio Marini; infine l'ultimo intervento documentato è stato quello del restauratore Massimo Seroni del 1978.

Il dipinto ad olio su tavola è centinato e raffigura la Vergine Assunta in cielo, su nubi sostenute da Cherubini, che consegna la Cintola a San Tommaso (massima reliquia ed icona pratese per eccellenza) coi Santi Agostino, Stefano, Caterina d'Alessandria, Lorenzo e Margherita in primo piano tutti intorno al sepolcro dal quale spuntano rigogliosi cespugli di rose. Lo sfondo terso del cielo illumina un paesaggio ideale ricco di particolari.

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Il dipinto smontato e messo in orizzontale.

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"La Madonna della Cintola"


All'inizio dei lavori nel dicembre 2007 l'opera mostrava la superficie pittorica densa di rigonfiamenti di colore, distaccati a livello del legno di supporto, tutta gravemente offuscata da spesse vernici ingiallite particolarmente evidenti sulle campiture chiare del cielo, dove venivano subito colte dall'occhio dell'osservatore che saliva sul terrazzo interno della chiesa per vedere da vicino il dipinto; le parti scure invece erano sbiancate ed il paesaggio risultava appiattito.

Macchie e sporco di vario genere, ritocchi alterati, vecchi stucchi e residui di vernice ossidata, erano presenti nelle depressioni della pittura e insieme ai difetti superficiali del supporto confondevano la visione del dipinto. Depositi di particellato generico contenente nerofumo e polvere erano tenacemente ancorati sull'intera superficie del dipinto e della cornice e notevoli sgocciolature di cera di candela intasavano gli ovoli ed i frutti intagliati e dorati.

Nel piano dei lavori di restauro che abbiamo messo in atto sul dipinto di Ridolfo del Ghirlandaio, direttamente sul terrazzo del Duomo per risparmiare all'opera i traumi del trasporto, si è dato molto spazio alla diagnostica ed in questo particolare ramo del restauro le acquisizioni in digitale ad infrarossi, ci hanno fornito utilissimi elementi di riscontro che, comparati con le altre rilevazioni, ci hanno permesso di conoscere meglio l'opera di Ridolfo e di poter procedere negli interventi di restauro con più tranquillità e sicurezza. Soprattutto nel rilevare i pentimenti dell'autore e gli interventi di restauro precedenti, le acquisizioni con la Nikon D70s a tutto spettro si sono rivelate interessanti: nella bandiera di Santo Stefano infatti è emersa la stesura precedente del manto dell'angelo di sinistra con panneggio di lacca rossa, poi sovrapposta dall'autore con il bianco e grigio ed il rosso cinabro della bandiera.

 


 

 

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