Di Ludovico Fossà

Dimensionalità e progettualità

 

Premessa
In questo Experience vorrei esporre il mio pensiero sul concetto di "sintesi" nello Still Life.
Ovvero: eliminare l'idea che Still Life significhi semplicemente la realizzazione di foto d'oggetti inanimati.
Lo Still Life richiede un progetto, una meditazione, attenzione e molta pazienza.

Cominciamo da una considerazione che potrebbe sembrare banale ma che al contrario, non lo è.
A tutti noi è capitato, quando frequentavamo le scuole elementari, di dover realizzare dei disegni alla fine di dettati, riassunti, temi o le versioni in prosa.
Sarà capitato sicuramente di dover disegnare una casetta. La classica casetta, con la sua stradina che si "infilava" direttamente dentro l'uscio.

Il problema nasceva quando dovevamo rappresentare le finestre con il loro vetro.
Come facevamo a far capire, dal nostro disegno, la presenza del vetro?
Problema non banale né facile. Il vetro è trasparente, è impalpabile.

Lo facevamo, semplicemente, tracciando delle leggere linee oblique.

Sfido chiunque ad aver osservato, nella realtà, quelle linee oblique sui vetri delle finestre. Eppure quei semplici tratti, seppur del tutto innaturali, ci fanno subito pensare alla presenza del vetro.
Soffermiamoci un attimo su cosa accade.
I nostri occhi registrano quell'informazione. Il nostro cervello la analizza, la elabora e la trasforma in un "concetto".
In sostanza, pur "leggendo" un'informazione non rispondente alla realtà, noi riusciamo, con tutta naturalezza, a "tradurla" in una realtà. In una verità.

Tempo fa, feci un intervento sul forum, e qui vale la pena riportarne un paio di brani:

Lo Still Life è molto concettuale, occorre spesso fare un ragionamento che provo a sintetizzare con un esempio:
Quando si pensa ad un cavallo, non si ha nella mente l'immagine di un cavallo baio o bianco, o di qualche razza particolare. Nella nostra mente si forma un'immagine della "media" dei cavalli. Abbiamo fatto una sintesi del concetto. Abbiamo pensato al "concetto di cavallo".

Un esempio classico: se si prova a fotografare una pentola di acciaio lucido nel suo abituale contesto lasciandola in luce ambiente o illuminandola con il flash attaccato alla macchina, si avrà una pentola nera nella quale si specchia tutta la cucina e un puntino bianco che è il nostro flash.
Nella nostra testa invece il "concetto di pentola" non è per niente così.
Noi immaginiamo una pentola di acciaio, bella lucida, con delle superfici belle bianche. Come mai?
Perchè noi facciamo la "media" di tutte le situazioni in cui abbiamo osservato una pentola. Come dire che in testa ci facciamo un "film" della pentola in tutte le posizioni possibili e la riduciamo ad una immagine fissa che diventa il "concetto di pentola".

Una dimostrazione di quanto detto sia reale, è questa:
Se osserviamo il ritratto di una persona il cui volto ci è ben noto (amico, parente) non abbiamo nessuna incertezza nel riconoscerla.
Se, al contrario, osserviamo un ritratto di una persona sconosciuta, al momento nel quale abbiamo l’occasione di vederla di persona, spesso non siamo in grado di riconoscerla. Perché?
La conoscenza (visiva) di una persona è determinata dalla quantità di informazioni archiviate nella nostra memoria, dalla quantità delle "istantanee" che riduciamo ad un'immagine fissa. Né facciamo, in ultima analisi, una sintesi.
Una particolare "istantanea" è quindi compresa all'interno della nostra …sintesi.
Al contrario, non avviene tutto ciò se, come unico dato disponibile, abbiamo solo una particolare espressione, una particolare angolazione di ripresa, etc… Un'istantanea appunto, e non la "sintesi".

Nello Still Life (parliamo in generale naturalmente), l'intento è quello di fotografare l’anima dell'oggetto che diviene soggetto.
Questo comporta un approccio mentale particolare, molto specifico.
Per inciso, questa è una ricetta che vale per qualunque genere ovviamente. Molte foto dei Maestri del Reportage sono affascinanti proprio per questo motivo.

Le prime fasi per assorbire questa mentalità sono l’osservazione e la capacità di critica verso le proprie foto.
Si guarda qualcosa, la si fotografa e poi, guardando la stampa, non riconosciamo più quello che avevamo visto all'interno del mirino della nostra reflex.
Dobbiamo metterci in testa che ogni qualvolta osserviamo qualcosa, in un certo senso, quest'informazione passa attraverso un'emozione, la nostra esperienza (intesa come conoscenza del mondo fisico che ci circonda) e quindi la interpretiamo. Sempre!
Non stupiamoci troppo se anche la fotografia deve essere "interpretazione".

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