Premi

10 fotografi per 10 anni di Ponchielli

Dieci anni di Premio Ponchielli - riservato al miglior progetto fotografico, pensato per la pubblicazione su giornali, libri o siti internet, e riservato a fotogiornalisti italiani o residenti in Italia - che nel tempo è diventato uno dei più prestigiosi in Italia, rivelando talenti, confermando grandi autori, mostrando nuove storie, raccontando il mondo, indicando strade e percorsi da seguire. I lavori dei fotografi premiati in dieci anni di attività sono ora raccolti da Contrasto in 10 fotografi, 10 storie, 10 anni, Premio Ponchielli 2004-2013 (pp. 224, 136 immagini in b/n e a colori, euro 24,90).
 


10 fotografi, 10 storie, 10 anni, Premio Ponchielli 2004-2013. Contrasto

Il premio è stato creato nel 2003 dal GRIN, il Gruppo Redattori Iconografici Nazionale, i photo editor che hanno voluto ritrovarsi in un'associazione professionale, in ricordo del primo grande photo editor italiano, scomparso nel 2001, Amilcare G. Ponchielli. Da allora, ogni anno, il GRIN nomina una giuria composta dal direttore di un periodico, un fotogiornalista, Mariuccia Stiffoni Ponchielli, tre dei propri membri e i rappresentanti degli sponsor. Nella stessa occasione viene anche indicato il "libro dell'anno", con una segnalazione di merito al volume fotografico, considerato il migliore tra quelli usciti nell'anno precedente. Di seguito, i progetti premiati - tra il 2004 e il 2013 - presenti nel volume.



Battle to death © Fabio Bucciarelli, Premio Ponchielli 2013

"Battle to Death" di Fabio Bucciarelli, Premio Ponchielli 2013

Battle to Death è un reportage fatto ad Aleppo durante l'autunno del 2012. Dopo aver documentato le cosiddette Primavere Arabe e la guerra Libica da prima dell'intervento NATO fino alla morte di Gheddafi, ho deciso di recarmi in Siria per coprire il conflitto più sanguinoso degli ultimi anni. Partito dalla Turchia sono entrato in Siria dal nord del paese con direzione Aleppo, dove durante l'ottobre del 2012 si combatteva la battaglia più sanguinosa fra l'esercito di Assad ed i guerriglieri del Free Syrian Army. Presto ho scoperto che la cosiddetta guerra civile siriana era un massacro contro la popolazione civile. Ho deciso così di documentare i diversi aspetti del conflitto, con un focus particolare sulle vittime civili: quindi non solo la frontline, ma anche i profughi in fuga dalle bombe, i bambini e le donne ferite dai MIG dell'esercito regolare, il daily life in un paese in guerra e il dolore di coloro che quotidianamente combattono per liberare il proprio paese dalla tirannia di un dittatore.



Fascicoli del maxiprocesso 1986-1987, Corleone, Palermo, 2012
© Tommaso Bonaventura e Alessandro Imbriaco, Premio Ponchielli 2012

"Corpi di Reato" di Tommaso Bonaventura e Alessandro Imbriaco, Premio Ponchielli 2012

Da tempo la mafia viene percepita come una realtà dispersa, multiforme, quasi invisibile. Dopo gli anni '90 e il culmine della stagione stragista, la criminalità organizzata in Italia ha progressivamente cambiato volto, confondendosi sempre di più nel tessuto politico ed economico del paese. Corpi di reato vuole contrastare questa dispersione, per ridare alle mafie un orizzonte visibile seguendo i tanti segni lasciati sul territorio, ma anche mostrare il vuoto, l'assenza provocati dall'azione criminale: aule deserte di comuni commissariati, cantieri sequestrati, tutta la geografia disegnata dalle indagini di polizia, dagli avvistamenti dei latitanti, la ricerca dei covi. Da qui l'esigenza di riportare allo sguardo il prodotto di anni di guerra contro la mafia, un mosaico di aule di tribunali, reperti giudiziari, carcasse di automobili, foto segnaletiche, mausolei dedicati agli eroi, bunker. L'immagine fotografica permette di mostrare esempi della natura manifesta dei fenomeni mafiosi, per poi rappresentare il confine oltre il quale tutto ciò svanisce di nuovo, e prendere atto della linea d'ombra oltre la quale la mafia svanisce, scivolando in una quotidianità anonima. Già dieci anni fa si diceva che le mafie stessero diventando invisibili, celate dietro una maschera di normalità: Corpi di reato vuole tentare di ridare un'immagine alle mafie, così da creare un filo visivo che unisca la stagione cruenta di vent'anni fa alla zona grigia dove invece prosperano oggi.



Baby Blues © Guia Besana, Premio Ponchielli 2011

"Baby Blues" di Guia Besana, Premio Ponchielli 2011


Fare fotografia è sempre stato per me un modo per raccontare degli stati d'animo. Essendo una donna, i soggetti femminili mi hanno coinvolta più di altri e da anni i miei lavori personali trattano temi in questa direzione. Diventare madre ha influenzato enormemente il mio lavoro, dandomi il tempo di considerare un nuovo approccio all'immagine. Ho iniziato a utilizzare il banco ottico per mettere in scena delle immagini, narrazioni costruite, nelle quali il soggetto è una madre in un preciso momento e stato d'animo. Baby Blues evoca quel processo di interiorizzazione della propria morte simbolica come figlia e la conseguente identificazione in una figura materna. In questa serie definisco il ruolo della madre descrivendo il mondo conflittuale in cui la donna vive durante la gravidanza e la maternità. Questo mondo rappresenta momenti di vita quotidiana; circostanze che alludono a una realtà più profonda e a volte allarmante ma che per me sono un passaggio obbligato verso una nuova consapevolezza. Baby Blues è la prima parte di una trilogia iniziata nel giugno 2010.
 Le tematiche che verranno sviluppate nelle due altre serie avranno sempre come soggetto la donna e rappresenteranno con onestà e ironia aspetti a cui voglio dare voce.



Ex chiesa del Suffragio, Lucca. Sala concerti, 2010 © Andrea Di Martino, Premio Ponchielli 2010

"La messa è finita" di Andrea Di Martino, Premio Ponchielli 2010


Quello che mi affascina nella fotografia di architettura, spesso statica, disanimata, priva di presenza umana, è la capacità di farmi immaginare la vita. In questo senso le chiese sconsacrate sono per me luoghi molto particolari, hanno un richiamo a più voci: la vita sacra, la rinascita, la vita profana. In Italia esistono centinaia, forse migliaia di chiese sconsacrate: censirle tutte è quasi impossibile. L'idea iniziale era quella di realizzare un reportage e documentare alcuni fra i diversi usi ai quali sono adibite. 
La ricerca però mi ha in breve portato a scoprire un mondo molto più ampio rispetto a quello che mi aspettavo. Da Nord a Sud le ex chiese, a volte ristrutturate a volte appena mantenute in piedi, mi hanno raccontato storie di un'Italia variegata: raffinata e superficiale, modaiola e popolare, trasgressiva e credente, ma alla fine sorprendentemente eterogenea.



Umumalayika © Martina Bacigalupo, Premio Ponchielli 2009

"Umumalayika" di Martina Bacigalupo, Premio Ponchielli 2009


Francine è una giovane donna burundese di 25 anni. Alla morte di suo marito, nonostante avesse detto alla sua famiglia che non voleva farlo, fu costretta, secondo il costume burundese, di sposare il fratello minore del defunto, un militare, che non si faceva vedere per mesi e poi arrivava in mezzo alla notte e la violentava. Francine è rimasta incinta la prima volta in seguito a uno di questi ritorni. Ebbe una bambina e, per questo, non c'era nessuno all'ospedale a visitarla. Francine è riuscita a tornare a casa quella volta solo grazie al supporto del prete del suo villaggio. Quando, mesi più tardi, suo marito venne infine a trovarla, le disse di non pensare d'essere una vera madre, dal momento che vere madri producono figli maschi. Nei mesi successivi tuttavia egli parve addolcirsi e accettare la figlia. Nonostante ciò le violenze persistevano e Francine rimase incinta una seconda volta. Durante i primi mesi di gravidanza lui, temendo di avere una seconda bambina, minacciava Francine di ucciderla. Francine non lo prendeva seriamente, pensava stesse scherzando. Al sesto mese di gravidanza, un giorno, lui si mostrò particolarmente affettuoso. Quella stessa notte Francine fu svegliata da un colpo di machete sul braccio. Mentre tentava di alzarsi, suo marito le tagliò anche l'altro. La bambina era nel letto con loro e piangeva forte, mentre sua mamma stava riversa sul pavimento - finché i vicini sono finalmente intervenuti. Francine ha perduto completamente la sua autonomia. Ha bisogno d'essere assistita in tutto quello che fa, dal lavarsi i denti a bere un bicchiere d'acqua, da mettersi a letto ad andare in bagno. Nonostante l'umiliazione quotidiana, è una persona positiva che lotta per la sua vita e quella di sua figlia. Inizialmente il marito di Francine era stato rilasciato per infermità mentale, ma grazie alla pressione di organizzazioni locali e internazionali per i diritti dell'uomo, è stato riportato in carcere. Francine sarebbe morta se i vicini non fossero intervenuti. Francine è una delle numerose donne che subiscono violenza domestica in Burundi. Al momento dell'aggressione, Francine era incinta di un bambino. Il bambino è deceduto per il trauma subito dalla madre.



Far West cinese © Paolo Woods, Premio Ponchielli 2008

"Far West cinese" di Paolo Woods, Premio Ponchielli 2008

Per alleviare la sua sete di petrolio e la sua fame di rame, di uranio e di legname, Pechino ha lanciato le sue imprese e i suoi avventurosi imprenditori alla conquista dell'Africa. Per i 500 mila cinesi emigrati nel Continente Nero c'è la promessa di un Wild West del ventunesimo secolo. Per gli africani l'arrivo dei cinesi è forse l'evento più importante in quarant'anni d'indipendenza. I cinesi non assomigliano agli antichi coloni: seducono i popoli (perché costruiscono strade, dighe e ospedali) e i dittatori (perché non parlano di democrazia o trasparenza). La Cinafrica è la terra in cui Serge Michel e Michel Beuret - seguiti dall'obiettivo fotografico di Paolo Woods - hanno viaggiato per oltre due anni, regalandoci il primo reportage illustrato dal cuore del futuro asse economico mondiale. Dalle campagne impoverite nel cuore della Cina alle poltrone in cuoio dei ministeri africani, le foto di Paolo Woods raccontano l'avventura dei cinesi partiti per costruire, produrre e investire in una terra che l'Occidente giudica ormai buona solo a ricevere aiuti umanitari. Sono immagini rare: Pechino non vuole clamore intorno alla sua conquista. Danno un volto a un fenomeno che non è solo un prodotto della globalizzazione ma una delle sue realizzazioni finali.



Fedeli alla tribù © Lorenzo Cicconi Massi, Premio Ponchielli 2007

"Fedeli alla Tribù" di Lorenzo Cicconi Massi, Premio Ponchielli 2007

Ho cominciato questo lavoro nel 2000. Mi sono avvicinato ai giovani attratto dalle forme, dai colori del trucco, dai tatuaggi messi in mostra come segno distintivo ma senza alcun significato vero. 
La loro è una stagione splendida della vita: l'adolescenza incarna il passaggio da un passato d'infanzia da abbandonare al più presto, ad un futuro del quale non si ha la minima percezione.
 Un incredibile salto nel vuoto. 
Nel 2003 proseguo il lavoro a Malta, fra i giovani degli Erasmus e dei locali notturni di Paceville.
 Altra tappa importante è il viaggio a Beijing, del 2006. Rincorro, blocco e convinco al ritratto ragazzi di ogni tipo, giovani alla ricerca di una vita migliore, di una nuova appartenenza. Forse anche per loro l'esigenza di mascherarsi e riconoscersi, di seguire un modello occidentale, li porta ad essere una compagnia di attori che recita per se stessi, vittime inconsapevoli e ribelli del vuoto che spesso li circonda. 
In futuro vorrei proseguire il progetto nell'Europa dell'Est per comprendere le speranze, le illusioni e le certezze che in questi anni così decisivi contribuiscono a creare i nuovi modelli culturali delle nuove generazioni. In questo senso credo che possano esistere delle analogie anche fra la realtà cinese e i paesi europei dell'ex blocco sovietico, che rappresentano la nuova frontiera dell'Occidente e il terreno ideale dove è cominciata la rincorsa ai modelli dominanti.



Ravenna, parco divertimenti di Mirabilandia © Massimo Siragusa, Premio Ponchielli 2006

"Tempo libero" di Massimo Siragusa, Premio Ponchielli 2006

Ci sono fotografi che si conservano. Crescendo maturano.
Sviluppano, durante il loro percorso professionale, uno stile, una tecnica.
Spesso perseguono un progetto per tutta la loro vita professionale.
 Massimo Siragusa non è tra questi. È un fotografo eclettico. Uno sperimentatore di tecniche. È curioso, quanto basta, per occuparsi di fanatismi religiosi usando la pellicola infrared, o di andare su e giù per l'Italia da un circo all'altro fotografando animali e persone come elementi di un sogno.
 Nessuna necessità di documentare.
 Piuttosto il desiderio di marcare e interpretare nella migliore tradizione degli autori. Premiare le sue immagini non è stato difficile. Il suo lavoro incuriosisce, stupisce, leggero e spericolato al tempo stesso. Questa mostra è il frutto del suo ultimo progetto. 
Un viaggio attraverso l'Italia per mare e per terra. 
Nuova tecnica, nuove scelte stilistiche.
 Un nuovo soggetto: il tempo libero.
 Consapevole di essere allievo dei più grandi maestri contemporanei, Massimo Siragusa sembra che con la fotografia si diverta.
 Cosa si prova a fare i piloti di jet? E a lanciarsi nel vuoto per sfidare la forza di gravità? O a sfidare le onde dell'oceano? Parchi divertimento, crociere nel Mediterraneo, luna park, mondi in miniatura da esplorare. Ozio e svago. Rappresentati in queste immagini innaturali, siamo noi, piccole figure che camminano in un verde irriconoscibile, sotto cieli artificiali, grandi come gli oggetti che ci circondano, noi in scena in uno spazio irreale.
In queste fotografie i colori si sono calibrati, misurati su un tempo immaginario. E il mondo, tutto intorno, è un salto dentro e fuori la realtà.



Deserto del Mali, 1998 © Giorgia Fiorio, Premio Ponchielli 2005

"Il dono" di Giorgia Fiorio, Premio Ponchielli 2005

Etiopia, Polonia, Filippine e Haiti. E poi, le città sacre e i luoghi della spiritualità in India, Thailandia, Cambogia, Giappone, isola di Pasqua ... "Il dono" è un lungo e impegnativo progetto fotografico, iniziato nel 2000 e concluso nel 2007, con l'obiettivo di documentare i luoghi e i volti della ricerca della spiritualità. L'autrice scrive: "Attraverso la cruda esperienza diretta, senza intenzioni enciclopediche, da gennaio 2000 perseguo un progetto fotografico lungo un percorso arbitrario, "Il Dono": evidenza visuale e insieme cammino di ricerca personale, intorno all'eredità spirituale dell'umanità. Sospese sulla voragine dello spazio-tempo universale e inscritte nel presente storico, le innumerevoli espressioni del credere compongono un mosaico di percorsi, in dissidio fra l'identità esteriore dell'individuo e il sé profondo. Alle più remote origini del credere, prima d'ogni scisma, nei primi testi sacri, come nella primigenia tradizione orale pagana, appare una trama d'infinite corrispondenze, rituali, gesti da sempre ripetuti: molteplici voci, civiltà diverse, risonanze di un medesimo fremito dinanzi al mistero dell'esistenza. Nella celebrazione, nella sacralità del rituale, si altera la percezione dell'esperienza sensibile: l'oggetto e il contesto coinvolti, divengono simbolo evocando significati altrimenti estranei; ogni forma di spiritualità allude a un'armonia spezzata, a una frattura insanabile tra la dimensione cosmica e la condizione mortale: le mitologie parlano di infrazione divina, le religioni di peccato originale, le filosofie di male radicale. In ognuno di questi casi, crolla l'impalcatura del pensiero razionale, per ricomporsi nel vincolo vita-morte, in un inesorabile susseguirsi. Anello di congiunzione tra il finito e l'infinito, gli iniziati di ogni Mistero, disperdono attraverso un'esperienza fisica estrema, di privazione, ascesi, dolore, vertigine o delirio, l'immediata tragicità della sofferenza terrena".



Afghanistan, Badakhshan. Coltivatore di oppio prega per la bontà del raccolto © Alessandro Scotti, Premio Ponchielli 2004

"Photographic mapping of illicit drug routes and trends" di Alessandro Scotti, Premio Ponchielli 2004

I percorsi del traffico illegale di droghe identificano le traiettorie di uno dei più importanti mercati globali.
 Negli ultimi cinquant'anni i mezzi di comunicazione occidentali, e la fotografia in particolare (da Eugene Richards a Nan Goldin), hanno dedicato ampia attenzione al fenomeno delle droghe. Non si è tuttavia mai realizzato un quadro sistematico dei percorsi delle sostanze stupefacenti con l'intenzione di fare "un'istantanea" di questo fenomeno transnazionale. Nonostante la loro natura di rete internazionale, le attività legate al narcotraffico sono solidamente vincolate a equilibri locali, culture, usi e costumi di specifiche comunità. Ognuna di queste realtà interagisce, grazie al narcotraffico, con altre esterne. Le "vie della droga" rappresentano lo spazio di questa interazione. Ripercorrere queste rotte significa innanzitutto esplicitare la relazione concreta che lega i paesi coinvolti nel traffico di droghe attraverso i gesti quotidiani di individui che vivono ai lati opposti del mondo, le cui esistenze ruotano tuttavia attorno alla stessa merce.



Gianni Amilcare Ponchielli, © Toni Thorimbert

 

Chi era

Gianni Amilcare Ponchielli è nato a Milano nel 1946. 
Ha iniziato a lavorare nel 1965 a Buenos Aires in pubblicità, poi dal 1966 al 1968 è a Parigi presso la rivista Jardin des Modes. Nel 1968 arriva a Milano dove lavora come grafico pubblicitario alla Rusconi e quindi, fino al ‘70, alla Rinascente Upim. Dal 1971/75 collabora come free lance con varie aziende editoriali e diventa quindi grafico della rivista Cento Cose. Nel 1979 entra nel Gruppo Editoriale Corriere della Sera, prima ad Amica, dove diventa il primo photo editor in Italia, quindi a Max e infine a Sette, sempre come photo editor e titolare della rubrica "Photofinish". È scomparso a Milano nel 2001. La fotografia, in tutta la sua carriera, ha sempre avuto un ruolo dominante. Si è sempre battuto, all'interno delle redazioni nelle quali ha lavorato, perché l'immagine fotografica avesse la dignità che le spetta e le venisse riconosciuto il suo potere informativo. Negli anni ha costituito un'importante biblioteca dedicata alla fotografia di oltre 1200 volumi, oggi conservata presso il Museo di Fotografia Contemporanea a Villa Ghirlanda, Cinisello Balsamo (Milano).

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