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In natura
Xa Biennale Internazionale di Fotografia


© Enzo Umbaca

Si è aperta il 4 settembre 2003 a Palazzo Bricherasio a Torino "In Natura, Tra ossessione e distrazione, geografia e ambiente", la X edizione della Biennale Internazionale di Fotografia promossa dalla Fondazione Italiana per la Fotografia. La mostra, che chiuderà il 12 ottobre, è quest'anno dedicata al tema della Natura e propone una nuova lettura del rapporto dell'uomo con il proprio habitat, con l'ambiente, con la vita organica, con tutti quegli aspetti della vita che si è abituati a definire naturali. "Le opere che verranno proposte in Biennale ci invitano a riflessioni inedite sui luoghi che ci appaiono familiari, il mondo suddiviso, definito dalle carte geografiche, dal clima e dai mari, il mondo diurno e notturno, il rapporto ambiguo e sfuggente tra l'universo che percepiamo e quello che realmente abitiamo" spiega Anna Detheridge, recentemente nominata Direttore Artistico della Fondazione Italiana per la Fotografia e curatrice della rassegna


© Tom Hunter

Tre le sezioni principali:
Giovani Autori Italiani
, dedicata esclusivamente a una rosa selezionata di artisti e fotografi italiani che abbiano dedicato un momento del loro percorso a una riflessione sulla Natura e che si siano distinti in tempi recentissimi per la qualità del loro lavoro.
Panorama Internazionale
, una proposta di lavori realizzati da autori da diverse parti del mondo, che offre una molteplicità di visioni e sguardi non certo sentimentali ma di confronto con la concreta realtà del mondo fisico e materiale.
Paesaggi della Biodiversità: con questo termine s'intende sottolineare la ricerca di immagini e di spazi della diversità biologica.

37 artisti, circa 300 immagini compongono il percorso espositivo di questa X edizione della Biennale Internazionale di Fotografia che sempre più afferma il carattere della contemporaneità e di assoluta novità accostando ad artisti già noti sul piano internazionale i più interessanti autori della nuova fotografia. Con la X Biennale Internazionale di Fotografia la Fondazione festeggia anche il ventesimo anniversario. Di seguito pubblichiamo le note sul percorso espositivo di Anna Detheridge.

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© Sonja Braas

© Darren Almond

 

NOTE SUL PERCORSO ESPOSITIVO

Nel mondo contemporaneo due visioni o punti di osservazione opposti hanno come luogo di scontro proprio il terreno della Natura. Il punto di osservazione dell'ambientalismo o dell'ecologismo, da un parte, e i teorici della cultura (o meglio i decostruttivisti) dall'altra. I primi vorrebbero imporre il rispetto incondizionato di ogni forma di vita, restituendo ad essa dignità fino ad arrivare a posizioni quasi meccanicistiche in difesa della sacralità di ogni albero, di ogni creatura vivente. I secondi convinti della importanza del valore simbolico di ogni cosa pongono la distinzione "tra naturale e innaturale", come se facesse parte di un dibattito soltanto culturale. Accanto a quest'ultima posizione, quella di alcuni artisti che lavorano con l'intelligenza artificiale e che danno valore simbolico ai codici numerici al punto di ipotizzare il mondo virtuale quale un mondo soprannaturale o un universo parallelo. A complicare il dibattito, la sollecitazione continua al "consumo" di Natura da parte di una nascente industria dell'Ecologismo e del Tempo Libero che mescola ecologismi moralistici ed edonismi prêt à porter, in un unico calderone di confusioni.


© Daniel & Geo Fuchs

Ma perché è sempre più necessario oggi trovare non solo le parole, ma le immagini per poter parlare di Natura? La dimensione della Natura ci è necessaria per scoprire ciò che noi NON siamo. Guardare la Natura significa finalmente gettare lo sguardo oltre noi stessi, confrontarsi con qualcosa che ci sovrasta e alla quale il nostro destino è indissolubilmente legato. Inserendosi in questo dibattito gli artisti selezionati per la Biennale affrontano con il proprio diverso bagaglio culturale il tema in un percorso che si snoda lungo alcune tappe: la natura rappresentata, la rappresentazione della Bellezza, la natura come artificio, la natura offesa.

La natura rappresentata
La prospettiva centrale, che dà senso e misura ad ogni cosa, cardine della visione occidentale dal Rinascimento in poi, oggi appare solo una tra le tante possibili visioni. Il pittorialismo infatti, certamente il più conservatore tra i linguaggi fotografici, oggi non può che essere un tranello per meglio sovvertire le certezze anacronistiche dello spettatore ignaro. Le convenzioni del paesaggismo del XVIII secolo nelle mani di Simon Norfolk si applicano alla terribile bellezza dei territori devastati dalla guerra, ricoperti di schegge e di detriti; mentre Tom Hunter ritrae la nudità delle giovani squatters al bagno nelle acque residuali di Hackney con le splendenti tonalità rosee e con la suadente retorica della pittura preraffaellita. L'indagine sul rapporto tra arte e scienze naturali vede tra i protagonisti: l'artista danese Olafur Eliasson che basa suo lavoro sulla costruzione di un repertorio di paesaggi della biodiversità: grotte, conformazioni di ghiacci e di fiordi, la cui ripresa dall'alto, evitando il punto unico di osservazione, comunica un senso di instabilità e di movimento alla fisionomia del territorio. Nelle fotografie di Richard Misrach, invece, il cielo costituisce "la consapevolezza del paesaggio". Il clima e la luce donano al territorio il proprio temperamento: gioiosità, malinconia, freschezza, calma o furore. I suoi Desert Cantos, omaggio indiretto a Steiglitz e a James Turrell, sempre più astratti, sono puntualizzati dal nome del luogo, dalla data e dall'ora esatta. Le qualità effimere della luce, del colore dell'aria sono ancorate a una realtà fenomenologica, di istanti "solidificati" dal colore, testimonianza poetica di un presente continuo.


© John Smith


La rappresentazione della bellezza
Per la tradizione italiana la bellezza è legata a un'idea di perfezione. Un'idea di bellezza che è al tempo stesso sensuale, mimesi delle forme generose dei frutti della terra e che non ha alcun interesse per una natura che non sia a misura e su misura dell'uomo: la natura "selvaggia" al di fuori della civiltà, semplicemente non esiste. Oggi il lavoro di molti artisti italiani tradisce un'antica diffidenza verso la natura e reinterpreta le paure di un mondo naturale "fuori controllo". La fotografia di Francesco Jodice, ad esempio, apre domande eloquenti su che cos'è oggi la ruralità in Italia: luogo residuale di emigrazione, di una feroce emarginazione e, al tempo stesso, urbanizzazione, disneyficazione dello stesso concetto di campagna, in via di recupero da parte del neo-cittadino diventato agriturista. In opposta direzione va la ricerca spasmodica della "natura incontaminata": una passione irrefrenabile e paradossale come ha dimostrato il 50° anniversario della prima ascensione del Monte Everest preso di mira da una massa di alpinisti e di turisti che, accalcandosi in una delle zone più remote della terra, l'hanno intasata di traffico e rifiuti.


© Daniel & Geo Fuchs

Il viaggio di Darren Almond ai Poli è cominciato con un progetto ambientale per ripulire l'Antartide dai rifiuti lasciati dalle basi scientifiche dei diversi paesi che si contendono la zona. Ma le vedute innevate di Almond sono in realtà "notturne", le tenebre della notte si spacciano per chiarori e più sono oscure più appaiono pallide nel loro grigiore estraniante. E le immagini luminose di ghiacciai e cascate d'acqua di Sonja Braas, che ricordano i dipinti di Caspar David Friedrich, sono ricavate da modellini, volutamente ingannevoli. I tropi del romanticismo, la tempesta, la cascata torrenziale, i picchi innevati e le vedute dall'alto che rispetto alla classicità hanno il merito di aver introdotto nella rappresentazione il senso della transitorietà e della fugacità del tempo, sono decostruiti, rovesciati, ma mantengono intatto il loro fascino.

Natura come artificio
Viviamo per nostra scelta in un mondo costruito a nostra somiglianza, conosciamo della natura soltanto ciò che ci assomiglia. Nelle ricostruzioni di una natura ideale valgono come sempre le convenzioni iconografiche della nostra tradizione; così il fascino delle doppie esposizioni floreali di Peter Fischli & David Weiss richiama alla mente la tradizione pittorica della vanitas olandese, in cui la composizione floreale doveva rappresentare una summa ideale di tutti i fiori più pregiati che in natura sarebbe impossibile raffigurare insieme, data la fioritura in momenti diversi dell'anno. E le foreste di Thomas Struth non sono fatte per entrarvi, ma per rappresentare un'idea di Paradiso come luogo del desiderio, un paradiso soltanto individuale, riflessione paradossale sulla morte. Luogo dell'artificio per antonomasia è il crepuscolo, il momento in cui il giorno si tramuta in notte, l'ora in cui le cose familiari diventano misteriose e la natura si fa minacciosa. Twilight (crepuscolo) è anche il titolo della serie di immagini di Gregory Crewdson ricostruite come un set cinematografico nei sobborghi americani: un paesaggio surreale ed incantato dove nella gabbia dorata di una natura addomesticata, uomini, animali, piante e aiuole mostrano il loro lato più inquietante. In un mondo di paesaggi "non naturali" l'unica verità è quella artificiale. La giovane artista Sarah Ciracì, ispirandosi alle idee visionarie di Buckminster Fuller e ai paesaggi posthuman di James Ballard e Philip Dick, rielabora immagini satellitari attraversate da linee di "energia" e territori sovrastati dagli UFO, deserti ripuliti da ogni riferimento reale oppure luoghi familiari in cui irrompe una natura selvaggia e distruttiva, come se volesse vendicarsi degli affronti subiti.

La natura offesa


© Daniel & Geo Fuchs

La precarietà dell'equilibrio naturale e la sua relazione con il comportamento degli uomini sono ben presenti a molti autori. La serie Blast del giapponese Naoya Hatakeyama, che visualizza le drammatiche detonazioni provocate dalle mine nelle cave di calcare, materia prima del cemento, sottolinea la diretta correlazione tra lo scavo in negativo della terra e la città costruita. Il filmato e le immagini di Atomic Love, realizzati dall'artista ucraino Ilya Chichkan e del polacco Peter Wyrzykowski (Peter Style) a Chernobyl a distanza di anni dall'esplosione, rappresentano atti d'amore sotto il reattore con tute e maschere, sfidando ogni buon senso, una provocazione in favore della vita, mentre Sleeping Princes, è un omaggio ugualmente ostinato ed estremo ai feti mai nati delle donne di Kiev che hanno continuato a vivere nella zona della morte. La morte non è mai lontana dalle immagini di natura. Nelle fotografie apocalittiche di Clive Landen, dedicate alla campagna inglese devastata dall'epidemia di afta, esplodono le contraddizioni tra il rapporto mercenario che l'uomo intrattiene con il mondo animale e l'immagine ideale di una ruralità romantica e pittoresca. Ugualmente intenso è il lavoro in bianco e nero di Liedwien van de Ven Terra promessa/Palestina: una serie di immagini scattate sui monti tra Qumran, Betlemme ed Hebron. Il tema sul quale si confronta qui l'artista non è soltanto quello del territorio ma del senso profondo e incomunicabile dell'appartenenza.


© Simon Norfolk

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