Inviati

Ashes / Ceneri

Pier Paolo Mittica

 

Pierpaolo Mittica è un fotografo particolarmente attento alle tematiche sociali e ambientali, agli oppressi, alle persone che non hanno diritto di parola, ai temi ecologici.
 Fino all’11 gennaio la Galleria Harry Bertoia di Pordenone propone Ashes / Ceneri (un titolo che fa riferimento ai devastanti effetti sociali ed ecologici causati dallo sfruttamento degli uomini e dell’ambiente, ma che in positivo indica l’urgenza di una svolta epocale e di una rinascita, a partire dalla conoscenza di ciò che è stato provocato da scelte politiche ed economiche) una mostra che documenta dieci ordinarie emergenze. Balcani: dalla Bosnia al Kosovo, 1997-1999; Incredibile India, 2002-2005; Chernobyl l’eredità nascosta 2002-2007; Vite riciclate, 2007-2008; Kawah Ijen - Inferno, 2009; Piccoli schiavi, 2010; Fukushima No-Go Zone, 2011-2012; Karabash, Russia, 2013; Mayak 57, Russia 2013; Magnitogorsk, Russia 2013. Dieci indagini che rappresentano squarci di realtà, notissime o quasi sconosciute, dove la sofferenza, l’abbruttimento, la violenza sono regolare accettata quotidianità.
 


© Pier Paolo Mittica. Piccoli Schiavi. Bangladesh 2010.

Per lo scrittore cileno Luis Sepúlveda «le fotografie di Pierpaolo Mittica possono essere ben definite da alcuni versi del poeta bosniaco Izet Sarajlić: «Sono tra quelli che ritengono/ che del lunedì si deve parlare il lunedì/ il martedì potrebbe essere già troppo tardi». Ed è proprio pensando a quei versi che ho iniziato un viaggio attraverso le sue foto, un viaggio privo di ordine, molto personale, che comincia da un’immagine catturata in Bosnia Erzegovina nel 1997, e che dal bianco e nero urla il suo terribile discorso rivolto alla memoria dell’umanità. La foto mostra in primo piano i resti di una macchina per scrivere e sullo sfondo le rovine della città distrutta. Guardando quella foto, la mia prima reazione è stata di esclamare che si trattava indubbiamente della macchina per scrivere del poeta Izet Sarajlić, e ancora adesso mi rammarico di non potermi sedere insieme a lui nella Salerno che tanto amava per chiedergli se quella era la sua “arma inutile che sparava parole/ nella notte più buia di Sarajevo”.
 


© Pier Paolo Mittica. Balcani dalla Bosnia al Kosovo. Bosnia Herzegovina e Kosovo, 1997 - 1999.

Il viaggio prosegue verso l’aeroporto ancora fumante dopo i bombardamenti, sulla pista ci sono soltanto i resti di un aereo che non andrà da nessuna parte, non ci sarà una donna che si volterà sulla scaletta per l’ultimo saluto, e se lo farà il suo sguardo non sarà luminoso. Sarà come lo sguardo senza tempo di una bambola priva di occhi che Pierpaolo Mittica cattura nell’orfanotrofio di Pripyat, la città fantasma ucraina condannata fino alla fine dei giorni, fino alla fine della storia e degli uomini a essere l’orma funebre di Chernobyl. Mi fa sussultare la registrazione dell’oblio che Pierpaolo Mittica realizza quando si affaccia con la sua macchina fotografica dai resti di una finestra dell’Hotel Polessia e, tra le rovine, ci conduce a essere testimoni della solitudine di Elena, l’anziana abitante della Zona di Esclusione a Gomel, in Bielorussia, che guarda passare le sue oche immersa in una solitudine che non si misura con l’assenza di altre persone, ma con le macabre palpitazioni del contatore Geiger.
 


© Pier Paolo Mittica. Chernobyl l'eredità nascosta. Bielorussia - Ucraina, 2002 - 2007.

Quando Mittica cattura l’immagine della piccola Caterine, di nove anni, condannata da un cancro alla tiroide nel centro oncologico di Lesnoie Borovlyany, nei pressi di Minsk, ci costringe a prendere partito contro una visione irrazionale di quel feticcio chiamato progresso, e ci dice che è urgente avere un’opinione. Allo stesso modo, l’arte fotografica di Mittica denuncia il mito della «crescita macroeconomica» in paesi come l’India, perché si basa sulla decrescita delle possibilità di vita degli abitanti della bidonville di Dharavi, su quelle migliaia di adulti e bambini che vivono dei rifiuti, per i rifiuti, i quali devono essere riciclati, recuperati, riutilizzati perché così esige l’insaziabile voracità del consumo occidentale.
 


© Pier Paolo Mittica. Vite Riciclate. India 2007 - 2008.

Le immagini di Pierpaolo Mittica hanno la forza della contemporaneità, ci dicono che non dobbiamo attendere che la storia ufficiale passi al setaccio tutto ciò che invece dobbiamo fare urgentemente diventare parte della nostra memoria recente. Oggi, mentre scrivo queste righe, i piccoli schiavi del Bangladesh sono al lavoro. Oggi, in questo momento, migliaia di esseri umani di tutte le età, molti dei quali ciechi e malati di cancro, si stanno infilando nel cratere del vulcano Ijen, in Indonesia, per estrarne lo zolfo. In un viaggio dai resti di una macchina per scrivere assassinata in Bosnia fino a Fukushima, Pierpaolo Mittica ci conduce attraverso la nostra stessa memoria e la rende più forte, più ostinata e più ribelle. Le sue immagini sono il marchio d’identità della nostra epoca e, allo stesso tempo», conclude Luis Sepúlveda, «un invito a far diventare parte della nostra memoria personale quell’altra memoria che ci mostrano: la dolente memoria contemporanea dell’umanità.
 


© Pier Paolo Mittica. Accompagnamento dei residenti nelle loro case, Tomioka, Fukushima

Per la storica statunitense della fotografia Naomi Rosenblum, «le immagini di questa selezione di lavori di Pierpaolo Mittica raccontano alcuni aspetti della vita nella società industrializzata e gli effetti che essa produce sulle persone e sui luoghi. Gli scatti sono stati realizzati nelle miniere in cui le materie prime vengono estratte, con estrema fatica, dal sottosuolo, e presso gli impianti in cui viene generata l’energia necessaria alle industrie contemporanee. Mostrano cioè come queste strutture abbiano distrutto l’ambiente circostante per l’incuria di chi le ha gestite, e mostrano gli effetti con cui tale negligenza si ripercuote sulle persone, in maniera diretta e indiretta, riducendo in cenere sia la loro terra che le loro stesse speranze. E mostrano anche il disagio quotidiano cui sono condannati, nel modo e nel luogo di vita, molti di coloro che sono coinvolti in tali processi.
 


© Pier Paolo Mittica. Kawah Ijen - Inferno. Indonesia 2009.

Tale tipo di fotografia è abbastanza comune nel mondo di oggi, tanto più perché il fotogiornalismo spesso trova spazio nei reportage di quotidiani e riviste, ma le immagini di Mittica superano la dimensione meramente descrittiva: rivelano infatti la profonda inquietudine dell’artista per i luoghi e le vite che egli ha ripreso con la propria fotocamera. […] Le sue immagini rivelano l’inquinamento di terra ed acqua dovuto a uno sviluppo senza limitazioni. Il suo lavoro in Bangladesh e in India mette a fuoco quello che Lewis Hine chiamò il “costo in termini umani” di una crescita non regolata e fuori controllo. Le sue immagini di Chernobyl e Fukushima riflettono non solo il trauma di coloro che hanno perso tutto e le cui vite sono state distrutte dalla catastrofe nucleare, ma ritraggono anche una natura che è stata completamente stravolta e violentata. Queste immagini, con i testi che le accompagnano», evidenzia Naomi Rosenblum, «ci sollecitano a riconsiderare come stiamo gestendo la nostra stessa permanenza su questa terra».
 


© Pier Paolo Mittica. Incredible India! 2002 - 2004.

Chi sono

Fotoreporter, ho studiato fotografia con Charles-Henri Favrod, Naomi Rosenblum e Walter Rosenblum. Le mie foto sono state esposte in Europa e negli Stati Uniti e pubblicate da quotidiani e riviste italiani e stranieri, tra cui l’Espresso, Alias del Manifesto, Vogue Italia, Repubblica, Panorama, il Sole 24 ore, Photomagazine, Daylight Magazine, Japan Days International, Asahi Shinbum, The Telegraph, The Guardian, Asian Geo.

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