Strade

Urbs Picta

Mimmo Frassineti

Un progetto fotografico sulla Street Art a Roma, diventato mostra (al Museo Carlo Bilotti della capitale, fino al 17 gennaio) e libro (pubblicato da De Luca Editori d’Arte): Urbs Picta - la Street Art a Roma, di Mimmo Frassineti. Scrive l’autore: «Figure colossali si allargano sulle pareti dei palazzi, colori luminosi investono muri di cinta, stazioni della metropolitana, piloni di viadotti, interi quartieri: opere spesso enormi - centinaia di metri quadrati - create nell’arco di poche giornate, che trasformano superfici anonime in arte accessibile dalla strada, capace di raggiungere le persone superando la barriera per la quale metà degli italiani non frequenta mostre né musei, come riportano le statistiche.
 


STREET ART A ROMA - COME CAMBIA LA CITTÁ, Mimmo Frassineti
De Luca Editori d’Arte
 

A Roma la Street Art vive una fase d’intensa creatività accompagnata da consenso e interesse crescenti. È un’arte pubblica, promossa da gallerie e associazioni culturali e supportata dall’Amministrazione comunale. Operano poi negli spazi cittadini artisti e associazioni che si appropriano dei muri senza chiedere il permesso né dialogare con le istituzioni. Arte pubblica anch’essa, ma illegale per ideologia e storia. Uno scenario complesso in una città ormai diventata uno dei poli internazionali di questa forma espressiva. Solo qualche anno fa a essere menzionato era quasi esclusivamente l’Ostiense - tuttora cuore dell’arte urbana.  Ma oggi molti altri quartieri ne seguono l’esempio: Marconi, Prenestino, Tiburtino, S. Lorenzo, Garbatella, Trastevere, Nomentano, Vigne Nuove, Monte Mario, Manzoni, Quarticciolo, Tor Sapienza, Casilino, Quadraro, S. Giovanni, S. Basilio, Talenti, Torpignattara, Borghesiana, Casalbertone, Pigneto, Testaccio, Vigna Clara, Trionfale, Tuscolano, e altri si aggiungeranno.



San Basilio © Mimmo Frassineti
 

La Street Art è arte di tutti, è gratis, appartiene a chi percorre quella strada o attraversa quel sottopassaggio. È arte pubblica anche quando non sono le istituzioni a promuoverla, ma il singolo artista che ha speso i suoi soldi per colori, pennelli e bombolette e magari nemmeno firma il suo murale. Un po’ come per l’arte antica e medievale, anche per la Street Art non è sempre facile stabilire i nomi degli autori. Il percorso fotografico permette di scoprire luoghi non sempre accessibili. Inoltre documenta lavori, anche recenti, che non esistono più. L’artista che esegue un’opera in strada non sa quanto a lungo potrà durare. Accade che sullo stesso muro si succedano più interventi, ciascuno dei quali cancella il precedente. Ristrutturazioni, demolizioni, intemperie sono altri fattori di rischio. Si affaccia ormai la convinzione che l’arte urbana debba essere tutelata conservata, ma permane un elemento d’incertezza, di gioco con l’effimero, connaturato a questa forma espressiva».



Prenestino, Sopraelevata © Mimmo Frassineti
 

Di seguito, il testo preparato per l’occasione da Carla Scagliosi - dal titolo: “PAINT OVER THE CRACKS, Flânerie post moderna in chiave metropolitana: arte di strada, riflessioni di strada - che si apre con una citazione da Scritti sull’Arte, A che serve la critica? di Charles Baudelaire: “Credo in coscienza che la migliore critica sia quella che riesce dilettosa poetica; non una critica fredda algebrica, che, col pretesto di tutto spiegare, non sente né odio né amore, e si spoglia deliberatamente di ogni traccia di temperamento […]. Perché sia giusta, cioè perché abbia la sua ragion d’essere, la critica deve essere parziale, appassionata, politica, vale a dire condotta da un punto di vista esclusivo, ma tale da aprire il più ampio degli orizzonti”.



Quadraro Pisoni © Mimmo Frassineti
 

«Scomodo Baudelaire», inizia Scagliosi, «per anticipare che, con questo scritto, non avrò la pretesa di intessere un saggio storico-critico sulla Street Art a Roma. Le mie, più che altro, sono riflessioni in libertà, mentre passeggio e mi lascio trasportare da ciò che percepisco intorno. Del resto, le fotografie di Mimmo Frassineti nascono dalla volontà di registrare efissare non solo l’intervento grafico o pittorico sulle pareti della città, ma anche e soprattutto il rapporto che queste immagini intrattengono con chi le percepisce, le fruisce, le vive. La fotografia è, in primis, un medium artistico di altissimo livello, per cui l’operazione di Frassineti, vale a dire di raccontare la Street Art a Roma attraverso un’altra forma d’arte, si inserisce perfettamente nella visione di Baudelaire, ereditata dalla concezione romantica del concetto di critica, per cui, come diceva Schlegel, “un giudizio estetico che non sia esso stesso un’opera d’arte non ha alcun diritto di cittadinanza nel regno dell’arte”.



Ostiense, Magazzini © Mimmo Frassineti
 

Arte di strada, riflessioni di strada, in una nuova, metropolitana, postmoderna flânerie a cui Baudelaire, probabilmente, avrebbe partecipato volentieri. Che avrebbe gradito. Si tratta nuovamente della percezione estetica del panorama artificiale (altro termine gradito al poeta) e del rapporto con la città, con la bellezza insolita dei fiori del male che spuntano proprio dove meno ci si aspetta di trovarli. Fiori selvatici, piante infestanti che si abbarbicano tra l’asfalto e il cemento, tra i rifiuti e il degrado urbano. Fiori metropolitani che assumono le sembianze di grandi murales o diwritings, pronti a far sentire prepotentemente la loro voce di protesta, di denuncia, di ironica controparte alla realtà circostante, al sistema, all’ingiustizia sociale, alla bruttezza.
 


Ostiense Silvio d'Amico © Mimmo Frassineti
 

Talmente radicati nella cultura contemporanea da aver ormai in parte oltrepassato il confine dell’illecito, dell’illegale, del “contro”, per diventare una forma di riqualificazione urbana avallata e spesso addirittura patrocinata dalle stesse istituzioni, per provare a riscattare un quartiere, una zona periferica, partendo dal senso di appartenenza e identità, che è il fondamento di ogni esperienza/azione di cultura. Ecco perché il messaggio a lettere cubitali del Porto Fluviale, ad opera di Kid Acne, si presta bene alla riflessione sulla presenza della Street Art sui muri della città e sulla sua ricezione da parte degli osservatori: Paint Over the Cracks è l’invito a oltrepassare la soglia dell’apparenza e del visibile, a scorgere nelle crepe non solo un segno di crisi, di decadenza, ma anche di possibilità, di cambiamento, di rinnovamento. “Alle brutte”, reagendo e adottando il suggerimento della traduzione in gergo (mettice ‘na pezza), nella migliore delle ipotesi, attraverso l’arte e la bellezza, che forse non salverà il mondo, come invece sosteneva Dostoevskij, ma senz’altro può migliorarne la percezione e creare un terreno di condivisione e appartenenza.
 


Metro Spagna © Mimmo Frassineti
 

Ostiense. Le suggestioni cominciano mentre, camminando, la sferetta di miscelazione della bomboletta spray che ho in mano tintinna e scandisce il ritmo dei pensieri. Una sensazione di libertà e possibilità di espressione, una sorta di archetipico oggetto simbolico, un mezzo catartico e liberatorio: questo è ciò che si condensa su quella bomboletta. Me l’ha regalata per ricordo Otom, street artist francese colto in flagranza di espressione creativa nel sottopasso ferroviario di via delle Conce. Al di sopra i treni sfrecciano; al di sotto, nel buio del passaggio stretto, una sagoma si staglia scura sullo sfondo illuminato della parete policroma dell’ex caserma occupata, dipinta da Blu. È un tizio con una biciclettina (utilizzata come trespolo), che si allunga per tracciare segni neri sul muro; mi avvicino, gli chiedo se posso fotografarlo e lui annuisce senza interrompere il lavoro, continuando ad annerire la chioma di un bellimbusto rockabilly che suggerisce di uccidere il proprio banchiere. Intorno, un nugolo di curiosi, turisti, ma anche veri e propri “cacciatori di Street Art” (i cui vari gruppi pullulano sui social networks), armati di fotocamere, pronti a fiutare l’odore di vernice e mettersi sulle tracce degli artisti e delle loro ultime imprese.
 


Vigne Nuove © Mimmo Frassineti
 

Prima, l’incanto e l’alienazione delle figure che Herbert Baglione ha realizzato per l’Outdoor Urban Art Festival 2011. Figure filiformi e geneticamente modificate, un po’ umane un po’ cyborg, dalle teste troppo piene e ipertroficamente decorate, o troppo vuote e addirittura mozzate, isolate in un grigio d’ardesia che si impone come colore della realtà post-atomica, della desolazione metropolitana, dell’isolamento postmoderno. Così belle da sembrare un fregio di Klimt, così moderne da sembrare uscite da una decorazione Art Nouveau. Perché è questo ciò che colpisce: che l’arte, quando è arte, racchiude in sé tutto ciò che l’ha preceduta. È il prodotto della cultura in cui nasce ma, proprio in quanto tale, deve e non può fare a meno di stabilire un legame con il passato, con la storia. L’arte non si auto-crea dal nulla ma si nutre del passato e configura il presente, gettando un ponte di nietzschiana memoria verso il futuro.



Ponte Casilino © Mimmo Frassineti
 

Una storia millenaria, quella della capitale, ricca di arte e testimonianze. Non a caso, il Jumping Wolf di Roa, a Testaccio, patrocinato dal Municipio I, dinamicamente costretto nella parete laterale di un edificio color ruggine che a malapena lo contiene, è un chiaro omaggio a un’altra lupa, quella che si perde nei contorni indefiniti della leggenda. Di fronte, il Monte dei Cocci, quindi: la storia della città. Dallo Spinario ai ritratti antonelliani, alla ritrattistica à la Andy Warhol, ai giochi prospettici o addirittura all’anamorfosi, con scalinate trasformate e pavimenti sfondati, in un tripudio quasi barocco dell’illusione, di superfici che non lo sono più, che perdono di staticità e concretezza per diventare liquide, fluttuanti, cangianti o scomposte, rifratte.



Tormarancia © Mimmo Frassineti
 

Barocco è anche il dinamismo, un dinamismo non più derivato, come per il Seicento, dalle nuove scoperte scientifiche, geografiche, astronomiche, fisiche, ma dal leitmotiv della nostra vita cyber-tutto: la frenesia, la velocità, l’accelerazione. Un nuovo futurismo che coglie la bellezza di un treno in corsa che con le sue linee continue, dettate in fotografia dall’immortalare il movimento, dai fari delle auto e dei mezzi di trasporto, si staglia sulle cromie accese e aggressive della Street Art. Non a caso, come nella migliore tradizione, quella che dagli impressionisti fino ai futuristi ha visto nelle stazioni e neitreni il simbolo della modernità, gli interventi più frequenti di Street Art si hanno negli scali ferroviari e nelle stazioni della metropolitana.



Ostiense Conce © Mimmo Frassineti
 

Come alcune opere del passato, anche la Street Art è arte effimera, destinata a scomparire, esattamente come gli affreschi medievali occultati dalle nuove decorazioni delle chiese e delle basiliche rimodernate in chiave barocca. Come le sovrapposizioni, i rifacimenti architettonici e le trasformazioni nel passaggio dai templi e dagli edifici romani alla cultura cristiana. Arte temporanea, arte di strada, come gli apparati effimeri berniniani, destinati a una breve esistenza ma finalizzati a creare stupore e meraviglia. La fantasmagoria ricopre con l’artificio la bruttezza o lo squallore. Ancora Baudelaire, ma anche Benjamin e la fruizione collettiva dell’opera d’arte. Fruizione destinata al grande pubblico, non perché arte riproducibile (sebbene in alcuni casi ciò sia possibile - basti pensare agli interventi in carta come La Pietà secondo Pier Paolo Pasolini di Pignon) ma perché inserita nel tessuto della città, nel paesaggio urbano, per le sue grandi dimensioni, per il suo modo di essere esperita, fruita, destinata alla comunità, non relegata in gallerie o musei, offrendosi come arte a cielo aperto.



Monte Mario © Mimmo Frassineti
 

La terra desolata e desertica della periferia si configura come scenario alternativo alla città e al suo centro pullulante di opere d’arte. È nato un nuovo “turismo” che porta la gente a ripensare il classico itinerario di viaggio nella capitale. Tanto che il Comune si è fatto patrocinatore non solo degli stessi interventi, ma anche della loro “valorizzazione”, in un’ottica che configura la Street Art come arte e come attrattiva culturale. Sono nate mappe ad hoc e applicazioni per smartphone, censimenti e ricognizioni delle opere di Street Art, anche in relazione alle tecniche esecutive e ai materiali utilizzati. Una vera e propria catalogazione attraverso la schedatura, che sappiamo essere la base per ogni attività di conoscenza, conservazione e valorizzazione…e con questi termini siamo rientrati a tutti gli effetti e con tutti i crismi nel mondo dell’arte, nella definizione di bene culturale…».



Tormarancia © Mimmo Frassineti
 

 

Chi è

Mimmo Frassineti, fotografo e giornalista free-lance, pubblica su numerosi quotidiani e periodici italiani e stranieri. Nel 1976 ha fondato con altri colleghi l’agenzia fotogiornalistica A.G.F. Ha realizzato reportages da Iraq, Siria, Israele, Libano, Yemen, Turchia, Tunisia, Etiopia, Russia, Romania, Polonia, Bangladesh, Sri-Lanka, Cina, Stati Uniti, e da quasi tutte le nazioni dell’Europa occidentale. A Roma ha dedicato una parte significativa del suo lavoro. Autore di mostre e di libri fotografici, ha pubblicato “Cronache del basso Nilo”, un romanzo ambientato in Egitto durante la campagna napoleonica e “La collina delle sabbie che corrono” una raccolta di leggende afghane.

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